Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18409 del 01/08/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 18409 Anno 2013
Presidente: DE RENZIS ALESSANDRO
Relatore: PAGETTA ANTONELLA

SENTENZA

sul ricorso 3731-2009 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. 97103880585, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA PO 25/B, presso lo studio
dell’avvocato PESSI ROBERTO, che la rappresenta e
difende giusta delega in atti;
– ricorrente –

2013
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contro

ESPOSITO SALVATORE SPSSVT57C16E131E,

elettivamente

domiciliato in ROMA, PIAZZA TARQUINIA 5/D, (STUDIO
AVVOCATO FALLA TRELLA MARIA LUISA) presso lo studio

Data pubblicazione: 01/08/2013

dell’avvocato RIOMMI MAURIZIO, che lo rappresenta e
difende, giusta delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n.

481/2008

della CORTE D’APPELLO

di PERUGIA, depositata il 10/09/2008 R.G.N. 100/2006;

udienza del 15/02/2013 dal Consigliere Dott. ANTONELLA
PAGETTA;
udito l’Avvocato MICELI MARIO per delega PESSI
ROBERTO;
udito l’Avvcoato RIOMMI MAURIZIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

Svolgimento del processo
Salvatore Esposito , dipendente dell’Ente Poste Italiane poi divenuto Poste Italiane
S.p.A. con mansioni di tipografo e sede di servizio presso il Centro CENMAT di
Scanzano premesso : di avere, a partire dal 1986 svolto, affiancate a quelle di
tipografo, funzioni di custode del Centro ricevendone in corrispettivo il godimento di

sismici del 26 settembre 1997 aveva dovuto lasciare l’abitazione perché
irreparabilmente danneggiata pur continuando a svolgere le precedenti mansioni di
custode; che in data a 27 ottobre 1997 l'(allora ) Ente Poste gli aveva dato la
disponibilità di un prefabbricato ad uso abitativo così come era avvenuto , a titolo
gratuito, per gli altri assegnatarii di alloggi dell’ente; che pertanto egli si era trovato
a prestare la propria attività di custode notturno e festivo senza percepire alcun
corrispettivo„ ha adito il giudice del lavoro chiedendo la condanna della convenuta
Poste Italiane S.p.A. al pagamento del corrispettivo per l’attività prestata . Il giudice
di primo grado ha accolto la domanda. La decisione è stata confermata dalla Corte
di appello . Il giudice di appello, rilevato che la concessione dell’alloggio ai sensi
dell’art. 4 del Reg. non costituiva liberalità ma corrispettivo dell’attività di custode, e
ricostruita la modalità di esecuzione di tale prestazione ( che prevedeva un turno ogni
due settimane), ha ritenuto che l’obbligazione originariamente assunta dall’ (allora) )
Ente Poste di concedere a titolo gratuito l’immobile ad uso abitativo quale
corrispettivo dell’attività di custode era venuta meno per impossibilità della
prestazione a carico della parte datoriale. Ha osservato che avendo l’Esposito
continuato a prestare l’attività di custode e che tale prestazione era stata accettata
dalla parte datrice si era costituito per facta concludentia un nuovo rapporto che
aveva in comune con il precedente la prestazione del lavoratore, senza che nulla
fosse pattuito in ordine al corrispettivo. Era da escludere che tale corrispettivo fosse
rappresentato, come preteso da Poste, dall’assegnazione del prefabbricato perché tale
assegnazione era intervenuta dopo circa un mese, quando il nuovo rapporto di era già
sorto e perché nel verbale di consegna Poste non aveva specificato che l’assegnazione
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un immobile nel quale aveva abitato con la sua famiglia; che in seguito agli eventi

del prefabbricato costituiva corrispettivo della prestazione . Né una univoca volontà
in tal senso era desumibile dalla sola circostanza dell’assegnazione del prefabbricato
a titolo gratuito posto che , come emerso dalla prova testimoniale, l’Ente Poste
aveva assegnato beni analoghi non solo a dipendenti che. espletavano le mansioni di
custode ma anche a soggetti diversi . Correttamente pertanto il primo giudice aveva

continuato ad espletare dopo che l’alloggio era stato danneggiato a causa degli eventi
sismici, corrispettivo commisurato al valore corrispondente all’uso dell’immobile
concesso al dipendente prima del verificarsi dell’evento richiamato.
Per la cassazione della decisione ha proposto ricorse Poste Italiane S.p.A. sulla base
di un unico articolato motivo.
L’intimato ha depositato controricorso l 🙁 con il quale ha preliminarmente eccepito
l’inammissibilità del quesito di diritto oltre che la infondatezza nel merito del
motivo di ricorso.

