Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18405 del 12/07/2018


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 18405 Anno 2018
Presidente: CRISTIANO MAGDA
Relatore: ZOSO LIANA MARIA TERESA

SENTENZA

sul ricorso 10856-2011 proposto da:
SOGEPA GENERALE PARTECIPAZIONI SPA IN LIQUIDAZIONE in
persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA STUDIO LEGALE MACCHI
DI CESARE GANGEMI, VIA GIUSEPPE CUBONI 12, presso lo
studio dell’avvocato STEFANO PETRECCA, che lo
rappresenta e difende unitamente agli avvocati ANDREA
GEMMA, GIOVANNI MARONGIU;
– ricorrenti contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI

Data pubblicazione: 12/07/2018

PORTOGHESI

12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 143/2010 della COMM.TRIB.REG.
di ROMA, depositata il 20/09/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
08/06/2018

dal Consigliere Dott. LIANA

MARIA TERESA ZOSO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. UMBERTO DE AUGUSTINIS che ha concluso
per il rigetto del ricorso;
uditi per il ricorrente gli Avvocati PETRECCA e GEMMA
che hanno chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato GAROFOLI che
ha chiesto il rigetto.

udienza del

R.G. 10856/2011
ESPOSIZIONE DEI FATTI DI CAUSA
1. La società SO.GE.PA . s.p.a., quale incorporante della società ALS s.p.a., già Alenia
Spazio s.p.a., impugnava l’avviso di accertamento con cui veniva accertata per l’anno 2001 la
maggiore imposta Irpeg per euro 7.603.979,00 e la maggior imposta Irap per euro 897.427,00
nonché veniva irrogata la sanzione pecuniaria di euro 8.501.406,00.
La ripresa a tassazione derivava dalla contestata violazione da parte della società
dell’articolo 60, comma 2, ultimo periodo, del d.p.r. 917/1986, vigente

ratione temporis, in

annuale. In particolare, la società aveva stipulato con la CONFIRI INVEST B.V. un contratto
per la fornitura e messa in orbita di un satellite ed era stato convenuto che il prezzo pattuito
sarebbe stato corrisposto in rate definite istallments in corrispondenza di fasi della produzione
definite milestones certificate di volta in volta dalla committente CONFIRI. L’ufficio riteneva che
la valutazione delle rimanenze dovesse essere effettuata in base ai corrispettivi liquidati, così
come disposto dall’articolo 60, comma 2, ultima parte del d.p.r. 917/1986 mentre la
contribuente riteneva che la valutazione dovesse essere fatta sulla base dei corrispettivi
pattuiti, ai sensi dell’articolo 60, comma 2, prima parte. Sosteneva la contribuente che gli
importi incassati nell’anno 2001 non potevano essere qualificati a titolo di corrispettivi liquidati
in corrispondenza di specifici stati di avanzamento lavori ma dovevano essere qualificati quali
meri acconti che non concorrevano alla formazione del risultato economico dell’esercizio in
quanto rappresentavano operazioni finanziarie che determinavano semplici rapporti di debito e
credito tra le due parti contraenti. Il corretto inquadramento di tali pagamenti determinava il
diverso criterio di valutazione delle rimanenze e, secondo la contribuente, andava effettuato
sulla base dei corrispettivi pattuiti proprio perché essi dovevano essere ritenuti meri acconti.
La commissione tributaria provinciale di Roma accoglieva il ricorso. Proponeva appello
l’agenzia delle entrate e la commissione tributaria regionale del Lazio lo accoglieva sul rilievo
che le somme percepite dalla contribuente nell’anno di imposta si dovevano considerare
rennunerazione dei lavori fino a quel momento eseguiti e ritenuti capaci di soddisfare le
esigenze dell’utilizzatore finale. Ciò si evinceva dalla interpretazione del contratto, ove era
previsto che i pagamenti sarebbero avvenuti al raggiungimento delle singole

milestones

secondo il giudizio dell’utilizzatore finale del satellite, sicché il pagamento di ogni rata del
prezzo contabile identificava un preciso momento della complessiva lavorazione il cui
raggiungimento era stato previamente certificato in forma scritta. Si doveva ritenere, quindi,
che le cosiddette milestones identificassero, comunque, nell’ambito dell’oggetto unitario del
contratto e a ragione del carattere dell’indivisibilità della commessa, parti eseguite dell’intero
satellite. Proprio l’impossibilità di frazionare o suddividere in specifici lotti una commessa
pluriennale come quella in esame aveva indotto le parti contrattuali a predeterminare le date
di pagamento ed i corrispettivi importi di ciascuna rata in correlazione con il raggiungimento di
ogni milestone,

