Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18414 del 30/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 30/06/2021, (ud. 10/03/2021, dep. 30/06/2021), n.18414

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – rel. Consigliere –

Dott. GALATI Vincenzo – Consigliere –

Dott. CORRADINI Grazia – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 6307/2015 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12;

– ricorrente –

contro

P.R.A., rappresentato e difeso dall’Avv. Antonio

Belloni, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv.

Federico Belloni in Roma, via Cassia n. 240;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio,

n. 4809/37/2014 depositata il 22 luglio 2014, non notificata.

Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 10 marzo 2021

dal consigliere Pierpaolo Gori.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio, veniva accolto l’appello principale proposto da P.R.A., Avvocato esercente attività degli studi legali, e dichiarato improcedibile l’appello successivo dell’Agenzia delle Entrate, qualificato incidentale previa riunione, avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Rieti n. 165/1/2012. Questa decisione, a sua volta, aveva accolto parzialmente il ricorso del contribuente avente ad oggetto un avviso di accertamento IVA, IRPEF, IRAP, Addizionali regionali per l’anno di imposta 2005, riprese disposte a seguito di verifica presso lo studio del contribuente in relazione a movimentazioni bancarie contestate del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 32.

2. La decisione in primo grado riteneva accoglibili alcune delle giustificazioni offerte dal contribuente quanto alle conteste movimentazioni bancarie e teneva conto dell’annullamento parziale in autotutela disposto dall’Ufficio. La CTR, a differenza del giudice di prime cure, riteneva in via preliminare assorbente la violazione del principio del contraddittorio endoprocedimentale sotto il profilo del termine dilatorio di 60 giorni di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, non rispettato senza che ricorressero ragioni di urgenza per procedere alla notifica dell’atto impositivo ante tempus.

3. Avverso la decisione propone ricorso l’Agenzia delle Entrate, affidato a cinque motivi, cui replica il contribuente con controricorso, che illustra con memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

4. Con il quarto motivo, da affrontarsi prioritariamente su di un piano logico, l’Agenzia – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 2, del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51 comma 1, n. 2, della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, nonchè art. 2967 c.c., in quanto l’avviso di accertamento emesso in base alle risultanze del p.v.c. del (OMISSIS), benchè preceduto da verifica, si fonda autonomamente sulle indagini bancarie idonee a generare una presunzione legale relativa, con riferimento ai prelevamenti a seguito dell’intervento della Corte costituzionale con sentenza n. 228 del 2014, fatto a fronte del quale il rispetto del termine dilatorio di 60 giorni di cui allo Statuto, art. 12 comma 7, non sarebbe stato necessario, con conseguente legittimità dell’avviso notificato il (OMISSIS) e impugnato in questa sede.

5. Il motivo, non è inammissibile nè per difetto di autosufficienza nè ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., come eccepito dal controricorrente, nè è nuovo nè involge la rivalutazione del fatto come ulteriormente rielaborato in memoria, dal momento che la stessa sentenza prospetta – e non è controverso – come nella fattispecie l’Agenzia abbia fatto ricorso, oltre che alla verifica da parte della Guardia di Finanza, agli accertamenti bancari, due procedimenti distinti, ed è fondato, nei termini che seguono.

La CTR in conseguenza dell’accoglimento del primo motivo di appello, relativo al difetto di motivazione specifica in ordine al profilo dell’urgenza di provvedere, a giustificazione del mancato rispetto del termine dilatorio dei 60 giorni di cui allo Statuto, art. 12, comma 7, ha considerato assorbiti tutti i restanti motivi di appello. Tuttavia, la questione del se l’accertamento sia fondato sulle sole risultanze delle indagini bancarie o sia misto, ossia fondato anche sulla documentazione acquisita in sede di verifica da parte della Guardia di Finanza, dev’essere logicamente affrontata prima delle doglianze sull’applicabilità del termine dilatorio, dal momento che lo Statuto, art. 12, non troverebbe applicazione in caso atto impositivo basato solo sulle risultanze del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, salva la valutazione del contraddittorio ai fini IVA alla luce della c.d. prova di resistenza di cui alle Sezioni Unite 9 dicembre 2015 n. 24823 (Cass. Sez. 5 -, Sentenza n. 701 del 15/01/2019; conforme, Cass. Sez. 5 -, Sentenza n. 22644 del 11/09/2019).

