Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1842 del 29/01/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 1842 Anno 2014
Presidente: ADAMO MARIO
Relatore: VALITUTTI ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 26549-2007 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI

12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro

COZZOLINO STORE DI COZZOLINO LUIGI & C. SRL in
persona del proprio Amministratore e legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA P.LE CLODIO

22,

presso lo studio

dell’avvocato SICA PIER FRANCESCO, rappresentato e

Data pubblicazione: 29/01/2014

- difeso dall’avvocato FABBROCINI CONSIGLIA giusta
delega a margine;
– controricorrente-

avverso la sentenza n. 114/2006 della COMM.TRIB.REG.
di NAPOLI, depositata il 12/07/2006;

udienza del 12/11/2013 dal Consigliere Dott. ANTONIO
VALITUTTI;
udito per il ricorrente l’Avvocato MARCHINI che ha
chiesto l’accoglimento;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. VINCENZO GAMBARDELLA che ha concluso
per l’accoglimento del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

RITENUTO IN FATTO.
1. A seguito di processo verbale di constatazione redatto
dallo stesso Ufficio finanziario il 19.9.03, veniva notificato, in data 22.10.03, alla società Cozzolino Store di
Cozzolino Luigi & C. s.r.l. un avviso di accertamento emesso ai fini IRPEF, IRPEG ed IRAP per l’anno 2002 – con
il quale l’Amministrazione recuperava a tassazione il
aree disagiate,

ai

sensi dell’art.

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l.

388/00.

L’Amministrazione accertava, invero, un minor credito da
usufruire, per C 4.711,00, e contestava alla contribuente, l’indebita fruizione di un credito di imposta, per C
28.396,00, in quanto utilizzato nel periodo di sospensione dell’agevolazione fiscale, sancito dal d.l. n. 253/02,
come modificato dall’art. 62 1. 289/02.
2. L’atto impositivo veniva impugnato dalla Cozzolino
Store s.r.l. dinanzi alla CTP di Napoli, che accoglieva
il ricorso. L’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate
alla CTR della Campania veniva, altresì, rigettato con
sentenza n. 114/35/06, depositata il 12.7.06.
2.1. Con tale pronuncia il giudice di seconde cure riteneva fondata l’eccezione di difetto di motivazione
dell’atto impugnato, sollevata dalla contribuente, nonché
illegittima la sospensione del beneficio fiscale in questione, operata con il d.l. 253/02 e successive modifiche, poiché essa veniva ad incidere retroattivamente – in
contrasto con l’art. 3 1. 212/00 – su diritti ormai acquisiti dal contribuente, per effetto della 1. n. 388/00.
3. Per la cassazione della sentenza n. 114/35/06 ha proposto ricorso l’Agenzia delle Entrate, affiato a due motivi, ai quali la contribuente ha replicato con controricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Deve rilevarsi, in via pregiudiziale,

l’infondatezza

dei motivi di inammissibilità del ricorso proposto
dall’Agenzia delle Entrate, dedotti nel controricorso
dalla società Cozzolino Store di Cozzolino Luigi & C.
s.r.l.

credito di imposta utilizzato per gli investimenti nelle

1.1. La ricorrente deduce, anzitutto, che l’atto introduttivo del giudizio di legittimità sarebbe stato notificato il 17.10.07, laddove l’impugnata sentenza risulta
depositata il 12.7.07. Per il che il ricorso sarebbe stato notificato, nella specie, oltre il termine di un anno
e 46 giorni, risultante dal combinato disposto degli
artt. 327 c.p.c. (nel testo previgente, temporalmente ap1. n. 742/69, non dovendosi tenere conto del periodo dal
primo agosto al quindici settembre di ogni anno, per effetto della sospensione dei termini processuali nel periodo feriale prevista dalla legge (cfr., tra le tante,
Cass. 15530/04; 6748/05; S.U. 21197/09).
L’eccezione è infondata.
1.1.1. Deve, invero rilevarsi, in proposito, che – a seguito della sentenza n. 477 del 2002 della Corte costituzionale, secondo cui la notifica di un atto processuale
si intende perfezionata, per il notificante, al momento
della consegna del medesimo all’ufficiale giudiziario la tempestività della proposizione del ricorso per cassazione esige che la consegna della copia del ricorso per
la spedizione a mezzo posta venga effettuata nel termine
perentorio di legge e che l’eventuale tardività della notifica possa essere addebitata esclusivamente a errori o
all’inerzia dell’ufficiale giudiziario o dei suoi ausiliari, e non a responsabilità del notificante (cfr., ex
plurimis,

