Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1843 del 28/01/2020

Cassazione civile sez. VI, 28/01/2020, (ud. 03/12/2019, dep. 28/01/2020), n.1843

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE XXX

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11807-2018 proposto da:

AZIENDA SANITARIA LOCALE ROMA 3, in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CASAL BERNOCCHI

73, presso la sede dell’Istituto medesimo, rappresentata e difesa

dall’avvocato FABIO FERRARA;

– ricorrente –

contro

MARILAB SRL, in persona del Presidente pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA MUZIO CLEMENTI 58, presso lo studio

dell’avvocato FILIPPO CALCIOLI, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7258/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 17/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 03/12/2019 dal Consigliere Dott. MARULLI MARCO.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. L’Azienda Sanitaria Locale Roma 3 impugna l’epigrafata sentenza con la quale la Corte d’Appello di Roma, confermando la decisione di prima istanza, ne ha respinto l’opposizione avverso il decreto ingiuntivo mercè il quale l’odierna intimata aveva inteso conseguire il pagamento delle prestazioni sanitarie erogate in regime di accreditamento dalla medesima nell’anno 2007 e ne chiede la cassazione sulla base di due motivi di ricorso ai quali resiste l’intimata con controricorso e memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

2. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente, a fronte dell’affermazione compiuta dal giudice di appello che, constatandone la mancata produzione avanti a sè, si era astenuto dal valutare i documenti suffraganti l’opposizione, si duole della violazione degli artt. 347,165 e 166 c.p.c. poichè i predetti documenti avrebbero dovuto essere acquisiti d’ufficio dalla cancelleria del giudice del gravame all’atto di richiedere la trasmissione alla cancelleria del giudice gravato del fascicolo d’ufficio.

3. Il motivo non ha pregio.

E’ principio a cui questa Corte ha reiteratamente inteso richiamarsi che, essendo onere dell’appellante di dimostrare la fondatezza dei propri motivi di gravame, quale che sia stata la posizione processuale di attore o convenuto assunta nel giudizio di primo grado, questi è tenuto a procedere al deposito del proprio fascicolo processuale (Cass., Sez. U, 8/02/2013, n. 3033), non potendo giovarsi nè del dettato dell’art. 347 c.p.c., comma 3, giacchè la richiesta di trasmissione del fascicolo d’ufficio del giudizio di primo grado non concerne anche i fascicoli di parte (Cass., Sez. IV, 12/04/2006, n. 8528) – che se non ritirati restano giacenti, come accaduto qui, presso la cancelleria del primo giudice – nè più in generale del principio di acquisizione della prova, tanto che se – come annota lo stesso precedente indicato dalla deducente (Cass., Sez. III, 10-10-2017, n. 23658) – l’appellante si dolga dell’erronea valutazione da parte del primo giudice di documenti prodotti dalla controparte e da questi non depositati in appello, ha l’onere di estrarne copia ai sensi dell’art. 76 disp. att. c.p.c. e di produrli in sede di gravame.

4. Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente censura il ragionamento decisorio svolto dalla Corte d’Appello in quanto questa “non ha compreso le modalità che vengono seguite per la corresponsione alle strutture accreditate della quota fissa, somma di denaro che contribuisce a comporre l’intero budget”.

5. Il motivo è inammissibile.

Ancorchè la doglianza alleghi una pretesa violazione di legge, la ricorrente intende, suo tramite, sollecitare una mera rivalutazione degli aspetti cognitori della vicenda, sicchè essa postula un sindacato meritale che non è compito di questa Corte operare, tanto più che per effetto del doppio rigetto pronunciato in quella sede la specie non si sottrarrebbe pure alla preclusione dell’art. 348-ter c.p.c., comma 5.

6. In conclusione il ricorso va respinto.

7. Le spese seguono la soccombenza.

Ove dovuto il raddoppio del contributo ricorrono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater.

P.Q.M.

Respinge il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 3700,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge.

Ove dovuto il raddoppio del contributo ricorrono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI-I sezione civile, il 3 dicembre 2019.

Depositato in cancelleria il 28 gennaio 2020

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