6. La deduzione dell’Agenzia si fonda su circostanze in parte pacifiche, ossia da un lato, l’esistenza della verifica da parte della Guardia di Finanza iniziata il (OMISSIS) e l’acquisizione di documentazione in sede di verifica presso lo studio legale del contribuente in due momenti distinti in successione, il (OMISSIS) e il (OMISSIS). Dall’altro, il fatto che nella poziore data del (OMISSIS) è intervenuta l’autorizzazione ad intraprendere indagini bancarie, le cui risultanze circa le movimentazioni bancarie contestate sono poi state certamente poste alla base dell’avviso. Si tratta di elementi tempestivamente introdotti nel processo sin dal primo grado, di cui indirettamente dà conto la stessa sentenza impugnata nel menzionare le censure di appello circa il mancato rispetto del termine dilatorio e con riferimento alle giustificazioni fornite sui contestati movimenti bancari.

Manca tuttavia un accertamento in fatto da parte del giudice d’appello al fine di chiarire se le riprese siano basate solo sulle risultanze delle indagini bancarie acquisite a partire dall’autorizzazione del (OMISSIS) o piuttosto si fondino anche su elementi di prova acquisti in sede di verifica presso lo studio legale nelle date del (OMISSIS) e (OMISSIS), perchè solo in quest’ultimo caso sarebbe decisiva la questione del rispetto o meno del termine dilatorio di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7.

Il giudice del rinvio vorrà perciò attendersi al seguente principio di diritto: “In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, la L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, (cd. Statuto del contribuente), nelle ipotesi di accesso, ispezione o verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività e di successiva autorizzazione all’espletamento di indagini bancarie ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32, trattandosi di procedimenti distinti, la questione del se l’atto impositivo si fondi solo sulle risultanze delle indagini bancarie o sia misto, ossia fondato anche sulla documentazione acquisita in sede di accesso, ispezione o verifica, dev’essere prioritariamente accertata dal giudice del merito, dal momento che il citato art. 12, comma 7, trova applicazione solo nel secondo caso, salva in ogni caso la valutazione del rispetto del contraddittorio ai fini della ripresa per il tributo armonizzato alla luce della “prova di resistenza” di cui alle Sezioni Unite 9 dicembre 2015 n. 24823.”.

7. Con il primo motivo di ricorso – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – l’Agenzia ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, per aver la CTR ritenuto illegittima la notifica del verbale di accertamento nell’inosservanza del termine di giorni sessanta in assenza di motivazione specifica in ordine al profilo dell’urgenza di provvedere, senza indagare sulla effettiva esistenza ragioni che hanno comportato l’emissione dell’atto impositivo ante tempus, ossia la condotta dilatoria del contribuente nell’esibizione della documentazione richiesta e la trasmissione tardiva del p.v.c. da parte della Guardia di Finanza, in un momento in cui era imminente il termine di decadenza dal potere di riscuotere.

8. Con il secondo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – l’Agenzia lamenta la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 36 e 61, e degli artt. 132 e 112 c.p.c., per aver la CTR evidenziato quale giustificazione fornita dall’Agenzia riguardo al mancato rispetto del termine dilatorio, solo la necessità di subire i tempi dettati dalla Guardia di Finanza per la conclusione della propria attività accertativa, senza verificare le ulteriori ragioni evidenziate nel primo motivo.

9. Con il terzo motivo la ricorrente – ai fini dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – censura l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, per non aver preso in considerazione i fatti già esposti nel primo motivo.

10. I motivi non sono inammissibili, come eccepito dal contribuente, nè per difetto di autosufficienza nè ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., nè per novità, in quanto si tratta di profili relativi alle ragioni di urgenza ai fini della giustificazione del mancato rispetto del termine dilatorio, sin dal primo grado oggetto di controversia, e anche relativi a circostanze fattuali, quali l’imminente decadenza dal potere di emanare l’atto impositivo e i tempi impressi dalla Guardia di Finanza, tutte presenti nel p.v.c. nelle parti riprodotte in ricorso alle pagg.15-19, e di cui sostanzialmente dà conto la stessa sentenza impugnata, che poi dirime la questione del contraddittorio sul piano della motivazione dell’atto impositivo e del momento della sua instaurazione.

