Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18417 del 08/09/2011

Cassazione civile sez. II, 08/09/2011, (ud. 13/07/2011, dep. 08/09/2011), n.18417

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente –

Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

Dott. PROTO Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

V.D. (OMISSIS), V.S.

(OMISSIS), V.P. (OMISSIS), ex lege

domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentati e difesi dall’avvocato DI MICELI SALVATORE;

– ricorrenti –

e contro

L.V.M.P., L.M.E., L.V.D.M.

F., S.S., A.E.M.S., L.

V.L., C.R.A. nella qualità di erede di

C.C., Q.L., CA.AN.,

I.F., CO.GI., A.S.,

A.C., CI.TE., COND

(OMISSIS), L.M.D., L.V.L.M.C.,

I.R.;

– Intimati –

sul ricorso 2713-2006 proposto da:

CO.GI. (OMISSIS), COND VIA

(OMISSIS) in persona dell’Amministratore pro tempore,

I.F. (OMISSIS), L.V.D.M.F.

(OMISSIS), C.R.A. nella qualità di erede

di C.C., L.V.L. (OMISSIS), L.

M.E. (OMISSIS), AB.SA.

(OMISSIS), AM.CA. (OMISSIS), C.

T. (OMISSIS), L.V.L.M.C.

(OMISSIS), A.E.M.S.

(OMISSIS), L.V.M.P. (OMISSIS),

S.S. (OMISSIS), CA.AN.

(OMISSIS), L.M.D. (OMISSIS), I.

R. (OMISSIS), Q.L. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA GREGORIO VII 508, presso lo

studio dell’avvocato GENTILE GIANCARLO, rappresentati e difesi

dall’avvocato RACALBUTO GIUSEPPE;

– controricorrenti ricorrenti incidentali –

e contro

V.P., V.S., V.D.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1113/2004 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 20/10/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/07/2011 dal Consigliere Dott. VINCENZO MAZZACANE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni che ha concluso previa riunione, rigetto del

ricorso principale, accoglimento dell’incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione dell’8-9-1997 il Condominio di via (OMISSIS) nonchè i singoli condomini Sa.

A., + ALTRI OMESSI convenivano in giudizio dinanzi al Tribunale di Agrigento P. V., V.S. e V.D. esponendo che nel complesso realizzato da questi ultimi nella suddetta via e successivamente venduto per porzioni di piano si erano manifestate sia nelle parti comuni che in quelle individuali microlesioni, difetti ed imperfezioni che inizialmente, dopo sopralluoghi informali, svolti di concerto con i costruttori, erano stati addebitati ai movimenti del manufatto, sicchè a seguito di esame da parte di un tecnico si era deciso di soprassedere in attesa di verificare gli eventuali spostamenti successivi, confidando nell’arresto del movimento delle strutture; ciò non era avvenuto, ad anzi si era aggravato il deficit strutturale, evidenziandosi danni sempre più consistenti, tanto da determinare i condomini ad incaricare un tecnico della verifica delle condizioni dell’immobile.

Gli attori, rilevato che era risultato acclarato che lo stato di fatto era da ascrivere all’imperizia dei costruttori, chiedevano la condanna dei medesimi alla realizzazione delle opere necessarie per ripristinare la stabilità e la normale fruibilità dell’immobile e dei singoli appartamenti ed al risarcimento dei danni subiti dal Condominio e dai singoli condomini.

I convenuti costituitisi in giudizio eccepivano la prescrizione del diritto degli attori e deducevano nel merito l’infondatezza delle domande, posto che l’edificio era immune da vizi di costruzione, essendo stato realizzato in base ad adeguati progetti e regolarmente collaudato.

