Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18407 del 30/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 30/06/2021, (ud. 08/03/2021, dep. 30/06/2021), n.18407

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. ARMONE Giovanni Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11619-2016 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

D.R.A.R., elettivamente domiciliata in ROMA, V.ROMEO ROMEI

23, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO INZERILLO, rappresentata

e difesa dall’avvocato ANDREA MARICONDA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 10155/2015 della COMM. TRIB. REG. CAMPANIA,

depositata il 13/11/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio

dell’08/03/2021 dal Consigliere Dott. GIOVANNI MARIA ARMONE;

lette le conclusioni scritte del pubblico ministero in persona del

sostituto procuratore generale Dott. GIACALONE GIOVANNI che ha

chiesto che codesta S.C., in camera di consiglio, accolga il ricorso

ed emetta le pronunzie conseguenti per legge.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

1. l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania n. 10155/32/15, depositata il 13 novembre 2015, con cui, in riforma della sentenza di primo grado, è stato accolto l’originario ricorso della contribuente signora D.R.A.R., diretto avverso un avviso di accertamento IRPEF e altro per l’anno 2008;

2. il ricorso è affidato a sei motivi;

Diritto

3. la contribuente si è costituita nel giudizio con controricorso. RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

1. con il primo motivo di ricorso, parte ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza impugnata per violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 3, comma 2, n. 4 (rectius, art. 36, comma 2, n. 4);

2. con il secondo motivo di ricorso, parte ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 112 c.p.c.;

3. con il terzo motivo di ricorso, parte ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione degli artt. 2472 ss. c.c., nonchè dell’art. 44 TUIR, lett. e), e art. 47 TUIR;

4. con il quarto motivo di ricorso, parte ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di fatti decisivi e controversi, relativamente alla natura della società di cui la contribuente era socia unica;

5. con il quinto motivo di ricorso, parte ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 42, dell’art. 2697 c.c., dell’art. 2700 e ss. c.c., e dell’art. 2727 e ss. c.c.;

6. con il sesto motivo di ricorso, parte ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di fatti decisivi e controversi, relativamente alle circostanze attestate dal processo verbale;

7. il primo motivo è infondato, poichè si ha nullità della sentenza del giudice tributario per violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36, quando, per effetto di una mera e acritica adesione alla sentenza di primo grado ovvero per altri fattori, sia del tutto impossibile comprendere la fattispecie concreta, l’autonomia del processo deliberativo compiuto e la riconducibilità dei fatti esaminati al principio di diritto richiamato;

8. nella specie, la CTR, per quanto in termini sintetici e come si dirà erronei, ha motivato l’accoglimento dell’appello della contribuente, affermando che l’Amministrazione non avrebbe dimostrato quanto affermato nell’atto impositivo, e cioè che nella vicenda in esame vi sarebbe stata una società di fatto;

9. tanto è sufficiente a escludere la fondatezza della censura mossa;

10. il secondo, il terzo e il quarto motivo, da esaminarsi congiuntamente per la loro stretta connessione, sono invece fondati;

11. l’accertamento compiuto dall’Amministrazione si fondava, alla luce dell’avviso di cui in ricorso è stato fedelmente trascritto il contenuto, sul presupposto che la D.R. fosse formalmente socia unica al 100% di una s.r.l., la Auto One, che era in realtà organizzata e gestita con altri quattro soggetti, dando luogo dunque, secondo l’impostazione dell’Amministrazione, a una società di fatto pluripersonale;

12. da ciò l’Amministrazione ha fatto conseguire l’imputazione alla D.R. del 20% dei ricavi non contabilizzati della società (ricavi totali divisi per cinque, ossia la socia formale e i quattro soci di fatto), da considerarsi utili distribuiti e dunque redditi da capitale, e il successivo accertamento del corrispondente maggior reddito, nella misura del 40% del reddito da capitale di ciascuno dei soci, ex artt. 44 e 47 TUIR, su cui è stata applicata l’imposta;

13. la CTR, nell’escludere l’esistenza di una società di fatto, ne ha fatto derivare una conseguenza sproporzionata, escludendo l’accertamento di maggior reddito anche nei confronti della D.R., ma così trascurando che la sua qualità di socia formale e unica della società risultava dal p.v.c. e non era mai stata messa in discussione da alcuno;

14. in altri termini, anche a voler escludere la sussistenza della società di fatto ravvisata dall’Ufficio o, meglio, il ruolo di soci occulti degli altri quattro soggetti che i verificatori avevano identificato e qualificato come gestori della società, quel che resta incontestato (e che la CTR ha omesso di esaminare) è l’accertamento di un maggior reddito in capo alla società Auto One s.r.l. e dunque di un reddito da capitale pari al 20% del maggior reddito accertato almeno in capo alla odierna controricorrente, la cui qualità di socia (unica) della società non è mai stata messa in discussione (va ricordato al riguardo l’insegnamento di questa S.C., secondo cui, in materia di imposte sui redditi, nell’ipotesi di società di capitali a ristretta base sociale è ammissibile la presunzione di attribuzione ai soci di utili extracontabili, che si giustifica proprio per la ristrettezza dell’assetto societario, che implica un vincolo di solidarietà e di reciproco controllo dei soci nella gestione sociale – Cass. 29/07/2016, n. 15824, Cass. 24/01/2019, n. 1947, Cass. 19/12/2019, n. 33976);

15. quel reddito era stato dunque correttamente accertato, con conseguente legittimità del recupero della relativa imposta, come esposta nell’avviso di accertamento;

16. il non aver riconosciuto la legittimità di questo recupero nei confronti della D.R., al di là della esistenza della società di fatto o del ruolo giocato dai soci occulti, vizia la sentenza impugnata;

17. il quinto e il sesto motivo sono inammissibili per carenza di interesse;

18. essi contestano la sentenza della CTR per non aver riscontrato l’esistenza di una società di fatto, nonostante la presenza di indizi precisi e concordanti, che emergevano già dal p.v.c. posto alla base dell’avviso di accertamento;

19. alla luce della ricostruzione compiuta nei paragrafi precedenti e della circostanza che la causa odierna verte esclusivamente tra l’Agenzia e la D.R., deve escludersi che l’Agenzia abbia un interesse apprezzabile ad accertare nei confronti di quest’ultima l’esistenza di una società di fatto, posto che, comunque, la misura del reddito da capitale alla stessa imputato non muterebbe in conseguenza di un simile accertamento;

20. la sentenza impugnata va dunque annullata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, deve essere rigettato l’originario ricorso della contribuente;

21. le spese dei giudizi di merito devono essere compensate, mentre quelle del giudizio di legittimità poste a carico della parte soccombente e liquidate nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara infondato il primo motivo, inammissibili il quinto e il sesto; accoglie il ricorso in relazione al secondo, al terzo e al quarto motivo, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso della contribuente; compensa le spese dei giudizi di merito e condanna parte controricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidandole in complessivi Euro 2.300,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 8 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2021

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