ovvero in correlazione al raggiungimento del valore di una determinata

materia di valutazione delle rimanenze finali delle opere, forniture e servizi di durata ultra

prestazione o parte eseguita della commessa verificata e approvata dall’utilizzatore finale. Con
riguardo alla domanda subordinata della società resistente intesa ad ottenere la disapplicazione
delle sanzioni, rilevava la CTR che non sussistevano le condizioni di incertezza richieste dal
decreto legislativo 546/92, articolo 8, e dal decreto legislativo 472/1997, articolo 6, comma 2,
collegata ad una caratteristica intrinseca ed oggettiva del dato normativo, riguardando,
semmai, tali condizioni l’interpretazione delle clausole e degli accordi contrattuali.
2. Avverso la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione la contribuente affidato a
cinque motivi. L’agenzia delle entrate si è costituito in giudizio con controricorso.

1. Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 n. 3
cod. proc. civ., in relazione all’articolo 60 del d.p.r. 917/86 vigente ratione temporis. Sostiene
che la CTR non ha correttamente compreso la complessa struttura contrattuale – che non
contemplava in alcun modo l’effettuazione di pagamenti che si configuravano come
remunerazione dei lavori fino a quel momento eseguiti e capaci di soddisfare le esigenze
dell’utilizzatore finale – ed aveva fatto scorretta applicazione dell’articolo 60 citato. Invero
l’espressione milestone utilizzata dai contraenti esprimeva un determinato momento della
complessiva lavorazione che, per la sola volontà delle parti espressa in contratto e non per il
grado di avanzamento dei lavori, assumeva rilevanza decisiva ai fini del versamento degli
acconti. Inoltre la CTR aveva fornito un’interpretazione illegittima dell’articolo 60 del Tuir
poiché, allorquando la norma stabilisce che per le opere coperte da stati di avanzamento dei
lavori la valutazione delle rimanenze deve essere svolta in base ai corrispettivi liquidati non
vuoi dire che alle rimanenze deve essere attribuito il medesimo valore dell’ammontare
liquidato attribuendo a tali importi rilevanza reddituale. Invero tale disposizione trova
applicazione solo dove esista uno stato di avanzamento lavori che non sia tale, per la rilevanza
negoziale che le parti hanno inteso attribuirgli, da rendere definitiva la liquidazione del
corrispettivo e, di conseguenza divisibile in lotti l’opera complessiva.
2. Con il secondo motivo deduce nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360 n. 4 cod.
proc. civ., per aver la CTR omesso di pronunciarsi sulla domanda svolta dalla contribuente nel
giudizio di appello relativa alla intrinseca contraddittorietà della motivazione dell’avviso di
accertamento laddove conteneva il richiamo sia all’articolo 60, comma 5, del Tuir sia all’articolo
60, comma 2, prima parte, del Tuir che sono disposizioni tra loro inconciliabili poiché fanno
riferimento a due distinti criteri contabili. Invero dell’avviso di accertamento l’ufficio aveva
affermato: “da quanto specificato è evidente che la valutazione delle rimanenze dei lavori in
corso si è ispirata ai principi enunciati nel quinto comma dell’articolo 60 del d.p.r. 917/86
senza che siano stati rispettati gli adempimenti previsti dallo stesso comma. Infatti nessuna
autorizzazione è stata richiesta, né concessa, per poter derogare ai fini della determinazione
del reddito alle disposizioni generali contenute nei precedenti commi dello stesso articolo”.
3. Con il terzo motivo deduce nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360 n. 4 cod. proc.
civ., per aver la CTR omesso di pronunciarsi in ordine al rilievo afferente l’omessa motivazione

2

ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DELLA DECISIONE

dell’atto impugnato relativamente alla determinazione delle sanzioni essendo esso motivato nel
modo che segue: ” le sanzioni scaturenti dai rilievi evidenziati nel presente atto sono irrogate
ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 472/97 nelle misure scaturenti dei criteri previsti
dagli articoli 7 e 12 dello stesso decreto “.
4. Con il quarto motivo deduce insufficiente motivazione circa un fatto controverso e
decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ.. Sostiene che la CTR non ha
motivato adeguatamente circa la mancanza delle obiettive condizioni di incertezza che
avrebbero legittimato la disapplicazione delle sanzioni.