Il Tribunale adito con sentenza del 21-2-2003 accoglieva l’eccezione di prescrizione limitatamente ai vizi riscontrati nei piano seminterrato dall’ingegner Ve. nel 1991 e per il resto, ritenuta la sussistenza di gravi difetti di costruzione ai sensi dell’art. 1669 c.c., condannava i convenuti ad eseguire le opere necessarie per l’eliminazione dei vizi analiticamente descritte dal CTU. Proposto gravame da parte di V.D., V.P. e V. S. cui resistevano i Condominio di via (OMISSIS) ed i singoli condomini la Corte di Appello di Palermo con sentenza del 20-10-2004, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha escluso dalle opere di ristrutturazione relative al suddetto edificio – alla cui esecuzione erano stati condannati in base alla sentenza del Tribunale gli appellanti – e descritte nella relazione del CTU, quelle concernenti ulteriori accertamenti sulla struttura portante intelaiata (travi e pilastri), quali prove di carico e carotaggi, ed ha annullato la sentenza impugnata nella parte in cui aveva pronunciato la condanna di V.D., P. V. e V.S. al pagamento in favore di Q. L. della somma di Euro 4.127,52.

Per la cassazione di tale sentenza V.D., V.P. e V.S. hanno proposto un ricorso articolato in due motivi cui il Condominio di via (OMISSIS) ed i singoli condomini hanno resistito con controricorso proponendo altresì un ricorso incidentale affidato ad un unico motivo.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente deve procedersi alla riunione dei ricorsi in quanto proposti contro la medesima sentenza.

Venendo quindi all’esame del ricorso principale, si rileva che con il primo motivo i ricorrenti, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 1669 c.c., commi 1 e 2 e vizio di motivazione, censurano la sentenza impugnata per aver affermato che da nessuno degli elementi evidenziati dagli appellanti si traeva la conclusione che i condomini avessero già acquisito prima del 1997 quell’apprezzabile grado di conoscenza oggettiva della gravità dei difetti e della loro derivazione causale dall’imperfetta esecuzione dell’opera; in senso contrario essi sostengono che l’ingegner Ve. con la relazione dell’11-1-1991 prodotta dalle controparti aveva fatto presente di aver riscontrato in data 12-3-1990 fenomeni fessurativi in più parti dell’edificio, e quindi delle lesioni non solo nel piano seminterrato, ma anche nel primo piano; quanto sopra era stato confermato dalla relazione di parte del 10-6-1997 dell’ingegner Sa.Vi., pure prodotta dagli attori, nella quale si faceva espresso riferimento all’incarico conferito nel marzo 1990 alla L. SIDERCEM di Caltanissetta dell’ingegner Ve.

(ditta specializzata per le prove di carico dei solai) per la verifica nel tempo degli incrementi delle deformazioni; inoltre nella lettera del 20/27-11-1996 del legale degli attori si segnalavano profonde e preoccupanti lesioni sia nelle parti comuni che nei singoli appartamenti, evidenziando che di tali eventi dannosi, verificatisi già nel 1991, era stata messa a conoscenza l’impresa costruttrice dei fratelli V.; infine il teste Lo.

R., marito della parte attrice A.E., aveva riferito di lesioni profonde otto centimetri già esistenti all’atto dell’incarico all’ingegner Ve. nel 1990, e di diffusione di esse nel gennaio 1993 negli appartamenti di tutto lo stabile.

I ricorrenti principali rilevano dunque che le controparti già nel 1990-1991, o al più tardi nel gennaio 1993, avevano acquisito un apprezzabile grado di conoscenza oggettiva della gravità dei difetti e del loro collegamento causale con l’esecuzione dell’opera, cosicchè l’azione risarcitoria, non iniziata entro un anno dalla prima o dalla seconda denuncia, doveva ritenersi prescritta.

La censura è infondata.

La Corte territoriale ha escluso che i condomini avessero acquisito prima del 1997 quell’appezzabile grado di conoscenza oggettiva della gravità dei difetti e della loro derivazione causale dell’imperfetta esecuzione dell’opera; invero, mentre le lesioni significative riscontrate dall’ingegner Ve. nel 1991 interessavano il seminterrato, il degrado ed il dissesto dei piani in elevazione (non oggetto di specifica verifica da parte del suddetto ingegner Ve.), dovuti alla cattiva esecuzione dei solai, si erano verificati progressivamente amplificandosi e diffondendosi nel corso degli anni fino alla situazione accertata dal CTU ingegner co.; in tal senso ha evidenziato che neppure dalla lettera del legale dei condomini del novembre 1996 poteva trarsi la convinzione che costoro avessero maturato un sufficiente grado di certezza delle cause delle lesioni che si manifestavano nell’edificio.

