Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18413 del 08/09/2011

Cassazione civile sez. lav., 08/09/2011, (ud. 26/05/2011, dep. 08/09/2011), n.18413

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. FILABOZZI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

M.L., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato GIORDANO FRANCO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

FIAT GROUP AUTOMOBILES S.P.A., (nuova denominazione della FIAT AUTO

S.P.A.), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 21/23, presso

lo studio dell’avvocato DE LUCA TAMAJO RAFFAELE, che la rappresenta e

difende unitamente agli avvocati BONAMICO FRANCO, ROPOLO LUCA, giusta

delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 172/2007 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 12/02/2007 R.G.N. 286/06;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/05/2011 dal Consigliere Dott. ANTONIO FILABOZZI;

udito l’Avvocato SALIMBENI MARIA TERESA per delega DEE LUCA TAMAJO

RAFFAELE ;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAETA Pietro, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

M.L. ha chiesto la condanna della Fiat Auto spa al risarcimento del danno da lui asseritamente subito a causa della perdita del trattamento previdenziale conseguente alla omessa denuncia, da parte della società, dell’infortunio sul lavoro da lui subito mentre si trovava alla guida di un automezzo aziendale. Il Tribunale di Torino ha respinto la domanda con sentenza che è stata confermata dalla Corte di Appello di Torino, sul rilievo che il M. aveva impugnato solo una delle ragioni addotte dal Tribunale a sostegno della decisione (e cioè quella fondata sulla decorrenza del termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno) e non l’altra, fondata sull’intervenuta transazione, con rinuncia a far valere diritti, azioni e pretese collegate all’intercorso rapporto di lavoro, all’atto della cessazione del rapporto medesimo, non impugnata nel termine di cui all’art. 2113 c.c. Avverso tale sentenza ricorre per cassazione M.L. con un unico motivo di ricorso cui resiste con controricorso la Fiat Group Automobiles spa (già Fiat Auto spa), che ha depositato anche memoria per la discussione.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Con l’unico motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 342 e 434 c.p.c., chiedendo a questa Corte di stabilire se “l’appello del ricorrente … sia da ritenere ammissibile ai sensi degli artt. 342 e 434 c.p.c., avendo il ricorrente in detto appello chiaramente censurato l’elemento della “consapevolezza del ricorrente” riguardo al suo diritto a beneficiare di rendita Inail in luogo di assegno di invalidità Inps in quanto tale elemento rappresenta di fatto l’unico motivo che ha condotto il primo giudice al rigetto del ricorso introduttivo del presente giudizio”.

2.- Il ricorso è infondato.

Questa Corte ha costantemente affermato il principio secondo cui la mancata impugnazione della sentenza di primo grado, in relazione ad una delle ragioni autonomamente idonee a sorreggere la decisione, produce l’inammissibilità dell’appello, non potendosi più utilmente discutere, sotto qualsiasi profilo, della statuizione che nella detta ragione trova autonomo sostegno (cfr. ex multis Cass. n. 18310/2007, Cass. n. 1128/2002, Cass. n. 1125/2002, Cass. n. 1119/2002, Cass. n. 189/2002).

Non si è discostata da tale principio la Corte territoriale con l’affermazione che, nella fattispecie in esame, l’appellante aveva censurato una soltanto delle ragioni addotte dal primo giudice a sostegno della decisione, avendo invero omesso qualsiasi censura avverso la statuizione con la quale la domanda era stata respinta anche in ragione della intervenuta transazione.

Le contrarie affermazione del ricorrente non appaiono idonee ad infirmare l’applicazione che del suddetto principio ha fatto il giudice d’appello, non essendo fondatamente sostenibile che l’elemento della “consapevolezza del ricorrente” rappresenti l’unico motivo sul quale si fonda il rigetto della domanda, a fronte della diversità dei presupposti di fatto e di diritto delle due diverse rationes decidendi, costituita, l’una, dalla preclusione derivante dalla rinuncia a far valere la pretesa risarcitoria e, l’altra, dalla intervenuta estinzione del diritto per il decorso del termine prescrizionale, e non potendo, dunque, il giudice d’appello estendere il suo esame a punti non compresi neppure per implicito nei termini prospettati dal gravame, senza violare il principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato.

3.- Il ricorso deve essere pertanto rigettato.

4.- Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio liquidate in Euro 40,00 oltre Euro 2.000,00 per onorari, oltre IVA, CPA e spese generali.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 26 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 8 settembre 2011

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