Cass. 6547/08; Cass.S.U. 7607/10; Cass.

2320/11).
1.1.2. Ebbene, nel caso di specie, come si desume dalla
stampigliatura apposta sulla relata di notifica del ricorso, recante anche il relativo numero di cronologico, e
che non ha costituito oggetto di contestazione alcuna da
parte della resistente, l’atto da notificare è stato consegnato all’ufficiale giudiziario in data 12.10.07. Sicchè la notifica del ricorso, contrariamente all’assunto
della Cozzolino Store di Cozzolino Luigi & C. s.r.l. deve ritenersi tempestiva, per le ragioni suesposte.

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plicabile alla fattispecie), 155, co. 1 c.p.c. e l, co. l

1.2. Sotto un diverso profilo, la resistente eccepisce,
altresì, l’inammissibilità del ricorso per violazione
dell’art. 366 bis c.p.c., essendo stati i quesiti di diritto relativi ai motivi di ricorso – a suo dire – formulati dalla controparte in modo del tutto generico e senza
riferimento alcuno alla fattispecie concreta.
L’eccezione è infondata.
bis c.p.c., il quesito inerente ad una censura in diritto
– dovendo assolvere alla funzione di integrare il punto
di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e
l’enunciazione del principio giuridico generale – non può
essere meramente generico e teorico, ma deve essere calato nella fattispecie concreta, al fine di mettere la Corte in grado di poter comprendere, dalla sua sola lettura,
l’errore asseritamene compiuto dal giudice di merito e la
regola applicabile. Ne consegue che è inammissibile il
quesito che consista in una semplice richiesta di accoglimento del motivo, ovvero nel mero interpello della
Corte in ordine all’esistenza della violazione di legge
denunziata nel motivo medesimo (cfr., tra le tante, Cass.
7197/09; 3530/12; S.U. 21672/13).
1.2.2. Tali affermazioni di principio non si attagliano,
peraltro, al caso concreto, nel quale i quesiti di diritto formulati dall’Agenzia delle Entrate, sebbene sintetici, non si traducono in una mera petizione di principio,
del tutto avulsa dal contesto processuale nel quale è destinata ad operare, contenendo, invece, detti quesiti riferimenti specifici alla materia del contendere ed alle
contestate statuizioni della sentenza impugnata, e – pertanto – essi non possono essere ritenuti affatto generici, come dedotto da parte resistente. Per il che la proposta eccezione, a giudizio della Corte, non può che essere disattesa.
1.3. La resistente eccepisce, inoltre, l’inammissibilità
del ricorso dell’Amministrazione finanziaria, per violazione del disposto degli artt. 342 e 366 c.p.c., per non
avere – a suo dire – la ricorrente addotto alcun elemento

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1.2.1. Va osservato, infatti, che, ai sensi dell’art. 366

