Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18420 del 09/07/2019

Cassazione civile sez. VI, 09/07/2019, (ud. 14/03/2019, dep. 09/07/2019), n.18420

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3760-2018 proposto da:

LOMBARDA RECUPERI AMBIENTALI SRL, in persona dell’Amministratore

Unico elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CAPOSILE 10, presso lo

studio dell’avvocato RICCARDO PARBONI, rappresentata e difesa

dall’avvocato CARLO ORLANDI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEI, MARE

(OMISSIS), MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS), in persona dei Ministri

pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI

12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrenti –

contro

PENSA COSTRUZIONI ASFALTI SRL;

– intimata –

avverso la sentenza n. 2816/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 21/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 14/03/2019 dal Consigliere Relatore Dott. GRAZIOSI

CHIARA.

Fatto

RILEVATO

che:

Avendo Pensa Costruzioni e Asfalti S.r.l. convenuto davanti al Tribunale di Milano i due suddetti Ministeri per ottenerne la condanna al pagamento di lavori per messa in sicurezza del Monte Moregallo effettuati in forza di un’ordinanza emessa ai sensi del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 54 dal Sindaco del Comune di Mandello del Lago ed essendo intervenuta Lombardia Recuperi Ambientali S.r.l. quale proprietaria delle aree ove furono eseguiti i lavori, la quale contestava l’esistenza del credito e adduceva la responsabilità dell’attrice per mancanza di materiale stoccato – sostenendo pure di avere promosso un’azione risarcitoria dei danni e chiedendo pertanto sospensione del giudizio -, ed essendo poi stata depositata una transazione sopravvenuta tra l’attrice e il Ministero dell’Interno così che il thema decidendum si riduceva alle domande della intervenuta, il Tribunale, con sentenza 12763/2015, dichiarava cessata la materia del contendere come appena evidenziato, dichiarava litispendenza parziale tra la domanda proposta dalla intervenuta di condanna dell’attrice a consegnarle una quantità di materiale stoccato e, in caso di mancata consegna, di risarcimento dei danni e le stesse domande che Lombardia Recuperi Ambientali aveva proposto davanti al Tribunale di Lecco, preventivamente adito, disponendo quindi la cancellazione dal ruolo di tali domande; rigettava infine le ulteriori domande di Pensa Costruzioni e Asfalti, compensando le spese.

Lombardia Recuperi Ambientali proponeva appello, cui resistevano i Ministeri; con sentenza del 21 giugno 2017 la Corte d’appello di Milano lo rigettava.

Lombardia Recuperi Ambientali ha presentato un ricorso articolato in quattro motivi, illustrati poi anche con memoria. Si sono difesi con controricorso il Ministero dell’Interno e il Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare. Non si è difesa Pensa Costruzioni e Asfalti.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.1 Il primo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, mancata applicazione dell’art. 115 c.p.c. per erronea asserzione della corte territoriale che “la società appellante non aveva allegato alcun elemento probatorio a sostegno della sua domanda”. L’attuale ricorrente avrebbe invece fornito prova documentale della quantità di materiale di sua proprietà asportato da Pensa Costruzioni e Asfalti (vengono citati i documenti 9 e 12 del fascicolo di primo grado), e il Ministero dell’Interno e il Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare non avrebbero contestato la mancanza di tale materiale nè il suo valore economico.

1.2 Il secondo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omessa considerazione di un fatto discusso e decisivo: l’omessa considerazione riguarderebbe le circostanze di cui ai documenti 9 e 12 citati.

1.3 Il terzo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullità totale o parziale della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, per motivazione apparente e oggettivamente incomprensibile.

1.4 Il quarto motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 61,115 e 166 c.p.c.: la corte territoriale non avrebbe accolto il motivo d’appello relativo all’omessa pronuncia del primo giudice sulla richiesta di consulenza tecnica d’ufficio, ritenuta esplorativa, non tenendo però conto di quanto avrebbe provato l’attuale ricorrente.

2. Tutto il ricorso, mediante i suddetti motivi, si trova ad essere inammissibilmente – orientato ad una valutazione fattuale alternativa a quella operata dal giudice di merito.

Peraltro, il primo motivo, oltre a non individuare il passo motivazionale che vorrebbe sottoporre a critica, è altresì privo di autosufficienza in ordine al contenuto deì documenti citati ed alla pretesa assenza di contestazione da parte dei Ministeri della mancanza del materiale; e il secondo motivo riproduce nel suo effettivo contenuto il motivo precedente, rimanendo sempre in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6.

Quanto poi al terzo motivo, a parte che il passo motivazionale ivi censurato è effettivamente conciso ma non apparente visto il contesto motivazionale complessivo in cui si inserisce – il che renderebbe il motivo infondato -, anch’esso incorre nella inammissibilità, in quanto si basa sul contenuto della sentenza di primo grado, rispetto alla quale non si fornisce l’indicazione specifica di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6; e parimenti gli ulteriori riferimenti alle risultanze del giudizio di merito non sono formulati rispettando il canone di tale norma.

Inammissibile per evidente natura fattuale è, come già si affermava a proposito di tutte le doglianze, il quarto motivo. Anche qui, infine, sussiste pure la violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 quanto alla evocazione delle richieste formulate dalla ricorrente per evidenziare la necessità della consulenza tecnica d’ufficio.

In conclusione il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna della ricorrente alla rifusione delle spese del grado – liquidate come da dispositivo – alle controricorrenti; sussistono altresì D.P.R. n. 115 del 2012, ex art. 13, comma 1 quater, i presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso, condannando la ricorrente a rifondere alle controricorrenti le spese processuali, liquidate in complessivi Euro 8000, oltre alle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 14 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 luglio 2019

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