Il giudice di appello ha aggiunto che sia il teste Lo. (che aveva tra l’altro dichiarato che gli stessi V. avevano sostenuto che le lesioni verificatesi nello stabile erano riconducigli a fenomeni di assestamento tipici di tutti gli immobili) sia il CTU avevano evidenziato il carattere evolutivo della fenomenologia fessurativa relativa ai piani, ovvero la sua progressione nel tempo, ed ha affermato che era rimasta comunque oscura ed incerta la causa delle suddette lesioni, che pure si erano manifestate in maniera sempre più eclatante, prima degli accertamenti eseguiti dal CTU ingegner co..

La sentenza impugnata ha quindi concluso, conformemente all’assunto del giudice di primo grado, che, laddove si tratti di opere di una certa entità (come nella specie), il termine di decadenza inizia a decorrere soltanto dall’acquisizione degli accertamenti tecnici che consentano la piena comprensione del fenomeno, e quindi nella fattispecie dalla relazione dell’ingegner Sa., incaricato dai condomini di verificare lo stato dell’immobile; pertanto gli appellati avevano provato la tempestività della denuncia, ed avevano poi tempestivamente introdotto l’azione, posto che la suddetta relazione era venuta a conoscenza dei condomini e del Condominio nel giugno 1997, e la citazione era stata notificata ai V. nel settembre dello stesso anno.

Orbene, avendo la Corte territoriale indicato puntualmente le fonti del proprio convincimento, si è in presenza di un accertamento di fatto sorretto da congrua e logica motivazione, come tale incensurabile in questa sede, dove i ricorrenti tendono inammissibilmente a prospettare una valutazione degli elementi probatori ad essi più favorevole; è opportuno poi aggiungere che la sentenza impugnata si è attenuta all’orientamento consolidato di questa Corte secondo cui in tema di garanzia per gravi difetti dell’opera ai sensi dell’art. 1669 c.c. il termine per la relativa denuncia non inizia a decorrere finchè il committente non abbia conoscenza sicura dei difetti, e tale consapevolezza non può ritenersi raggiunta sino a quando non si sia acquisita, in ragione degli effettuati accertamenti tecnici, la piena comprensione del fenomeno e la chiara individuazione ed imputazione delle sue cause, non potendosi onerare il danneggiato della proposizione di azioni generiche a carattere esplorativo (Cass. 23-1-2008 n. 1463; Cass. 1-2- 2008 n. 2460); sotto tale profilo i rilievi dei ricorrenti principali riguardo agli elementi dai quali, secondo il loro assunto, le controparti avrebbero già acquisito la consapevolezza della presenza delle lesioni nell’edificio condominiale e nei singoli appartamenti, trascurano di considerare che il termine della denuncia decorre dal giorno in cui il committente consegua un apprezzabile grado di conoscenza non solo della gravità dei difetti, ma anche della loro derivazione causale dall’imperfetta esecuzione dell’opera.

Con il secondo motivo i ricorrenti principali, deducendo vizio di motivazione, assumono che nella sentenza impugnata manca ogni riferimento alla problematica sollevata dagli appellanti sia nell’atto di appello che nelle deduzioni all’udienza del 12-3-2004 circa la necessità, per una corretta valutazione del merito della causa, di acquisire le prove di carico effettuate dalla SiDERCEM di Caltanissetta su incarico del Condominio, e quindi disporre un supplemento di CTU che tenesse conto di tali prove per avere un quadro preciso delle condizioni in cui versavano i solai e per chiarire le contraddizioni della CTU, che aveva concluso per un difetto dei solai, pur riconoscendoli ben dimensionati e senza carenze progettuali.

La censura è infondata.

La Corte territoriale ha affermato, sulla base della CTU espletata, che i solai non potevano svolgere adeguatamente la loro funzione primaria di servire da pavimento al piano soprastante in quanto essi, soggetti ad eccessiva ed inusuale deformazione, avevano determinato lesioni alle piastrelle usate per la pavimentazione nonchè fratture ai tramezzi, ed avevano mal sopportato l’imposizione di carichi (come evidenziato dal supplemento di CTU), ed ha escluso che tali deformazioni, ascrivibili secondo il CTU a cattiva esecuzione degli stessi, potessero essere ricondotte a normali difetti di assestamento, come dedotto dagli appellanti, in quanto in tal caso avrebbero dovuto essere interessate da lesioni o fessurazioni anche le strutture intelaiate, ossia i pilastri e le travi in elevazione, circostanza invece non riscontrata.

