Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1841 del 26/01/2011

Cassazione civile sez. I, 26/01/2011, (ud. 14/12/2010, dep. 26/01/2011), n.1841

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente –

Dott. FELICETTI Francesco – Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – rel. Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

P.R., elettivamente domiciliata in Roma, alla Via della

Giuliana n. 35, presso l’avv. Motrici Saveria, che la rappresenta e

difende, per procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

V.A., elettivamente domiciliato in Roma, alla Via Cassia

n. 530, presso l’avv. Masci Giorgio, che lo rappresenta e difende,

per procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza del 22/2 – 7/3/2007 della Corte di appello di

Roma, Sez. Pers. e Fam., su reclamo n. 55152/06 V.G. contro la

ordinanza del Presidente del tribunale all’udienza di comparizione

dei coniugi, ai sensi dell’art. 708 c.p.c;

Udita, all’udienza del 14 dicembre 2010, la relazione del Cons. Dott.

Forte Fabrizio;

Udito il P.M. Dott. PATRONE Ignazio, che ha concluso per la

inammissibilita’ del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nell’ambito del processo instaurato con ricorso depositato il 14 novembre 2005 presso il Tribunale di Roma da V.A. per domandare la separazione dalla moglie P.R., la quale aveva chiesto l’addebito al marito, nell’udienza di comparizione dei coniugi dinanzi al Presidente, questo disponeva in via temporanea e d’urgenza, con ordinanza del 19 luglio 2006 emessa ai sensi dell’art. 708 c.p.c., l’assegnazione della casa familiare sita in (OMISSIS) al marito, ponendo a carico dello stesso un assegno di mantenimento in favore della moglie di Euro 1.500,00 mensili oltre adeguamenti Istat, a decorrere dal 1 settembre 2006.

Il Presidente aveva preso atto che nella casa di (OMISSIS) aveva trasferito per primo la residenza il V. e successivamente vi si era trasferita la P. nelle more della separazione, lasciando in godimento alla figlia, a sua volta madre di una bambina, la originaria casa familiare sita in (OMISSIS).

Su tali presupposti, ritenendo che il trasferimento della donna alla casa di (OMISSIS) fosse stato strumentale allo spostamento formale della abitazione familiare e in considerazione del fatto che la P. era proprietaria di altra casa in (OMISSIS), il Presidente emanava l’ordinanza di cui sopra avverso la quale era proposto reclamo dalla donna ai sensi dell’art. 708 c.p.c., u.c., come aggiunto dalla L. 8 febbraio 2006, n. 54, art. 2 dopo la novella dei primi tre commi dell’articolo di cui al D.L. 15 marzo 2005, n. 35, convertito in L. 14 maggio 2005, n. 80, chiedendo la revoca delle statuizioni di cui sopra e la loro immediata sospensione e insistendo per la assegnazione della casa di (OMISSIS) a se stessa e per l’aumento dell’assegno a carico del marito; il V. in appello chiedeva il rigetto del reclamo.

La Corte d’appello di Roma, con l’ordinanza di cui in epigrafe, ha respinto il reclamo, rilevando come la provvisoria attribuzione al marito del godimento della seconda casa coniugale sita in (OMISSIS) fosse giustificata dalla necessita’ di eseguire l’autorizzazione a vivere separati data ai coniugi nella situazione di fatto da loro creata, avendo in tale casa fuori Roma trasferito la sua residenza in un primo tempo il marito e solo successivamente la moglie, la quale aveva dato contestualmente in locazione a terzi una casa in sua esclusiva proprieta’ in (OMISSIS), dalla quale riceveva Euro 800,00 di redditi mensili.

Poiche’ con tale canone di locazione la donna poteva provvedere a prendere in locazione altro immobile e la misura dell’assegno appariva congrua in rapporto ai redditi del marito, il provvedimento del presidente del tribunale era confermato dalla Corte d’appello (per dar modo al V. di lasciare la famiglia e trasferirsi provvisoriamente nella casa in comproprieta’ con la moglie, e le spese di detto procedimento incidentale e interinale erano poste a carico della P.. Per la cassazione di tale pronuncia propone ricorso di quattro motivi, ai sensi dell’art. 111 Cost., la P., al quale resiste, con controricorso, il V..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso e’ proposto dalla P. ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7, per lesione di suoi diritti conseguenti a violazione di legge, la quale e’ comprensiva da sempre della motivazione inesistente o apparente e si estende anche alla mera carenza motivazionale dopo la novella dell’art. 360 c.p.c. di cui al D.Lgs. 3 febbraio 2006, n. 40. L’impugnazione della P. deduce lesione di diritti per violazione degli artt. 156 e 1362 c.c. in rapporto ai suoi diritti patrimoniali nei confronti del marito e alla comproprieta’ della casa familiare assegnata in via esclusiva all’uomo, con un’errata lettura dell’ordinanza presidenziale e dell’art. 155 c.c. dalla Corte di merito (primo e secondo motivo) e la motivazione solo apparente sul rigetto della richiesta di aumento dell’assegno a carico dell’uomo, (terzo motivo) deduce nel quarto motivo la violazione dell’art. 91 c.p.c. anche per difetto di motivazione in ordine alla liquidazione delle spese del procedimento a carico della donna nella misura elevatissima di Euro 2.000,00.