idoneo ad inficiare le statuizioni delle decisioni di
primo e di secondo grado, in relazione all’affermata illegittimità dell’avviso di recupero del credito di imposta per violazione del disposto di cui all’art. 7 1.
212/00, nella parte in cui prevede la necessità di motivazione degli atti dell’Amministrazione finanziaria.
L’eccezione è infondata.
che nel presente giudizio di legittimità – che l’atto in
contestazione non poteva considerarsi privo di motivazione, giacchè esso era motivato per relationem al processo
verbale di constatazione, regolarmente notificato alla
contribuente e perciò da essa pienamente conosciuto. Sicché i motivi dell’atto di recupero di imposta non potevano, a parere dell’Amministrazione, ritenersi non esposti
nell’atto, contrariamente all’assunto dei giudici di primo e di secondo grado.
1.3.2. Se ne deve inferire che, ben al contrario di quanto eccepito dalla resistente, la ricorrente Amministrazione abbia dedotto sia un motivo di appello che di ricorso per cassazione, specifici e del tutto aderenti alla
ratio decidendi delle sentenze impugnate, ai sensi degli
artt. 342 e 366 c.p.c. Per cui l’eccezione in parola, al
pari delle precedenti, non può che essere rigettata.
2. Premesso tutto quanto precede, va rilevato che, con il
primo motivo di ricorso, l’Agenzia delle Entrate denuncia
la violazione e falsa applicazione degli artt. 7 1.
212/00 e 42 del d.P.R. n. 600/73, in relazione all’art.
360 n. 3 c.p.c.
2.1. Avrebbe, invero, errato la CTR – a parere della ricorrente – nel ritenere immotivato l’atto impositivo,
sebbene esso facesse puntuale riferimento ai rilievi mossi dall’Ufficio nel processo verbale di constatazione,
noto alla società contribuente, poiché ad essa regolarmente notificato.
2.2. Il motivo è fondato.
2.2.1. Ed invero – come questa Corte ha più volte affermato – nel regime introdotto dalla 1. n. 212/00, art. 7,

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1.3.1. L’Ufficio ha, infatti, dedotto – sia in appello,

l’obbligo di motivazione degli atti tributari può essere
adempiuto anche “per relationem”, e cioè mediante il riferimento ad elementi di fatto risultanti da altri atti o
documenti, a condizione che questi ultimi siano allegati
all’atto notificato, o questo ne riproduca il contenuto
essenziale, ovvero siano già conosciuti dal contribuente
per effetto di precedente notificazione (cfr., tra le
2.2.2. Orbene, nel caso di specie, è incontroverso tra le
parti – e risulta dalla stessa sentenza impugnata – che
il processo verbale di constatazione, sul quale si fonda
l’atto di recupero in discussione, era stato regolarmente
notificato alla società contribuente. Per cui, essendo
stati i rilievi oggetto dell’atto impositivo portati a
conoscenza della medesima prima della notifica dell’atto
impositivo, la motivazione di detto atto, operata per relationem ai rilievi del processo verbale a monte, deve
ritenersi pienamente legittima.
3. Con il secondo motivo di ricorso, l’Agenzia delle Entrate denuncia la violazione e falsa applicazione degli
artt. l del d.l. n. 253/02 e 62 della l. n. 289/02, in
relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.
3.1. Si duole, invero, l’Amministrazione del fatto che
la CTR abbia erroneamente ritenuto illegittimo il recupero del credito di imposta utilizzato dalla contribuente
in compensazione con propri debiti fiscali, in applicazione della sospensione dei crediti di imposta per gli
investimenti nelle aree svantaggiate (ex art. 8 della 1.
n. 388/00), disposta dall’art. l del d.l. 253/02.
3.2. Il giudice di appello avrebbe, invero, erroneamente
ritenuto – a parere della ricorrente – che la normativa
successiva (art. 62 l. 289/02), che abrogando la disposizione di cui all’art. l d.l. 253/02, aveva fatto salvi
gli atti ed i provvedimenti adottati nella sua vigenza,
avesse – in tal modo – finito con l’applicare retroattivamente la sospensione del predetti crediti di imposta,
consentendo all’Amministrazione, in violazione del disposto dell’art. 3 l. 212/00, di recuperare i crediti di im-

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tante, Cass. 6914/11; 13110/12; 9032/13).