Pertanto il convincimento in proposito espresso dalla sentenza impugnata è frutto della valutazione di accertamenti tecnici ritenuti del tutto esaurienti, cosicchè implicitamente il giudice di appello ha ritenuto logicamente superflui ulteriori indagini riguardo alle lesioni riscontrate nei suddetti solai che avevano determinato una sensibile menomazione del normale godimento dell’immobile.

Il ricorso principale deve quindi essere rigettato.

Venendo quindi all’esame del ricorso incidentale, si osserva che i ricorrenti incidentali, deducendo contraddittoria motivazione, assumono che erroneamente il giudice di appello ha ritenuto che nell’atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado non fosse stata proposta alcuna domanda che riguardasse la posizione del condomino Q. per il rifacimento, ad iniziativa dello stesso, del tetto del Condominio, considerato che gli attori si erano richiamati al riguardo alla perizia giurata dell’ingegner Sa., peraltro non rinvenuta in atti, e che il giudice di primo grado aveva quantificato i danni pretesi dal suddetto condomino sulla base di una fattura neppure presente in atti.

I ricorrenti incidentali, premesso che i due suddetti documenti erano stati prodotti ritualmente nel giudizio di primo grado ed inseriti nel fascicolo, sostengono che tale decisione non ha tenuto conto delle stesse richieste formulate dai convenuti, sorvolando sul dato di fatto costituito dalla improvvisa mancanza, nell’ambito del fascicolo di primo grado acquisito a quello d’ufficio, di due fondamentali documenti probatori; d’altra parte il CTU ingegner Co. aveva preso atto, durante i due sopralluoghi effettuati, dei danni occorsi nell’appartamento del Q. e delle spese sostenute per eliminarli.

La censura è infondata.

La Corte territoriale, accogliendo il quarto motivo dell’appello proposto dai V., ha rilevato che nell’atto di citazione del primo grado di giudizio gli attori (tra i quali vi era anche il Q.) non avevano fatto alcun specifico riferimento alla posizione del suddetto condomino, ovvero al rifacimento del tetto ad opera del medesimo; premessa poi la non presenza in atti della perizia giurata dell’ingegner Sa. acquisita nel 1997, cosicchè non era possibile verificare in quali termini fosse descritta la posizione del Q. e fosse esaminata la questione del tetto del fabbricato, ha affermato che dei tetto dell’edificio il CTU ingegner co. non aveva fatto alcuna menzione nei due elaborati redatti, e neppure vi era alcun riferimento al riguardo nelle note del consulente di parte attrice ingegner Sa. alla relazione del CTU del 30-9-1999 nè nelle controdeduzioni del consulente di parte convenuta architetto G.; ha quindi concluso sul punto che la questione del tetto non aveva costituito oggetto del dibattito tecnico sviluppatosi in corso di causa, come era confermato dal fatto che il Tribunale aveva quantificato i danni sulla base di una fattura prodotta dal Q., peraltro contestata dai V. sotto il duplice profilo della sua completezza e congruità, fattura comunque non rinvenuta in atti, cosicchè ne era precluso l’esame.

Il Collegio ritiene decisiva la statuizione della Corte territoriale (non oggetto di censure in questa sede) secondo cui nell’atto di citazione introduttivo del primo grado di giudizio non era stata proposta alcuna domanda da parte del Q. riguardante il rifacimento del tetto, cosicchè correttamente è stata riformata sul punto la sentenza di primo grado che aveva pronunciato in violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.

Anche il ricorso incidentale deve quindi essere rigettato.

Ricorrono giusti motivi, avuto riguardo alla reciproca soccombenza, per compensare interamente tra le parti le spese di giudizio.

P.Q.M.

LA CORTE Riunisce i ricorsi, li rigetta entrambi e compensa interamente tra le parti le spese di giudizio.

Così deciso in Roma, il 13 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 8 settembre 2011

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