Ognuno dei profili del ricorso e’ chiuso da quesito ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., ad esclusione del quarto motivo per il quale manca sia il quesito conclusivo sulla dedotta violazione dell’art. 91 c.p.c. che la sintesi finale per evidenziare il punto decisivo su cui e’ carente la motivazione dell’ordinanza impugnata.

Il controricorrente ha eccepito la inammissibilita’ del ricorso ai sensi dell’art. 111 Cost., data la natura provvisoria del provvedimento, inidoneo a divenire giudicato perche’ comunque destinato ad essere superato dalla sentenza di chiusura del processo di separazione dotata comunque di stabilita’ provvisoria, mancante nell’ordinanza presidenziale.

2. Il ricorso e’ inammissibile nei suoi primi tre motivi, perche’ l’impugnazione per violazione di legge ai sensi dell’art. 111 Cost., penultimo comma, e’ prevista solo contro le “sentenze” dei giudici speciali e ordinari, cioe’ avverso i provvedimenti “decisori” incidenti su diritti solo se idonei a divenire “definitivi” e ad acquisire valore ed effetto di giudicato tra le parti, per essere state rese le loro statuizioni immodificabili dall’acquiescenza delle parti che avrebbero potuto impugnarle.

Il ricorso ai sensi dell’art. 111 Cost., penultimo comma, e’ inammissibile, per la natura non definitiva dell’ordinanza impugnata che, anche se incide in via temporanea e provvisoria su diritti soggettivi, e’ inidonea a divenire definitiva e ad acquisire autorita’ di giudicato sostanziale tra le parti, per il carattere interinale e provvisorio dei “provvedimenti temporanei e urgenti” dati dal Presidente del Tribunale con l’ordinanza emessa ai sensi dell’art. 708 c.p.c., comma 3, che restano tali anche dopo la previsione normativa della loro impugnabilita’ con reclamo in appello (cosi’, di recente, Cass. 11 novembre 2009 n. 23909 e Cass. 6 novembre 2008 n. 26631).

Correttamente si e’ affermato, negli arresti citati di questa Corte, che tali provvedimenti interinali e provvisori emessi a seguito del reclamo dalla Corte d’appello non sono ricorribili in via straordinaria per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost. anche se si lamenti la violazione temporanea di diritti sostanziali come nella fattispecie, ovvero si deduca la lesione di situazioni con rilievo meramente processuale, quale e’ il diritto al riesame del provvedimento.

Invero il l’art. 708 c.p.c., comma 4 vigente dal 16 marzo 2006, risulta aggiunto dalla L. n. 54 del 2006, art. 2 al testo di tale norma, come sostituita dal D.L. 14 marzo 2005, n. 35, art. 2, comma 3, lett. e ter convertito in L. 14 maggio 2005, n. 80 con decorrenza dal 1 marzo 2006, ai processi instaurati successivamente a tale data di entrata in vigore della novella, definitivamente fissata dal D.L. 30 dicembre 2005, n. 273, art. 39 quater convertito con modificazioni dalla L. 23 febbraio 2006, n. 51 ma, indipendentemente dalla concreta applicabilita’ del reclamo in appello nella presente causa in cui il ricorso introduttivo e’ stato depositato il 14 novembre 2005, ogni censura dell’ordinanza della Corte di appello emessa sul merito del reclamo e’ preclusa in Cassazione.

