Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18413 del 20/09/2016


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Cassazione civile sez. lav., 20/09/2016, (ud. 09/06/2016, dep. 20/09/2016), n.18413

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – rel. Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 24530-2010 proposto da:

F.G., C.F. (OMISSIS), domiciliato in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso la cancelleria della Corte di Cassazione,

rappresentato e difeso dall’Avvocato OLINDO DI FRANCESCO, giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, C.F. (OMISSIS), in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati

CLEMENTINA PULLI, ANTONELLA PATTERI, MAURO RICCI, giusta delega in

atti;

– controricorrente –

e contro

MINISTERO ECONOMIA FINANZE, C.F. (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 1849/2009 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 22/10/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/06/2016 dal Consigliere Dott. UMBERTO BERRINO;

udito l’Avvocato PULLI CLEMENTINA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza dell’8.10 – 22.10.2009 la Corte d’appello di Palermo ha confermato la sentenza con la quale il giudice del lavoro del Tribunale di Agrigento aveva rigettato la domanda di F.G. volta al conseguimento dell’assegno di invalidità. La Corte territoriale ha rilevato che all’esito della consulenza tecnica d’ufficio espletata in appello, le cui conclusioni erano state confermate nei chiarimenti resi per iscritto dall’ausiliare, la ricorrente era risultata essere affetta da un grado di invalidità del 70%, come tale insufficiente per il riconoscimento del beneficio richiesto.

Per la cassazione della sentenza ricorre F.G. con due motivi.

L’Inps resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Col primo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione della L. 30 marzo 1971, n. 118, art. 13, D.Lgs. 23 novembre 1988, n. 509, artt. 1, 2, 3, 4 e 5, del D.M. 5 febbraio 1992, e della Tabella indicativa delle percentuali di invalidità di cui al D.M. 5 febbraio 1992, nonchè il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, assumendo che la Corte territoriale avrebbe recepito acriticamente il parere del consulente tecnico d’ufficio – il quale non aveva tenuto conto dei parametri fissati nella predetta tabella, limitandosi ad operare un mero conteggio complessivo – e non si era preoccupata di fornire alcuna spiegazione in merito alle censure mosse ad entrambe le relazioni peritali dei due gradi di giudizio, avallando, in tal modo, la mancata considerazione dei parametri fissati nella predetta tabella.

Col secondo motivo, dedotto per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, la ricorrente lamenta che la Corte d’appello ha apoditticamente aderito al parere del CTU, limitandosi a richiamare in sentenza il giudizio di quest’ultimo, il quale aveva trascurato di applicare i criteri in tema di concorso di plurime differenti patologie invalidanti, anche in relazione alla cronicità ed alla evolutività delle malattie accertate.

Osserva la Corte che i due motivi, che per ragioni di connessione possono essere trattati congiuntamente, sono infondati.

Anzitutto, va ricordato che la valutazione espressa dal giudice di merito in ordine alla obbiettiva esistenza delle infermità ed alla loro natura ed entità, costituisce tipico accertamento di fatto incensurabile in sede di legittimità quando è sorretto, come nella fattispecie, da motivazione immune da vizi logici e giuridici che consenta di identificare l’iter argomentativo posto a fondamento della decisione.

In effetti, allorquando il giudice di merito fondi, come nel caso in esame, la sua decisione sulle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, facendole proprie, perchè i lamentati errori e lacune della consulenza determinino un vizio di motivazione della sentenza di merito, censurabile in sede di legittimità, è necessario che essi siano la conseguenza di errori dovuti alla documentata devianza dai canoni della scienza medica o di omissione degli accertamenti strumentali e diagnostici dai quali non si possa prescindere per la formulazione di una corretta diagnosi.

Orbene, sotto questo specifico aspetto, non è sufficiente, per la sussistenza del vizio di motivazione, la mera prospettazione di una semplice difformità tra le valutazioni del CTU e quella della parte circa l’entità e l’incidenza del dato patologico, poichè in mancanza degli errori e delle omissioni sopra specificate le censure di difetto di motivazione costituiscono un mero dissenso diagnostico non attinente a vizi del processo logico e si traducono in una inammissibile richiesta di revisione del merito del convincimento del giudice (cfr. tra le tante Cass. n. 7341/2004).

