Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18421 del 20/09/2016


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Cassazione civile sez. lav., 20/09/2016, (ud. 28/06/2016, dep. 20/09/2016), n.18421

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27047-2011 proposto da:

LA CAROVANA S.R.L., P.I. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

GLORIOSO 18, presso lo studio dell’avvocato MARCO DI PORTO, che la

rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

D.A., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA SAN TOMMASO D’AQUINO 104, presso lo studio dell’avvocato DANIELA

DE BERARDINIS, lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3950/2011 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 13/06/2011 R.G.N. 5842/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

28/06/2016 dal Consigliere Dott. ADRIANO PIERGIOVANNI PATTI;

udito l’Avvocato DI PORTO MARCO;

udito l’Avvocato DE BERARDINIS DANIELA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CERONI Francesca, che ha concluso per l’inammissibilità, in

subordine rigetto del ricorso.

Fatto

Con sentenza 13 giugno 2011, la Corte d’appello di Roma condannava la s.r.l. La Carovana al pagamento, in favore del dipendente D.A. per differenze retributive secondo i titoli indicati nei conteggi allegati, della somma richiesta di Euro 25.278,24, oltre rivalutazione, interessi e spese dei due gradi: così riformando la sentenza di primo grado, che aveva rigettato le domande del lavoratore di accertamento dell’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato e di condanna della società datrice alle relative conseguenze retributive.

In esito a critico e argomentato scrutinio delle risultanze istruttorie, la Corte territoriale riteneva infatti dimostrata, a differenza del Tribunale, l’esistenza di un tale rapporto dal (OMISSIS), data di dimissioni di D.A., con mansioni di cameriere di sala inquadrabili al 4^ livello del CCNL turismo e pubblici servizi, nella modulazione di orario e di presenza specificamente allegate e provate.

Essa gli riconosceva pertanto le voci e le differenze retributive indicate nei conteggi non contestati, in corretta applicazione del suddetto CCNL, parimenti incontestata.

Con atto notificato il 4 novembre 2011, La Carovana s.r.l. ricorre per cassazione con due motivi, cui resiste D.A. con controricorso; entrambe le parti hanno comunicato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, la ricorrente deduce vizio di motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per l’inattendibilità della teste V.M., determinante ai fini di accoglimento della domanda del lavoratore, in quanto ritenuta aver lavorato presso lo stesso ristorante dal (OMISSIS), in contrasto con il rigetto della sua domanda di accertamento per lo stesso periodo di lavoro alle dipendenze della medesima ricorrente, con sentenza del Tribunale di Roma n. 1427/08 in giudicato.

Con il secondo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 246 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per l’improprio richiamo della Corte territoriale, in riferimento alla deposizione della teste suindicata, alla nozione di incapacità a testimoniare, avendone invece il primo giudice operato una valutazione ineccepibile, ancorchè non condivisa dal secondo, in ordine alla sua inattendibilità sulla base della pendenza di giudizio promosso dalla teste, nei confronti della medesima ricorrente, di accertamento di analogo rapporto di lavoro subordinato, in cui indicato come teste D.A.: con valutazione del Tribunale non aprioristica, ma per “comparazione di molteplici aspetti, di natura soggettiva e oggettiva, anche in relazione alle altre testimonianze”.

Il primo motivo (vizio di motivazione, per non ravvisata inattendibilità della teste V.M.) può essere congiuntamente esaminato, per ragioni di stretta connessione, con il secondo (violazione e falsa applicazione dell’art. 246 c.p.c., per improprio riferimento della negativa valutazione dal Tribunale della deposizione della teste alla nozione di incapacità a testimoniare, anzichè di inattendibilità).

Premessa l’inammissibilità, a norma dell’art. 372 c.p.c., della produzione documentale (avente ad oggetto sentenza penale del Tribunale di Roma 22 novembre 2011 di condanna di D.A. per il reato p. e p. dall’art. 372 c.p. e sentenza civile dello stesso Tribunale, sez. lavoro tra Vo.Ma. e La Carovana s.r.l.), allegata dalla società ricorrente soltanto con la memoria comunicata ai sensi dell’art. 378 c.p.c., in quanto non riguardante nè la nullità della sentenza impugnata, nè l’ammissibilità del ricorso o del controricorso (Cass. 31 marzo 2011, n. 7515), i due mezzi sono inammissibili.