11. I motivi, connessi, sono scrutinati nel presupposto che l’accertamento possa essere misto ossia basato anche su elementi di prova acquisiti in sede di verifica, e sono fondati.

Con riferimento alle ragioni di urgenza ai fini del superamento del termine dilatorio della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, il vizio invalidante non consiste nella mera omessa enunciazione nell’atto impositivo, o non adeguata motivazione a riguardo, dei motivi di urgenza che ne hanno determinato l’emissione anticipata, bensì nell’effettiva assenza in concreto di detto requisito, esonerativo dalla necessità di osservanza del termine, la cui ricorrenza, nella concreta fattispecie e all’epoca di tale emissione, deve essere provata dall’ufficio” (Cass., Sez. U, Sentenza n. 18184 del 29/07/2013; conf. Cass. n. 21815 del 2018, n. 5899 del 2017, n. 21103 del 2011).

In conseguenza di tale insegnamento è stato anche statuito che “In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, st. contr., art. 12, comma 7, deve essere interpretato nel senso che l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento – termine decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni – determina di per sè, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l’illegittimità dell’atto impositivo emesso “ante tempus”, poichè detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva. Il vizio invalidante non consiste nella mera omessa enunciazione nell’atto dei motivi di urgenza che ne hanno determinato l’emissione anticipata, bensì nell’effettiva assenza di detto requisito (esonerativo dall’osservanza del termine), la cui ricorrenza, nella concreta fattispecie e all’epoca di tale emissione, deve essere provata dall’ufficio. (Fattispecie in cui la S.C. ha ritenuto valida ragione d’urgenza la rilevanza penale, comprovata dall’Agenzia in giudizio, delle contestate violazioni fiscali, protrattesi per almeno due anni, esulanti dalla sfera dell’ente impositore).” (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 15843 del 23/07/2020, Rv. 658560 – 01).

12. La sentenza non è conforme a tale principio di diritto, perchè si limita a statuire sull’illegittimità della motivazione della CTR circa le ragioni di urgenza e al momento di instaurazione, senza in concreto compiere un accertamento in fatto riguardo all’effettiva esistenza delle ragioni giustificative il mancato rispetto del termine dilatorio. Tra di esse l’Agenzia allega esservi stata non tanto l’imminente scadenza del termine decadenziale dal potere di azione, ma anche il ritardo non imputabile all’Agenzia nella trasmissione del p.v.c. da parte della Guardia di Finanza ed inoltre il ritardo con cui il contribuente a seguito dell’inizio della verifica ha consegnato in due momenti distinti successivi, il 28.6.2010 e il 23.9.2010, solo parte della documentazione richiesta.

13. Con il quinto motivo di ricorso – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – si prospetta la violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, qualora la sentenza impugnata venisse ritenuta conforme alla giurisprudenza della suprema Corte, con richiesta di revisione dell’interpretazione offerta dalla sentenza delle SS.UU. n. 18184 del 2013 in quanto ritenuta eccessivamente formalista e in contrasto con i principi costituzionali ed Eurounitari.

In particolare, quanto alla questione di costituzionalità, si fa riferimento da un lato al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 bis, nella parte in cui irragionevolmente prevederebbe la pena di nullità per il mancato rispetto del contraddittorio preventivo e, dall’altro, allo Statuto, art. 12, comma 7, interpretato come prescrittivo obbligo capace di invalidare l’atto impositivo.

Con riferimento alla questione pregiudiziale, si invocano gli orientamenti giurisprudenziali alla base della remissione in data 14.1.2015 da parte della Sezione tributaria della Corte di Cassazione alle Sezioni Unite, in particolare con riferimento al rapporto tra contraddittorio endoprocedimentale non rispettato e prova di resistenza, ossia alla valutazione del se, nel caso del suo rispetto, il procedimento avrebbe potuto avere un esito diverso.

14. Il quinto motivo resta assorbito dell’accoglimento dei primi tre motivi e, in conclusione, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla CTR del Lazio, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione ai profili accolti, oltre che per la liquidazione delle spese di lite.

P.Q.M.

La Corte accoglie i primi quattro motivi di ricorso, assorbito il quinto, cassa la sentenza impugnata e rinvia la controversia alla CTR del Lazio, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione ai profili e per la liquidazione delle spese di lite.

Così deciso in Roma, il 10 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2021

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