Il provvedimento con il quale il presidente del tribunale, nel contraddittorio tra i coniugi e i difensori degli stessi, da con ordinanza le disposizioni temporanee e urgenti da lui reputate opportune nell’interesse dei figli o dei coniugi, all’udienza di comparizione dinanzi a lui per il tentativo di conciliazione di cui all’art. 708 c.p.c., comma 3, anche se divenuto reclamabile nei procedimenti di separazione instaurati dopo il 1 marzo 2006 nel termine di cui al comma 4 della stessa norma, resta modificabile e revocabile dal giudice istruttore e inidoneo a divenire giudicato. In precedenza esisteva il potere del presidente del tribunale di emettere una ordinanza che, ai sensi del previgente art. 708 c.p.c., comma 4 era revocabile o modificabile soltanto in caso di “mutamenti nelle circostanze… dal giudice istruttore a norma dell’art. 177” dello stesso codice di rito, non potendo quindi la stessa in alcun caso pregiudicare la decisione della causa con la sentenza che la definiva. A detti mutamenti nelle circostanze per la modifica dell’ordinanza presidenziale non vi e’ piu’ cenno nella previsione della L. n. 898 del 1970, art. 4, comma 8, come sostituito dalla L. n. 74 del 1987, il cui art. 23 prevedeva l’applicabilita’ di tale regola anche in sede di separazione, con la conseguenza che, dall’entrata in vigore della L. del 1987 fino alla novella citata del 2005 vigente dal 1 marzo 2006, e’ stata sempre possibile la modifica o revoca da parte dell’istruttore delle disposizioni di cui all’ordinanza presidenziale anche senza gli indicati mutamenti sopravvenuti delle circostanze, potendo il G.I. revocare e modificare i provvedimenti che precedono, ai sensi dell’art. 177 c.p.c., che nega la modificabilita’ delle ordinanze interinali pronunciate su accordo delle parti o per le quali la legge prevede un mezzo di impugnazione che la escluda. Tale potere di revoca e modifica dal G.I. dei provvedimenti presidenziali e’ stato conservato pure dopo la previsione del reclamo a seguito di notifica dell’ordinanza presidenziale secondo il disposto della novella dell’art. 709 c.p.c., u.c., anche essa vigente dal 1 marzo 2006, e la modificabilita’ o revocabilita’ del provvedimento permane anche se esso e’ confermato dopo il reclamo per cui e’ esclusa comunque la definitivita’ e l’idoneita’ a divenire giudicato di quest’ultima e la sua impugnabilita’ ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7. Solo dal 16 marzo 2006, data di entrata in vigore della L. n. 54 del 2006, sono divenuti, reclamabili dinanzi alla Corte d’appello le ordinanze presidenziali, rimanendo ferma la loro revocabilita’ e modificabilita’ dall’istruttore di cui all’art. 709 c.p.c., u.c., come novellato dalla legge da ultimo citata, che esclude il carattere definitivo di dette ordinanze presidenziali e dei provvedimenti che li abbiano modificate, cosi’ come di quelli della Corte d’appello sul reclamo ai sensi dell’art. 708 c.p.c., comma 4 che restano temporanei e comunque non acquistano il carattere della definitivita’ se non dopo essere stati eventualmente trasfusi nella sentenza che conclude il procedimento in cui furono emessi che peraltro e’ qualificata comunque a stabilita’ provvisoria essendone possibile la modifica ai sensi dell’art. 710 c.p.c.. L’ordinanza presidenziale resta quindi inidonea a passare in giudicato, non solo perche’ revocabile e modificabile dal G.I., ma anche perche’ e’ destinata ad essere superata dalla sentenza che decide il processo, impugnabile per ogni profilo sia nel merito che in sede di legittimita’ dopo l’appello (cfr. in tal senso cfr., in specie, la cit. Cass. n. 23909 del 2009).

In conclusione i primi tre motivi del ricorso devono dichiararsi inammissibili per le ragioni indicate mentre il quarto sulle spese, come tale idoneo a divenire definitivo, non estendendosi la revocabilita’ e modificabilita’ dei provvedimenti nell’interesse del coniuge e dei figli alla disciplina delle spese di causa, va dichiarato comunque precluso, mancando il quesito di diritto e la sintesi finale previsti a pena di decadenza per i ricorsi per cassazione avverso i provvedimenti emessi, come quello oggetto di ricorso nel marzo 2007 nel periodo dal 2 marzo 2006, data di entrata in vigore del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 fino al 3 luglio 2009, fino cioe’ alla sua abrogazione ai sensi della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47 vigente dal 4 luglio 2009.

Per la soccombenza la ricorrente dovra’ rimborsare al controricorrente le spese del presente giudizio di cassazione che si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente a pagare al controricorrente le spese del giudizio di cassazione, che si liquidano in Euro 1.200,00 (milleduecento/00) di cui Euro 1.000,00 (mille/00) per onorari, oltre alle spese generali e accessorie come per legge.

Cosi’ deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima civile della Corte suprema di Cassazione, il 14 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2011

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