E’, infatti, da rilevare che nella fattispecie alla valutazione del consulente tecnico d’ufficio recepita dal giudice di appello la ricorrente ha contrapposto un diverso apprezzamento della entità delle patologie riscontrate a suo carico, senza evidenziare alcuna specifica carenza o deficienza diagnostica o errore scientifico, bensì limitandosi ad esprimere una diversa valutazione del medesimo quadro patologico e a lamentarsi genericamente della omessa considerazione dei parametri tabellari, mentre non è vero che il perito d’ufficio non diede adeguatamente conto della indagine clinica effettuata, nè dei criteri eseguiti: infatti, nell’impugnata sentenza è chiaramente evidenziato che le conclusioni del perito di secondo grado furono confermate nei chiarimenti scritti depositati il 14.9.2009 coi quali furono confutati i rilievi critici mossi con le note del 23.7.2009 in modo esauriente ed analitico sulla base di condivisibili argomentazioni da considerarsi tali anche dopo le ulteriori censure depositate il 28.9.2009.

Tale passaggio argomentativo della sentenza, non impugnato in maniera specifica, denota l’evidente infondatezza della doglianza riflettente l’asserita apoditticità della motivazione della decisione assunta dalla Corte di merito nella conferma del rigetto della domanda volta al conseguimento della prestazione di cui trattasi, per cui non è nemmeno vero che la Corte territoriale abbia recepito acriticamente le risultanze peritali e che abbia avallato errori omissivi del consulente tecnico.

Al riguardo, questa Corte ha già avuto modo di precisare (Cass. sez. lav. n. 9988 del 29/4/2009) che “in materia di prestazioni previdenziali derivanti da patologie relative allo stato di salute dell’assicurato, il difetto di motivazione, denunciabile in cassazione, della sentenza che abbia prestato adesione alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio è ravvisabile in caso di palese devianza dalle nozioni correnti della scienza medica, la cui fonte va indicata, o nella omissione degli accertamenti strumentali dai quali secondo le predette nozioni non può prescindersi per la formulazione di una corretta diagnosi, mentre al di fuori di tale ambito la censura anzidetta costituisce mero dissenso diagnostico non attinente a vizi del processo logico formale traducendosi, quindi, in un’inammissibile critica del convincimento del giudice.”(conf. a Cass. Sez. lav. n. 15796 del 13/8/2004; v. altresì in senso analogo Cass. sez. lav. n. 8654 del 3/4/2008, Cass. sez. lav. n. 569 del 12/1/2011 e Sez. 6 – Lav., Ordinanza n. 1652 del 3/2/2012).

Nè si è trascurato di osservare (Cass. Sez. 1, n. 16368 del 17/7/2014) che “in tema di ricorso per cassazione per vizio di motivazione, la parte che lamenti l’acritica adesione del giudice di merito alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio non può limitarsi a far valere genericamente lacune di accertamento o errori di valutazione commessi dal consulente o dalla sentenza che ne abbia recepito l’operato, ma, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione ed al carattere limitato del mezzo di impugnazione, ha l’onere di indicare specificamente le circostanze e gli elementi rispetto ai quali invoca il controllo di logicità, trascrivendo integralmente nel ricorso almeno i passaggi salienti e non condivisi della relazione e riportando il contenuto specifico delle critiche ad essi sollevate, al fine di consentire l’apprezzamento dell’incidenza causale del difetto di motivazione”. Pertanto, il ricorso va rigettato.

Non ricorre l’Ipotesi della domanda manifestamente Infondata e temeraria ai fini della rifusione delle spese del presente giudizio da parte del ricorrente soccombente (art. 152 disp. att. c.p.c., così come novellato a seguito della entrata in vigore del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 42 convertito nella L. 24 novembre 2003, n. 326).

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 9 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 20 settembre 2016

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