Essi sono finalizzati a sollecitare una rivisitazione del merito della vicenda, muovendosi entrambi sul piano della contestazione della valutazione probatoria della Corte territoriale, cui spettante in via esclusiva l’accertamento del fatto e segnatamente il giudizio sulla capacità a testimoniare ai sensi dell’art. 246 c.p.c., sull’attendibilità dei testi e sulla rilevanza delle deposizioni, siccome involgente apprezzamenti di fatto (Cass. 15 marzo 2004, n. 5232), insindacabile in sede di legittimità qualora sorretti da adeguata motivazione (Cass. 16 dicembre 2011, n. 27197; Cass. 18 marzo 2011, n. 6288; Cass. 19 marzo 2009, n. 6694): come appunto nel caso di specie, per l’esauriente motivazione della Corte capitolina, logicamente congrua e giuridicamente corretta (per le ragioni esposte a pgg. da 3 a 5 della sentenza).

Quanto, in particolare, al primo, esso è pure palesemente generico e pertanto viola la prescrizione di specifica confutazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, che esige l’illustrazione del motivo, con esposizione degli argomenti invocati a sostegno della decisione assunta con la sentenza impugnata e l’analitica precisazione delle considerazioni che, in relazione al motivo come espressamente indicato nella rubrica, giustificano la cassazione della sentenza (Cass. 22 settembre 2014, n. 19959; Cass. 19 agosto 2009, n. 18421; Cass. 3 luglio 2008, n. 18202). Ed esso viola anche il principio di autosufficienza, in difetto di specifica indicazione della sede di produzione della sentenza del Tribunale di Roma invocata al fine di screditare l’attendibilità della teste Vo.Ma. (come anticipato, inammissibilmente prodotta per la prima volta in allegato alla memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.), nè tanto meno di sua trascrizione (Cass. 9 aprile 2013, n. 8569; Cass. 16 marzo 2012, n. 4220; Cass. 23 marzo 2010, n. 6937).

Quanto al secondo, non si configura la denunciata violazione dell’art. 246 c.p.c., per insussistenza dei requisiti propri di verifica di correttezza dell’attività ermeneutica diretta a ricostruire la portata precettiva della norma, nè di sussunzione del fatto accertato dal giudice di merito nell’ipotesi normativa, nè tanto meno di specificazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata motivatamente assunte in contrasto con la norma regolatrice della fattispecie e con l’interpretazione fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina (Cass. 26 giugno 2013, n. 16038; Cass. 28 febbraio 2012, n. 3010; Cass. 28 novembre 2007, n. 24756; Cass. 31 maggio 2006, n. 12984).

La Corte territoriale ha anzi fatto esatta applicazione di tale norma, chiarendo puntualmente la distinzione, non ben compresa dalla società ricorrente, tra incapacità a testimoniare e valutazione di inattendibilità del(la) teste, nella loro operatività su piani diversi: atteso che l’una, ai sensi dell’art. 246 c.p.c., dipende dalla presenza in un interesse giuridico (non di mero fatto) che potrebbe legittimare la partecipazione del teste al giudizio, mentre la seconda afferisce alla veridicità della deposizione che il giudice deve discrezionalmente valutare alla stregua di elementi di natura oggettiva (la precisione e completezza delle dichiarazione, le possibili contraddizioni) e di carattere soggettivo (la credibilità della dichiarazione in relazione alle qualità personali, ai rapporti con le parti ed anche all’eventuale interesse ad un determinato esito della lite: Cass. 21 agosto 2004, n. 16529). E procedendo quindi al critico ed argomentato scrutinio della veridicità della deposizione alla stregua di elementi di natura oggettiva e di carattere soggettivo (che sempre devono essere rigorosamente valutati in funzione di esame dell’intrinseca credibilità del teste, anche quando versi in condizione di incapacità a norma dell’art. 246 c.p.c. ma essa non sia tempestivamente eccepita, senza che ciò ne comporti ex se l’inattendibilità: Cass. 25 gennaio 2012, n. 1022; Cass. 4 agosto 1990, n. 7869), anche in comparazione con gli altri elementi di prova orale (in particolare: testi T. e Z.) e documentale (contratto di assunzione, indicato al primo capoverso di pg. 5 della sentenza), attentamente valutati, con argomentazioni complete e corrette.

Dalle superiori argomentazioni discende coerente l’inammissibilità del ricorso e la regolazione delle spese del giudizio secondo il regime di soccombenza.

PQM

LA CORTE

dichiara inammissibile il ricorso e condanna La Carovana s.r.l. alla rifusione, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 100,00 per esborsi e Euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese generali in misura del 15% e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 28 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 20 settembre 2016

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