Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18408 del 26/07/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 26/07/2017, (ud. 18/11/2016, dep.26/07/2017),  n. 18408

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente –

Dott. GRILLO Renato – rel. Consigliere –

Dott. NOVIK Adet Toni – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. MANCUSO Luigi Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 26974-2012 proposto da:

G.A., elettivamente domiciliata in ROMA VIA GIUSEPPE

FERRAI 12, presso lo studio dell’avvocato SERGIO SMEDILE,

rappresentata e difesa dall’avvocato MAURIZIO AFELTRA giusta delega

a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE 2 DI NAPOLI in persona

del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 465/2011 della COMM. TRIB. REG. di NAPOLI,

depositata il 25/10/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/11/2016 dal Consigliere Dott. GRILLO RENATO;

udito per il controricorrente l’Avvocato URBANI NERI che ha chiesto

l’inammissibilità;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO FEDERICO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Commissione Tributaria Regionale della Campania con sentenza del 3 ottobre 2011 respingeva l’appello proposto da G.A. avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Napoli depositata il 29 marzo 2010 con la quale era stato rigettato il ricorso proposto dalla stessa G. avverso l’avviso di liquidazione n. 39244/08 notificatole l’8 maggio 2008 dall’Agenzia delle Entrate – Ufficio territoriale di Castellammare di Stabia – a titolo di imposta suppletiva di registro, oltre sanzioni ed interessi, per omessa registrazione della scrittura privata del 7 luglio 2003 avente per oggetto la vendita di un terreno per Euro 601.672,00.

Con la decisione oggi impugnata, la CTR della Campania osservava che, in modo del tutto corretto, la Commissione Tributaria Provinciale aveva ritenuto, conformemente a quanto segnalato dall’Ufficio delle Imposte, che la scrittura privata in questione non era un compromesso come sostenuto dalla parte ricorrente, ma un atto di compravendita, sicchè l’atto successivamente stipulato il 13 marzo 2008, non aveva le caratteristiche di atto definitivo di vendita bensì costituiva la formalità necessaria per consentire la trascrizione nei pubblici registri del trasferimento del bene.

Ricorre avverso tale decisione G.A. denunciando con unico, articolato, motivo violazione e falsa applicazione dell’art. 12 delle Disp. Prel. c.c., nonchè degli artt. 1362,1367,1472 e 1385 c.c. e del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 30, comma 2 e comma 4 bis. In particolare osserva parte ricorrente che ai fini della qualificazione giuridica dell’atto (se cioè atto preliminare o atto definitivo di vendita) assume rilievo decisivo l’accordo inter partes su tutti gli elementi essenziali del trasferimento del bene; ancora, che la somma corrisposta all’atto della stipula della scrittura preliminare del 7 luglio 2003 rappresentava solo una parte del prezzo stabilito per la compravendita e infine, che la mancata allegazione alla detta scrittura privata del certificato di destinazione urbanistica doveva ritenersi sintomatica della natura di contratto preliminare in quanto se si fosse dovuto ritenere atto di compravendita a tutti gli effetti la vendita avrebbe dovuto essere considerata radicalmente nulla.

Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate contestando le argomentazioni della ricorrente e ribadendo l’esattezza della decisione impugnata relativamente alla qualificazione dell’atto del 7 luglio 2003 come atto definitivo di vendita.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso non è fondato.

2. La questione che viene sottoposta all’esame di questa Corte riguarda in particolare la qualificazione giuridica della scrittura privata del 7 luglio 2003, ritenuta – secondo l’Agenzia delle Entrate – atto definitivo di vendita al di là del nomen juris attribuito dalle parti dovendosi dare rilievo al contenuto dell’atto e – secondo la ricorrente – atto preliminare (“compromesso”) propedeutico all’atto definitivo di vendita identificabile nell’atto del 13 marzo 2008.

2.1 Secondo parte ricorrente la CTR, nel valutare la scrittura privata del 7 luglio 2003 come atto definitivo di vendita sarebbe incorsa nella inosservanza degli artt. 1362 e 1367 c.c., in quanto avrebbe erroneamente ricostruito la volontà delle parti e ricorrendo comunque una situazione di incertezza interpretativa, avrebbe dovuto interpretare la scrittura medesima nel senso in cui le varie clausole ivi contenute possono avere un qualche effetto piuttosto che nel senso in cui non ne avrebbero alcuno: ciò anche in riferimento alla mancata allegazione alla scrittura privata del certificato di destinazione urbanistica denotante univocamente la volontà effettiva delle parti di stipulare nel 2003 soltanto un atto preliminare in vista del definitivo atto di vendita, stipulato cinque anni dopo.

3. Osserva il Collegio che la CTR, muovendo dal condivisibile presupposto secondo il quale la natura preliminare o definitiva di un contratto non dipende dal nomen iuris ovvero dall’espressione letterale utilizzata dai contraenti, ma dalla loro effettiva volontà da interpretarsi da parte del giudice, è giunta alla conclusione che la scrittura privata del 7 luglio 2003 era in realtà un atto definitivo di vendita.

