Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18418 del 08/09/2011
Cassazione civile sez. II, 08/09/2011, (ud. 14/07/2011, dep. 08/09/2011), n.18418
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIOLA Roberto Michele – rel. Presidente –
Dott. MATERA Lina – Consigliere –
Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –
Dott. CARRATO Stefano – Consigliere –
Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 25961/2006 proposto da:
M.M. (OMISSIS), L.M.C.
(OMISSIS), L.P. (OMISSIS), L.
V.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in
ROMA, VIA CARLO MIRABELLO 18, presso lo studio dell’avvocate JAUS
RICHIELLO MARIA LUISA, rappresentati e difesi dall’avvocato PANDOLFO
Giuseppe;
– ricorrenti –
contro
L.P.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA GIUSEPPE ANTONIO GUATTANI 8, presso lo studio
dell’avvocato LENTO VINCENZO, rappresentato e difeso dall’avvocato
SPINELLI Gianfranco;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 549/2005 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,
depositata il 17/06/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
14/07/2011 dal Consigliere Dott. ROBERTO MICHELE TRIOLA;
udito l’Avvocato Umberto RICHIELLO, con delega depositata in udienza
dell’Avvocato PANDOLFO Giuseppe, difensore dei ricorrenti che ha
chiesto accoglimento del ricorso;
udito l’Avvocato SPINELLI Gianfranco, difensore del resistente che si
riporta alle difese depositate;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
SCARDACCIONE Eduardo Vittorio, che ha concluso per il rigetto del
ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 22 settembre 1994 M. M., L.V.F., L.M.C. e L.P. convenivano L.P.A. davanti al Tribunale di Lamezia ed espellevano:
– che con contratto in data 8 settembre 1976 il loro dante causa L.G. aveva venduto a L.P.A. la seguente unità immobiliare: “Vano deposito posto al piano terra in angolo tra (OMISSIS), della superficie di metri quadrati netti centoventisette (127) confinante con via (OMISSIS), rimanente proprietà del venditore, ingresso condominiale”, con la precisazione che “tale vano deposito venduto è catastalmente porzione dell’unità distinta in catasto urbano al foglio 24 con la particella 609/21, riportata sotto la partita 6828 in testa al venditore ed è precisamente descritto nella planimetria di frazionamento alleganda alla domanda di voltura”;
– che in tale rogito era stato specificato che sarebbe stata effettuata, a spese comuni, la costruzione della parete divisoria tra la porzione venduta e la restante proprietà del venditore;
– che il posizionamento del muro era stato previsto nella planimetria allegata all’atto;
– che il convenuto aveva realizzato il muro in modo da non rispettare le previsioni dell’atto di vendita.
L.P.A., costituitosi, deduceva la legittimità del suo operato.
Con sentenza in data 3 luglio 2002 il Tribunale di Lamezia Terme accoglieva la domanda.
L.P.A. proponeva appello che veniva accolto dalla Corte di appello di Catanzaro con sentenza in data 17 giugno 2005.
I giudici di secondo grado ritenevano che nella specie non poteva trovare applicazione l’orientamento giurisprudenziale secondo il quale nella indagine diretta a delimitare il confine tra due fondi separati da un appezzamento originariamente unico rivestono importanza decisiva i tipi di frazionamento allegati ai singoli atti di acquisti, in quanto le parti non avevano allegato al contratto il tipo di frazionamento ed avevano rinviato alla planimetria (da allegare alla successiva domanda di voltura) unicamente per consentire l’individuazione catastale dell’immobile ceduto, per cui avevano dimostrato di non voler attribuire alla stessa valore preponderante, con la conseguenza che assumeva valore decisivo la volontà espressa nel contratto, nel senso che oggetto della vendita era una porzione avente una ben determinata estensione (127 mq.) del più ampio magazzino.
Il muro realizzato da L.P.A. garantiva allo stesso la superficie in questione.
Contro tale decisione M.M., L.V. F., L.M.C. e L.P. hanno proposto ricorso per cassazione, con tre motivi, illustrati da memoria.
Resiste con controricorso L.P.A..
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con i primi due motivi, che possono essere esaminati congiuntamente, i ricorrenti deducono che i giudici di merito non avrebbero considerato che il posizionamento del muro era stato esattamente individuato nella planimetria allegata all’atto di vendita, per cui era arbitrario fare riferimento ad un diverso posizionamento sulla base della superficie venduta a L.P.A..
I motivi sono infondati, in quanto la Corte di appello, con valutazione di merito insindacabile in questa sede, ha ritenuto che, in considerazione della non corrispondenza della planimetria alla reale situazione dei luoghi, si doveva dare la prevalenza alla volontà espressa nel corpo del contratto.
Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano violazione dei canoni interpretativi di cui agli artt. 1365 e 1371 c.c., ed oltre a ribadire la doglianza relativa all’errore che avrebbe commesso la Corte di appello nel dare la prevalenza alle previsioni contenute nel contratto rispetto a quelle più specifiche di cui alla planimetria allegata allo stesso, deducono in particolare che nella specie si sarebbe dovuto fare riferimento ai canoni interpretativi di cui all’art. 1366 c.c. (interpretazione di buona fede) e art. 1367 c.c. (conservazione del contratto).
Il motivo è infondato.
A prescindere dalla considerazione che i canoni interpretativi invocati dai ricorrenti hanno natura sussidiaria, mentre nella specie i giudici di merito hanno ritenuto che già sulla base della formulazione del contratto risultava chiara la volontà delle parti, non viene indicato in che modo sarebbe stato violato il canone interpretativo di cui all’art. 1366 c.c., e quale rilevanza poteva avere nella specie il principio di conservazione del contratto, di cui all’art. 1367 c.c..
Il ricorso, pertanto, va rigetato, con condanna dei ricorrenti al pagamento, in solido, delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano come da dispositivo.
PQM
la Corte rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento dello spese del giudizio di cassazione, che liquida nella complessiva somma di Euro 2.200,00, ai cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 14 luglio 2011.
Depositato in Cancelleria il 8 settembre 2011