Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18417 del 26/07/2017
Cassazione civile, sez. trib., 26/07/2017, (ud. 31/01/2017, dep.26/07/2017), n. 18417
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BIELLI Stefano – Presidente –
Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –
Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –
Dott. CARBONE Enrico – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 253’238/2013 R.G. proposto da:
Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,
domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso 12, l’Avvocatura
Generale dello Stato, che la rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente –
contro
MABRO s.r.l. (già Servimax s.r.l.), rappresentata e difesa dagli
avv. Natale Mangano e M. Sonia Vulcano, con domicilio eletto in
Roma, via Crescencio 91, presso lo studio dell’avv. Claudio
Lucisano;
– controricorrente –
Avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della
Lombardia, depositata il 20 settembre 2009;
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 31 gennaio 2017
dal Consigliere Tedesco Giuseppe;
uditi gli avv. Giammarco Rocchitta e Claudio Lucisano;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Sorrentino Federico, che ha concluso chiedendo
l’accoglimento del ricorso principale e il rigetto del ricorso
incidentale.
Fatto
FATTI DI CAUSA
La Commissione tributaria regionale della Lombardia (Ctr) ha confermato la sentenza di quella provinciale, interamente favorevole per la contribuente, in relazione a un avviso di accertamento con il quale l’Amministrazione finanziaria aveva recuperato una maggiore imposizione ai fini Irpeg, Irap e Iva per l’anno di imposta 2002.
Le ragioni del recupero fiscale riflettevano la partecipazione della società contribuente al Consorzio Manital. In particolare, secondo la ricostruzione dell’Amministrazione finanziaria, il Consorzio, il quale aveva operato come mandatario senza rappresentanza delle consorziate, non aveva fatturato alla consorziata Servimax s.r.l. (poi incorporata dalla Mambro s.r.l.) i proventi delle commesse acquisite nel corso dell’anno 2002, nè i costi i non documentati sostenuti nel medesimo anno di imposta.
La sentenza d’appello non ha condiviso la tesi sottesa alla pretesa dell’Amministrazione finanziaria e, richiamando un proprio precedente intervenuto fra le stesse parti, pose l’accento sul fatto che, non avendo la Consorziata svolto lavori nel corso dell’anno di riferimento, la pretesa impositiva era priva di fondamento.
Contro la sentenza l’Amministrazione Finanziaria propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, cui la contribuente ha reagito con controricorso.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso deduce, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, la nullità della sentenza, in quanto motivata per relationem a una diversa sentenza emessa fra le stesse parti, senza che di questa ne fossero stati riportati i contenuti o i passaggi essenziali.
Il motivo è infondato. La Commissione tributaria regionale richiama il precedente e ne riporta il passaggio essenziale, recependolo e facendolo proprio. Di là dalla sinteticità dell’esposizione, la motivazione consente di cogliere in modo chiaro la ratio della decisione, ravvisata nella inesistenza del presupposto impositivo, in quanto “la contribuente, nell’anno in questione, non si è vista affidare dall’ente consortile alcun lavoro, mancando la materia imponibile e non creandosi alcuna obbligazione tributaria”.
Il secondo motivo deduce in relazione, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, omessa e/o apparente motivazione perchè la Ctr non avrebbe chiarito le ragioni per cui l’omesso affidamento di commesse determinerebbe ex se l’insussistenza di materia imponibile e l’illegittimità del recupero operato dall’Ufficio.
Il motivo è inammissibile. Nel caso di specie è applicabile, in relazione alla data di pubblicazione della sentenza, la norma del D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 1, convertito in L. n. 134 del 2012, che ha modificato l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, prevedendo, quale motivo di ricorso per cassazione, l'”omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti”.
E’ del pari inammissibile il terzo motivo, il quale deduce la medesima censura in relazione al nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ma è chiaro che la modifica della rubrica del motivo non modifica la sostanza della censura, che non deduce un “omesso esame” di un fatto ma un vizio di motivazione.
C’è ancora da aggiungere che il rimprovero che la ricorrente muove alla Ctr non riguarda la ricostruzione del fatto, e cioè l’avere erroneamente rilevato l’inesistenza di commesse nell’anno in contestazione, ma di non avere chiarito il perchè da ciò ne discendeva l’illegittimità dell’accertamento.
Ma è facile a questo punto replicare che censura investe non la motivazione del giudizio di fatto, ma del giudizio di diritto, laddove, secondo il costante pacifico insegnamento di questa Corte, i relativi vizi o costituiscono errori in iudicando censurabili ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, oppure, se attengono propriamente e soltanto alla motivazione, non danno luogo a cassazione della sentenza, ma a correzione della motivazione in diritto ex art. 384 c.p.c., u.c., (Cass. n. n. 19618/2003; n. 6328/2008; n. 7050/1997).
Si può aggiungere che, in punto di diritto, che la tesi fatta propria dalla Ctr è in linea con l’orientamento della Suprema corte recentemente inaugurato dalle Sezioni unite (Cass. S.U., nn. 12190 e 12191 del 2016, seguite da successive pronunce di questa sezione tributaria in giudizi riguardanti proprio società facenti parte del consorzio Manital), che hanno riconosciuto la compatibilità dello scopo lucrativo con il modello consortile, cosicchè, se “nessuna alterazione della causa di esso configurante un abuso del modello stesso è (…) ravvisabile se il consorzio ometta di ribaltare la totalità dei proventi e dei costi sui singoli consorziati, trattenendo per sè una quota proporzionale dei primi a fronte di oneri sostenuti in proprio (Cass. n. 22210/16)” allora “non è giustificabile alcun ribaltamento di costi, e tanto meno di utili, nei confronti di quelle consorziate che non hanno ricevuto alcuna commessa e che, quindi, non hanno conseguito utili, nè hanno potuto generare costi, rimanendo estranee al meccanismo compensativo adottato dalla Manital per la regolazione dei rapporti contabili con le consorziate esecutrici di commesse (Cass. n. 5907/2017). Diversamente, si attribuirebbe alle consorziate che hanno ricevuto commesse un intento “mutualisticho” loro non proprio.
Il quarto motivo rimprovera alla sentenza, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, di avere riconosciuto efficacia di giudicato esterno a una sentenza inter partes relativa a un diverso anno di imposta.
Il motivo è infondato. La Commissione tributaria regionale ha deciso in qual modo perchè ha condiviso l’argomentazione posta a base della precedente sentenza e non perchè ha ritenuto preclusa la diversa valutazione, essendoci il giudicato.
In conclusione il ricorso va rigettato.
L’evoluzione giurisprudenziale intervenuta sulla materia giustifica la compensazione delle spese del giudizio di legittimità.
PQM
La Corte rigetta il ricorso; dichiara interamente compensate le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 31 gennaio 2017.
Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2017