Motivi della decisione

Con unico, articolato motivo Poste Italiane S.p.A. ha dedotto , ai sensi dell’art. 360,
comma 1, n. 3 , cod. proc. civ. , la violazione e falsa applicazione degli artt. 1230 ,
1256, 1327 , 1463 cod. civ. , dell’art. 4 del Regolamento per l’assegnazione e la
gestione degli alloggi di servizio P.T e A.S.S.T. approvato con D.M 19.7. 1984 . ,
Ha dedotto in particolare che la esecuzione della prestazione da parte dell’Esposito ,
pur dopo che gli eventi sismici avevano determinato la impossibilità di continuare a
fruire dell’alloggio , aveva comportato la conclusione per facta concludentia di un
nuovo rapporto obbligatorio. Ha richiamato a tal fine l’art 1327 cod. civ. in tema di
esecuzione del contratto prima della risposta dell’accettante e sostenuto che nel caso
di specie si era instaurato un nuovo rapporto obbligatorio a prestazioni corrispettive e
che il corrispettivo dell’attività di custode era rappresentato dalla fruizione
dell’alloggio assegnato in sostituzione del precedente danneggiato dal sisma ; la
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affermato il diritto dell’Esposito ad un corrispettivo per l’attività di custode che aveva

accettazione del lavoratore della proposta di Poste si era realizzata sotto forma di
esecuzione della prestazione lavorativa . Parte ricorrente ha censurato che nel caso di
specie la Corte territoriale non avesse considerato la estinzione dell’originario
rapporto per effetto della impossibilità sopravvenuta relativa al godimento
dell’alloggio concesso da Poste. Ha dedotto che il comportamento delle parti aveva

rapporto lavorativo . Ha sostenuto la errata interpretazione dell’atto di concessione
dell’alloggio sostenendo che non si trattava di atto di liberalità ma rappresentava il
corrispettivo dell’attività di custode
Il motivo è infondato. La ricostruzione operata nella sentenza impugnata in ordine
alla instaurazione tra le parti di un nuovo rapporto caratterizzato dalla prestazione
dell’attività di custode da parte dell’Esposito e dalla mancata specifica previsione di
un corrispettivo non risulta contrastato in modo idoneo dalle censure svolte.
Si premette che la sentenza non affronta espressamente la questione relativa alla
riconducibilità della condotta dell’Esposito alla ipotesi di cui all’art. 1327 cod. civ. in
tema di esecuzione del contratto prima della risposta dell’accettante. Era pertanto
onere della società ricorrente, per il principio di autosufficienza del ricorso, dedurre
di avere prospettato tale questione nelle precedenti sedi di merito, dovendosi
evidenziare che essa implicava comunque un accertamento di fatto rappresentato
dalla verifica della eventuale proposta e dei relativi termini provenienti dall’Ente
Poste alla quale l’Esposito aveva con il comportamento dato esecuzione. Questa
Corte ha infatti ripetutamente puntualizzato che qualora una determinata questione
giuridica – che implichi accertamenti di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella
sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione in sede di
legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della
censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi
al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per
cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar
modo alla Corte di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione, prima di
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dimostrato per fatti concludenti l’ animus novandi e la volontà di instaurare un nuovo

esaminare nel merito la questione stessa.( Cass. n. 1453 del 2013. Cass n. 2.4.2004 n.
6542; id. 10.5.2005 n. 9765; 12.7.2005 n. 14599; 11.1.2006 n. 230; 20.10.2006 n.
22540;. 27.5.2010n. 12912, 22.1.2013 n. 1435)
Le allegazioni di parte ricorrente secondo le quali la sentenza impugnata non
avrebbe tenuto conto di quanto dedotto dalla società in ordine all’istituto della