civ., in relazione agli articoli 8 del decreto legislativo 546/92 e 6, comma 2, del decreto
legislativo 472/97. Sostiene che la CTR ha errato nel ritenere che non sussistessero i
presupposti per la disapplicazione delle sanzioni. Ciò in quanto il requisito dell’incertezza sulla
portata della norma sussiste quando vi è carenza di razionalità e coerenza sistematica nel testo
normativo ed occorre, per escludere l’incertezza sulla portata della norma, che la sua
formulazione letterale sia assolutamente chiara mentre, nel caso di specie, tale chiarezza non
era ravvisabile poiché la norma non consentiva l’individuazione di un significato preponderante
e secondo una valutazione che andava fatta di volta in volta sul piano meramente oggettivo.
6. Osserva la Corte che il primo motivo di ricorso è inammissibile. La ricorrente ha
censurato sotto il profilo della violazione di legge l’interpretazione del contratto compiuta dalla
CTR, la quale ha ritenuto che i pagamenti effettuati dalla committente al raggiungimento delle
c.d. milestones si dovevano considerare remunerazione dei lavori fino a quel momento eseguiti
ritenuti capaci di soddisfare le esigenze dell’utilizzatore finale e non semplici acconti. Mette
conto considerare che la Corte di legittimità ha più volte affermato il principio secondo cui
l’interpretazione del contratto e degli atti di autonomia privata costituisce un’attività riservata
al giudice di merito, ed è censurabile in sede di legittimità soltanto per violazione dei criteri
legali di ermeneutica contrattuale ovvero per vizi di motivazione, qualora la stessa risulti
contraria a logica o incongrua, cioè tale da non consentire il controllo del procedimento logico
seguito per giungere alla decisione. Ai fini della censura di violazione dei canoni ermeneutici
non è, peraltro, sufficiente l’astratto riferimento alle regole legali di interpretazione, ma è
necessaria la specificazione dei canoni in concreto violati, con la precisazione del modo e delle
considerazioni attraverso i quali il giudice se ne è discostato. In ogni caso, per sottrarsi al
sindacato di legittimità, non è necessario che quella data dal giudice sia l’unica interpretazione
possibile, o la migliore in astratto, sicché, quando di una clausola siano possibili due o più
interpretazioni, non è consentito alla parte, che aveva proposto l’interpretazione disattesa dal
giudice, dolersi in sede di legittimità del fatto che ne sia stata privilegiata un’altra ( Cass. n.
31122 del 29/12/2017; Cass. 03/09/2010, n. 19044; Cass. 12/07/2007, n. 15604; Cass.
07/03/2007, n. 5273; Cass. 22/02/2007, n. 4178).

g1/4

2. Il secondo motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza sancito

ll’art. 366

cod. proc. civ. Ciò in quanto la ricorrente si è doluta del non aver la CTR pronunciato in ordine

5. Con il quinto motivo deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 n. 3 cod. proc.

al rilievo della contraddittorietà dell’avviso di accertamento per aver esso fatto riferimento alla
norma di cui all’art. 60, comma 5, del Tuir che è norma affatto diversa da quella dell’art. 60,
comma 2. Tuttavia la ricorrente non ha riprodotto nel ricorso il testo integrale dell’avviso di
accertamento ma un solo passo di esso sicché non è dato accertare se il richiamo operato
nell’avviso di accertamento all’art. 60, comma 5, fosse stato effettuato al fine di illustrare una
possibile ricostruzione alternativa della fattispecie. Invero, qualora l’accertamento fosse stato
motivato principalmente sulla base della violazione dell’art. 60, comma 2, seconda parte, e
solo in via alternativa sull’art. 60, comma 5, la CTR , la quale ha ritenuto applicabile il ridetto

