Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18418 del 30/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 30/06/2021, (ud. 23/03/2021, dep. 30/06/2021), n.18418

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta M.C. – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

Dott. VENEGONI Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25291-2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE E DEL TERRITORIO, in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

N.G., elettivamente domiciliato in ROMA, P.LE ROBERTO

ARDIGO’, 30, presso lo studio dell’avvocato BARBARA TANGARI,

rappresentato e difeso dall’avvocato CARMELO DI PAOLA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 384/2013 della COMM. TRIB. REG. SICILIA

SEZ.DIST. di CATANIA, depositata il 29/07/2013;

udita la relazione dèlla causa svolta nella camera di consiglio del

23/03/2021 dal Consigliere Dott. ANDREA VENEGONI.

 

Fatto

RITENUTO

che:

L’Agenzia delle Entrate ricorre contro la sentenza della CTR della Sicilia con cui veniva respinto l’appello dell’ufficio contro la sentenza della CTP di Catania che aveva statuito in merito all’impugnazione dell’avviso di accertamento a carico di N.G., con cui veniva sottoposta a tassazione una ritenuta plusvalenza da cessione di terreno edificabile.

Il contribuente infatti si era avvalso della procedura di cui alla L. 448 del 2001, art. 7, pagando la relativa imposta sostitutiva a seguito di perizia.

La CTP accoglieva in parte il ricorso, riducendo il maggiore importo della plusvalenza e la CTR rigettava l’appello dell’ufficio.

Per la cassazione di quest’ultima sentenza ricorre l’Agenzia sulla base di due motivi.

Si costituisce il contribuente con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con il primo motivo l’ufficio deduce violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 67, e del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 43, in rapporto all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

La CTR ha preso a riferimento per valutare la plusvalenza il momento del contratto preliminare anzichè quello del ricevimento del prezzo della cessione.

Con il secondo motivo deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 112,115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

La CTR ha affermato che la valutazione dell’ufficio era eccessiva senza motivare.

Il contribuente eccepisce l’inammissibilità del ricorso.

In effetti deve essere accolta l’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di specificità ed autosufficienza.

Il ricorso non è esaustivo, per quanto si comprenda che tratti del problema se, ai fini della determinazione della plusvalenza, si debba fare riferimento al contratto preliminare o al definitivo (anche se, in questo caso, l’obbligazione era stata adempiuta con imposta sostitutiva).

Il fatto è che questo problema non è esplicitamente e specificamente oggetto della sentenza impugnata. Nella sentenza impugnata si dà atto che la CTP ha ridotto la plusvalenza, e la sentenza conferma la decisione di primo grado affermando che, poichè il giudizio tributario è di “impugnazione-merito”, il giudice può rideterminare l’importo dell’imposta di cui all’avviso di accertamento.

Quindi, sotto questo profilo, il primo motivo di ricorso già non appare del tutto centrato sulla sentenza. Certo, non si può escludere che la CTR abbia così deciso sul presupposto che la CTP avesse preso come riferimento il preliminare anzichè il definitivo (a questo, infatti, si fa riferimento a pag 2 del ricorso), ma il motivo doveva, allora, illustrare meglio e più chiaramente la vicenda ed il contenuto delle decisioni dei gradi precedenti che hanno portato alla proposizione della doglianza nei termini in cui essa è stata prospettata a questa Corte.

Più centrato è il secondo motivo, che infatti denuncia omessa pronuncia proprio su questo aspetto; esso, però, doveva puntualizzare meglio in che termini e in quale parte dell’atto di appello era stato dedotto il problema per cui il momento di riferimento per calcolare la plusvalenza doveva essere il momento del contratto definitivo e non il preliminare. Il ricorso afferma che in appello l’ufficio aveva contestato questo aspetto, ma non dice in quali termini esatti e non riproduce il passo dell’impugnazione.

Per di più, in controricorso il contribuente replica smentendo che la CTP (e quindi la CTR) abbia preso quale momento per determinare il sorgere della plusvalenza il contratto preliminare.

La CTP avrebbe preso a base la perizia come valore iniziale e il prezzo stabilito nel preliminare quale valore finale (perchè vincolante per le parti), ma prendendo poi quale momento di riferimento per la plusvalenza la data del definitivo.

Questo conferma, a maggior ragione, che il ricorso doveva illustrare meglio la questione.

In altri termini, non è contestato che il momento di determinazione della plusvalenza è quello in cui si stipula il contratto definitivo e si riceve il corrispettivo (e non il preliminare, per il principio di cassa, sez. V, n. 17960 del 2013), ma, nel caso di specie, dalla sentenza non emerge in maniera chiara che la CTP abbia espresso il concetto che si denuncia come errato, ed il ricorso non dimostra in maniera chiara che la CTP, e di conseguenza la CTR, si siano espresse in questi termini.

Infatti, il contribuente eccepisce che la CTP ha accolto in parte il ricorso semplicemente per una questione di prova del prezzo, ed, in effetti, la sentenza della CTR è tutta incentrata sulla congruità del prezzo.

Il ricorso si conferma, quindi, carente nell’approfondimento del tema e nella precisione nella prospettazione della questione.

Per di più, e questa è una considerazione che si può definire assorbente rispetto a tutto, è condivisibile l’ulteriore osservazione del contribuente secondo la quale non vi è alcuna prova in atti che tra la data del preliminare e quella del definitivo vi fosse una differenza di valore dell’immobile.

Se così fosse stato, era certamente onere della ricorrente specificare questo punto, altrimenti si controverte dell’affermazione di un principio, ma non ne è chiara la rilevanza nel caso concreto.

Il ricorso deve, quindi, essere dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza. Sono, pertanto, a carico della ricorrente e, considerato il valore della causa, si liquidano in Euro 6.000, oltre Euro 200 per esborsi, il 15% di spese forfettarie ed accessori di legge.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali del presente giudizio, liquidate in Euro 6.000, oltre Euro 200 per esborsi, il 15% di spese forfettarie ed accessori.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 23 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2021

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA