Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18418 del 06/08/2010
Cassazione civile sez. I, 06/08/2010, (ud. 18/05/2010, dep. 06/08/2010), n.18418
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PANEBIANCO Ugo Riccardo – Presidente –
Dott. FIORETTI Francesco Maria – Consigliere –
Dott. SALME’ Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –
Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
FALLIMENTO CAVA ESTRA SABBIA M.A.M. DI MASSETTO ALBERTO (c.f.
(OMISSIS)), in persona del Curatore Rag. M.R.,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SABOTINO 45, presso l’avvocato
MARZANO ARTURO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato
MAZZA ALESSANDRO, giusta procura al margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
CONSORZIO AGRARIO DI MILANO E LODI SOC.COOP. A R.L. (c.f.
(OMISSIS)), gia’ CONSORZIO AGRARIO INTERPROV.LE DI MILANO E LODI
SOC.COOP. A R.L. in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 38, presso
l’avvocato MONZINI MARIO, che lo rappresenta e difende unitamente
all’avvocato D’AMATO GIAMBERTO, giusta procura in calce al
controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2145/2004 della CORTE D’APPELLO di TORINO,
depositata il 22/12/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
18/05/2010 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE SALME’;
udito, per il ricorrente, l’Avvocato CARLO MARZANO, con delega, che
ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
RUSSO Libertino Alberto che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione del 16 febbraio 2001 il fallimento della Cava Estra Sabbia M.A.M. di Alberto Massetto ha convenuto in giudizio davanti al tribunale di Ivrea il consorzio agrario interprovinciale di Milano e Lodi chiedendone la condanna alla restituzione, ai sensi della L. Fall., art. 67, della somma di L. 48.000.000 pari al prezzo di una pala meccanica ceduta, a titolo di datio in solutum, nei due anni precedenti alla dichiarazione di fallimento, in parziale corrispettivo di un impianto di’ frantumazione venduto dal consorzio.
Il tribunale ha accolto la domanda, ma la corte d’appello di Torino, in totale riforma della pronuncia di primo grado, l’ha rigettata affermando che, alla luce del complessivo rapporto esistente tra le parti, doveva escludersi la natura anomala della cessione della pala meccanica, in quanto, contestualmente alla vendita dell’impianto di frantumazione del valore di L. 198.000.000, erano stati pattuiti la vendita della pala meccanica, a titolo di pagamento dell’acconto, e il rilascio di cambiali per il restante importo. Tali modalita’ di pagamento rientravano in una prassi commerciale normale, se non diffusa. Infine, esclusa la sussistenza della datio in solutum, doveva anche escludersi la sussistenza dei presupposti della revocatoria L. Fall., ex art. 67, comma 2, non avendo il fallimento fornito la prova della conoscenza dello stato d’insolvenza da parte del consorzio.
Avverso la sentenza della corte d’appello di Torino il fallimento ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, illustrati con memoria, al quale resiste con controricorso il consorzio agrario interprovinciale.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, deducendo la violazione e falsa applicazione degli artt. 2704 e 2722 c.c. della L. Fall., art. 67 e vizio di motivazione, il ricorrente censura la sentenza impugnata per avere ritenuto la contestualita’ tra l’atto di vendita con riserva di proprieta’ dell’impianto di frantumazione, avente data certa ma privo di ogni riferimento alla cessione della pala meccanica, e la proposta di acquisto della pala meccanica, priva di data certa e come tale inopponibile al fallimento.
Con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. per avere la corte territoriale ritenuto conforme alla normale prassi commerciale la cessione della pala meccanica in acconto del prezzo pattuito per l’impianto di frantumazione senza che fosse stata fornita prova di tale prassi e non potendo la stessa costituire un fatto notorio.
Con il terzo motivo il fallimento deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c. contestando di aver mai proposto una domanda di revocatoria ai sensi della L. Fall., art. 67, comma 2.
2. La corte d’appello ha ritenuto la contestualita’ tra la vendita dell’impianto di frantumazione e l’acquisto della pala meccanica e la normalita’ della prassi commerciale seguita dalle parti sulla base di un giudizio di fatto che appare immune da vizi giuridici o logici. In particolare non coglie nel segno il rilievo relativo all’inopponibilita’ al fallimento della proposta di acquisto della pala meccanica perche’ priva di data certa, essendo pacifico che la disposizione dell’art. 2704, cod. civ., opera quando dalla scrittura si vogliano, in relazione alla sua data, conseguire gli effetti negoziali propri della convenzione contenuta nell’atto, non gia’ nel caso in cui la conclusione del contratto e la scrittura privata che lo certifica rilevino come semplici fatti storici.
Il terzo motivo e’ inammissibile perche’, al di la’ della formale indicazione delle norme violate, e’ diretto a censurare l’affermazione della mancanza di prova della conoscenza dello stato d’insolvenza da parte del Consorzio agrario e quindi la censura, in quanto diretta contro un giudizio di fatto congruamente motivato, e’ infondata.
Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
LA CORTE dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese con Euro 1.100,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi), oltre alle spese generali e agli accessori come per legge.
Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 18 maggio 2010.
Depositato in Cancelleria il 6 agosto 2010