contestazione alternativa.
Omettendo di trascrivere il testo integrale dell’avviso di accertamento, la ricorrente non
ha consentito la verifica esclusivamente in base al ricorso medesimo, dovendosi considerare
che il predetto avviso non è un atto processuale, bensì amministrativo, la cui legittimità è
necessariamente integrata dalla motivazione dei presupposti di fatto e dalle ragioni giuridiche
poste a suo fondamento ( cfr. Cass. n. 9536 del 19/04/2013; Cass. n. 8312 del 04/04/2013 ).
3. Il quinto motivo di ricorso va esaminato prima del terzo e del quarto in quanto avente
carattere assorbente di essi.
La Corte di legittimità (cfr. Cass. n. 13076 del 24/06/2015; Cass. n. 4394 del 24/2/2014;
Cass. n. 3113 del 12/2/2014; Cass. n. 24670 del 28/11/2007) è ripetutamente intervenuta a
definire l’ambito di non debenza delle sanzioni enunciando i seguenti principi di diritto: per
“incertezza normativa oggettiva tributaria” deve intendersi la situazione giuridica oggettiva,
che si crea nella normazione per effetto dell’azione di tutti i formanti del diritto, tra cui in primo
luogo, ma non esclusivamente, la produzione normativa, e che è caratterizzata
dall’impossibilità, esistente in sè ed accertata dal giudice, d’individuare con sicurezza ed
univocamente, al termine di un procedimento interpretativo metodicamente corretto, la norma
giuridica sotto la quale effettuare la sussunzione di un caso di specie; l’incertezza normativa
oggettiva costituisce una situazione diversa rispetto alla soggettiva ignoranza incolpevole del
diritto come emerge dal D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 6 che distingue in modo netto
le due figure dell’incertezza normativa oggettiva e dell’ignoranza (pur ricollegandovi i medesimi
effetti) e perciò l’accertamento di essa è esclusivamente demandata al giudice e non può
essere operato dalla amministrazione; l’incertezza normativa oggettiva non ha il suo
fondamento nell’ignoranza giustificata, ma nell’impossibilità, abbandonato lo stato d’ignoranza,
di pervenire comunque allo stato di conoscenza sicura della norma giuridica tributaria.
L’essenza del fenomeno dell’incertezza normativa oggettiva si può rilevare attraverso una serie
di fatti indice, che spetta al giudice accertare e valutare nel loro valore indicativo, e che sono
stati individuati a titolo di esempio e, quindi, non esaustivamente: 1) nella difficoltà
d’individuazione delle disposizioni normative, dovuta magari al difetto di esplicite previsioni di
legge; 2) nella difficoltà di confezione della formula dichiarativa della norma giuridica; 3) nella
difficoltà di determinazione del significato della formula dichiarativa individuata; 4) nella
4

art. 60, comma 2, seconda parte, non sarebbe stata tenuta a motivare anche in ordine alla

mancanza di informazioni amministrative o nella loro contraddittorietà; 5) nella mancanza di
una prassi amministrativa o nell’adozione di prassi amministrative contrastanti; 6) nella
mancanza di precedenti giurisprudenziali; 7) nella formazione di orientamenti giurisprudenziali
contrastanti, magari accompagnati dalla sollecitazione, da parte dei Giudici comuni, di un
intervento chiarificatore della Corte costituzionale; 8) nel contrasto tra prassi amministrativa e
orientamento giurisprudenziale; 9) nel contrasto tra opinioni dottrinali; 10) nell’adozione di
norme di interpretazione autentica o meramente esplicative di norma implicita preesistente.
Tali fatti indice devono essere accertati, esaminati ed inseriti in procedimenti interpretativi

loro contrastanti ed incompatibili. Costituisce, quindi, causa di esenzione del contribuente dalla
responsabilità amministrativa tributaria una condizione di inevitabile incertezza sul contenuto,
sull’oggetto e sui destinatari della norma tributaria, ossia l’insicurezza ed equivocità del
risultato conseguito attraverso la sua interpretazione”.
Nella fattispecie sussistono le obiettive condizioni di incertezza nell’applicazione
dell’articolo 60 del Tuir idonee ad escludere la funzionalità della condotta. Ciò in quanto da un
lato la norma in sé non è chiara poiché non consente di pervenire alla distinzione basata su
dati obiettivi dei pagamenti effettuati a seguito di stati di avanzamento e di quelli effettuati al
titolo di acconto, dall’altro mette conto considerare che sussisteva incertezza sia in ordine alla
prassi indicata dall’amministrazione finanziaria con circolari e note sia in ordine
all’interpretazione dottrinale delle norme, di talché le sanzioni non appaiono dovute.
4. Va, dunque, accolto il quinto motivo, assorbiti il terzo ed il quarto e vanno dichiarati
inammissibili il primo ed il secondo. L’impugnata sentenza va cassata; non essendo necessari
ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, a norma dell’art. 384, comma 2,
cod. proc. civ., e il ricorso originario della contribuente va parzialmente accolto dichiarandosi
non dovute le sanzioni. Le spese dell’intero giudizio si compensano in considerazione della
reciproca soccombenza e della mancanza di giurisprudenza univoca in ordine al punto
controverso.
P.Q.M.

La Corte accoglie il quinto motivo di ricorso, dichiara assorbiti il terzo ed il quarto ed
inammissibili il primo ed il secondo, cassa la sentenza d’appello e, decidendo nel merito,
sr.A ev-&-ro
accoglie parzialmente il ,,,–arigtnario della contribuente dichiarando non dovute le sanzioni.
Compensa le spese dell’intero giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 8 gigno 2018.

della formazione che siano metodicamente corretti e che portino inevitabilmente a risultati tra

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