conseguente continuazione della sua prestazione lavorativa consistente
nell’espletamento della mansioni di custode risultano, per la loro genericità, inidonee
a contrastare l’accertamento operato dal giudice di appello. In ordine poi al dedotto
errore di interpretazione dell’atto di concessione dell’alloggio e del verbale di
consegna del prefabbricato si rileva in primo luogo che i documenti sui quali la
censura si fonda non potevano, come avvenuto, essere evocati con mero rinvio alla
“documentazione in atti” . Questa Corte ha infatti chiarito che il requisito dell’art.
366 c.p.c., n. 6, per essere assolto, postula che sia specificato in quale sede
processuale il documento, pur indicato nel ricorso, risulta prodotto, poiche’ indicare
un documento significa necessariamente, oltre che specificare gli elementi che
valgono ad individuarlo, dire dove nel processo e’ rintracciabile. La causa di
inammissibilita’ prevista dal nuovo art. 366 c.p.c., n. 6, è direttamente ricollegata al
contenuto del ricorso, come requisito che si deve esprimere in una indicazione
contenutistica dello stesso (si veda, in termini, Cass. sez. un. n. 28547 del 2008; ord.
sez. un. n.7161 del 2010; ord. n. 17602 del 2011). Inoltre parte ricorrente, nel
dedurre l’errore di interpretazione del contenuto dell’atto di assegnazione
dell’alloggio non si confronta con la ricostruzione della vicenda operata dal giudice
di appello nella sentenza impugnata la quale non ha espressamente richiamato l’atto
di concessione dell’alloggio / ma si è limitata a da attribuire rilevanza al fatto che
l’assegnazione del ( nuovo) alloggio era intervenuta quando il nuovo rapporto era già
sorto per effetto del comportamento concludente delle parti e quanto al verbale di
consegna a rilevare che in esso non era stato enunciato che l’assegnazione del modulo
abitativo costituiva controprestazione dell’attività di custode . In ogni caso parte
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novazione, all’accettazione da parte del ricorrente del diverso alloggio e alla

ricorrente oltre a non specificare – se non con generico riferimento alla
documentazione in atti — dove tali documenti erano stati prodotti, non ha neppure
indicato, come era suo onere quale era l’errore interpretativo nel quale era incorsa la
sentenza impugnata . Questa Corte ha chiarito che “In materia di interpretazione del
contratto, l’accertamento della volontà degli stipulanti, in relazione al contenuto del

merito, onde la possibilità di censurare tale accertamento in sede di legittimità, a parte
l’ipotesi in cui la motivazione sia così inadeguata da non consentire la ricostruzione
del percorso logico seguito da quel giudice per giungere ad attribuire all’atto
negoziale un determinato contenuto, è limitata al caso di violazione delle norme
ermeneutiche, violazione da dedursi, peraltro, con la specifica indicazione nel ricorso
per cassazione del modo in cui il ragionamento del giudice si sia da esse discostato,
poiché, in caso contrario, la critica alla ricostruzione del contenuto della comune
volontà si sostanzia nella proposta di un’interpretazione diversa. In altri termini, il
ricorso in sede di legittimità, riconducibile, in linea generale, al modello
dell’argomentazione di carattere confutativo, laddove censuri l’interpretazione del
contratto accolta dalla sentenza impugnata, non può assumere tutti i contenuti di cui
quel modello è suscettibile, dovendo limitarsi ad evidenziare l’invalidità
dell’interpretazione adottata attraverso l’allegazione (con relativa dimostrazione)
dell’inesistenza o dell’assoluta inadeguatezza dei dati tenuti presenti dal giudice di
merito o anche solo delle regole giustificative (anche implicite) che da quei dati
hanno condotto alla conclusione accolta, e non potendo, invece, affidarsi alla mera
contrapposizione di un risultato diverso sulla base di dati asseritamente più
significativi o di regole di giustificazione prospettate come più congrue. ” (Cass.
23.8.2006 n. 18375 ).
Il ricorso va pertanto rigettato
Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
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negozio, si traduce in un’indagine di fatto affidata in via esclusiva al giudice di

La Corte rigetta il ricorso. Condanna Poste Italiane s.p.a. alle spese del giudizio di cui
€50,00 per esborsi e € 3000,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge.

Roma, camera di consiglio del 15 febbraio 2013

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