posta utilizzati dal contribuente in compensazione, nel
periodo in cui era operante la sospensione della relativa
fruizione. E ciò – nella prospettiva seguita
dall’impugnata sentenza – nonostante che la stessa norma
dell’art. 62 1. 289/02 avesse contestualmente disposto
l’abrogazione della disposizione che prevedeva detta sospensione (art. l d.l. 253/02).
dell’Agenzia delle Entrate, sarebbero – per contro – del
tutto infondate, essendosi l’art. 62 1. 289/02, limitato
a fare salvi gli effetti prodottisi e gli atti posti in
essere nella vigenza del d.l. 253/02, non convertito in
legge, ai sensi dell’art. 77 Cost., senza, pertanto, attribuire alcuna efficacia retroattiva alla disposizione,
sfavorevole al contribuente, di cui all’art. 1 d.l.
253/02.
3.4. La censura è fondata.
3.4.1. Va osservato, infatti, che l’art. 62, co. 7, della
1. n. 289/02, che ha disposto l’abrogazione degli articoli l e 2 del d.l. n. 253/02, prima della scadenza dei
termini per la conversione in legge, facendo salvi gli
effetti prodottisi e i rapporti giuridici già sorti (art.
77 Cost.), ha soltanto impedito la protrazione dell’efficacia provvisoria delle predette disposizioni fino al
termine naturale della mancata conversione in legge. Tale
norma non ha, pertanto, operato alcuna applicazione retroattiva di disposizioni tributarie, vietata dall’art. 3
della 1. n. 212/00. Ne discende che, in base alla clausola di salvezza degli effetti prodottisi nel vigore del
decreto-legge non convertito, legittimamente l’Amministrazione finanziaria provvede al recupero del credito di
imposta utilizzato dal contribuente in compensazione, nonostante la sospensione della fruizione disposta con il
citato d.l. n. 253/02 (Cass. 24251/11).
3.4.2. D’altro canto, va – altresì – considerato, in proposito, che le norme della 1. n. 212/00 (c.d. Statuto del
contribuente), emanate in attuazione degli artt. 3, 23,
53 e 97 Cost. e qualificate espressamente come principi

6

3.3. Siffatte deduzioni del giudice di appello, ad avviso

4

-7

generali dell’ordinamento tributario, sono, in alcuni casi, idonee a prescrivere specifici obblighi a carico
dell’Amministrazione finanziaria e costituiscono, in
quanto espressione di principi già immanenti nell’ordinamento, criteri guida per il giudice nell’interpretazione
delle norme tributarie (anche anteriori).
E tuttavia, tali norme non hanno rango superiore alla
da norme parametro di costituzionalità, né consentire la
disapplicazione della norma tributaria in asserito contrasto con le stesse (cfr., per una vicenda analoga alla
presente, Cass. 8145/11).
3.4.3. Ne discende che, nel caso concreto, è palesemente
erronea l’impugnata sentenza, laddove ha sostanzialmente
disapplicato il d.l. n. 253/02 – con il quale, come dianzi detto, erano stati sospesi i crediti di imposta per
gli investimenti in aree svantaggiate, previsti dall’art.
8 della 1. n. 388/00 – ritenendo la salvezza degli effetti e degli atti emanati nella sua vigenza, disposta
dall’art. 62 1. 289/02, in contrasto con l’art. 3, co. 2,
della 1. n. 212/00.
3.5. Per tutte le ragioni esposte, pertanto, il ricorso
dell’Agenzia delle Entrate deve essere accolto.
4.

L’accoglimento del ricorso comporta la cassazione

dell’impugnata sentenza. Non essendo necessari ulteriori
accertamenti di fatto, la Corte, nell’esercizio del potere di decisione nel merito di cui all’art. 384, co.
c.p.c., rigetta il ricorso introduttivo proposto dalla
contribuente.
5. Le spese del presente giudizio di legittimità vanno
poste a carico della resistente soccombente, nella misura
di cui in dispositivo. Concorrono giusti motivi per dichiarare interamente compensate fra le parti le spese dei
giudizi di merito.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione;
accoglie il ricorso; cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della

legge ordinaria, e – di conseguenza – non possono fungere

Al
-8

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NATERIA TRIBUTARIA

contribuente; condanna la resistente alle spese del presente giudizio che liquida in 4.500,00, oltre alle spese prenotate a debito; dichiara compensate tra le parti
le spese dei gradi di merito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Se-

zi ne Tributaria, il 12.11.2013.

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