4. Va premesso, ai fini di una corretta soluzione della controversia, che si intende per atto preliminare di compravendita bilaterale riferito a beni immobili, quel particolare strumento contrattuale con il quale i soggetti che intendono rispettivamente vendere ed acquistare una determinato immobile si impegnano per iscritto a pena di nullità a fare ciò. Si tratta di un obbligo reciproco con efficacia vincolante attraverso il quale le parti contraenti (promittente venditore, da un lato, e promittente acquirente, dall’altro), assumono l’impegno rispettivamente, a vendere e acquistare quell’immobile mediante la stipulazione di un nuovo contratto definitivo con il quale unicamente avverrà il trasferimento di proprietà.

4.1 La differenza tra contratto preliminare “puro” e contratto definitivo di vendita è costituita dal diverso contenuto della volontà dei contraenti, diretta, nel primo caso, ad impegnare le parti a prestare in un momento successivo il loro consenso al trasferimento della proprietà, e nel secondo, ad attuare il trasferimento stesso, contestualmente o a decorrere da un momento successivo alla conclusione del contratto, senza necessità di ulteriori manifestazioni di volontà.

4.2 La qualificazione del contratto come preliminare o definitivo costituisce pertanto un accertamento di fatto, incensurabile in sede di legittimità, se sorretto da motivazione adeguata e non inficiata da vizi logici o giuridici e sia il risultato di un’interpretazione condotta nel rispetto delle regole di ermeneutica contrattuale, dettate dall’art. 1362 c.c., e segg. (Sez. 1^ 17.1.2001 n. 564, Rv. 543180; conformi Sez. 1^ 2.11.1998 n. 10961, Rv. 520292; Sez. 5^ 4.10.2006 n. 21381, Rv. 593259).

5. Sia in dottrina che in giurisprudenza è nota poi la differenza intercorrente tra il contratto preliminare proprio (quello sopra menzionato) e quello cd. “improprio”, in cui le parti, nell’assumere l’obbligo della prestazione del consenso al contratto definitivo, convengono l’anticipata esecuzione di alcune delle obbligazioni nascenti dal contratto (da qui la definizione di tale figura contrattuale, come contratto ad effetti anticipati) quale la consegna immediata del bene al promissario acquirente, con o senza corrispettivo. Tale particolare tipo di atto di fatto è equiparabile al definitivo in quanto ha un effetto traslativo immediato, fermo l’obbligo per le parti di riprodurre il consenso in una forma determinata (soprattutto ai fini della trascrizione). Si tratta di una figura contrattuale molto diffusa nella pratica delle transazioni immobiliari avente la recondita finalità di non manifestare nell’atto pubblico, per ragioni fiscali, il reale contenuto dell’atto.

5.1 Come ha avuto modo di precisare la giurisprudenza di questa Corte, in relazione a tale peculiare figura contrattuale con la quale le parti, nell’assumere l’obbligo della prestazione del consenso al contratto definitivo, convengono l’anticipata esecuzione di alcune delle obbligazioni nascenti dal contratto, quale la consegna immediata del bene al promissario acquirente, con o senza corrispettivo, si afferma che la disponibilità del bene ha luogo con la piena consapevolezza da parte dei contraenti che l’effetto traslativo non si è ancora verificato, risultando piuttosto dal titolo l’altruità della cosa (v. da ultimo Sez. 1^ 9.6.2011 n. 12634, Rv. 618361; conforme S.U. 27.3.2008 n. 7930, Rv. 602815).

6. Alla stregua di tali principi osserva il Collegio che nel caso in esame la Commissione Tributaria Regionale si è uniformata alle dette regole interpretative, avendo, sia pure richiamando per relationem la sentenza di primo grado, analiticamente motivata sul punto, qualificato l’atto come contratto definitivo sulla base di alcuni elementi univocamente sintomatici della definitività di quell’atto.

6.1 In particolare la Commissione Tributaria Regionale ha tratto tale convincimento oltre che dall’analisi della scrittura privata allegata all’atto di appello, dalle stesse espressioni adoperate dalla parte nel proprio ricorso introduttivo e nel successivo atto di appello (laddove la ricorrente afferma di aver venduto con scrittura privata del 7.7.2003 al sig. M.C. il cespite oggetto dell’accertamento).

6.2 Con il motivo dedotto parte ricorrente affronta solo in parte il profilo del difetto di motivazione per illogicità ed insufficienza, mentre quanto alla qualificazione della natura dell’atto attribuita dalla CTR, enuncia una tesi del tutto errata posto che – come esattamente ritenuto dal giudice di appello – la scrittura privata (allegata al ricorso in ossequio al principio dell’autosufficienza) deve intendersi vendita e non “compromesso” sia per le espressioni adoperate ai paragrafi 2, 3 e 6 (in cui ricorrono rispettivamente le parole “vende” e “vendita”), sia soprattutto per la contestualità del trasferimento del possesso del bene rispetto alla data di stipula della scrittura privata, come pacificamente emerge dall’ultima parte dell’art. 5 della scrittura in cui ricorre l’espressione “Il possesso del bene viene trasferito al momento della sottoscrizione della presente”.

7. Al rigetto del ricorso consegue la condanna – secondo il principio della soccombenza di parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio liquidate in Euro 4.000,00 oltre spese prenotate a debito.

PQM

 

Rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio liquidate in Euro 4.000,00 oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 18 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2017

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