Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18402 del 04/09/2020

Cassazione civile sez. trib., 04/09/2020, (ud. 31/01/2020, dep. 04/09/2020), n.18402

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. DI PAOLA Luigi – rel. Consigliere –

Dott. MAISANO Giulio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18405-2013 da:

D.A., elettivamente domiciliato in ROMA VIA C. CORVISIERI

54, presso lo studio dell’avvocato CHIARA CAROLI, rappresentato e

difeso dall’avvocato GIUSEPPE RINALDI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta difende;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 122/2013 della COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di

TARANTO, depositata il 22/05/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

31/01/2020 dal Consigliere Dott. DI PAOLA LUIGI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

con la gravata sentenza, in riforma della pronuncia della Commissione tributaria provinciale di Taranto è stato dichiarato legittimo l’avviso di accertamento (n. (OMISSIS)) impugnato da D.A., esercente attività di commercio al dettaglio di pesci, crostacei e molluschi, con il quale erano stati al medesimo contestati con metodo induttivo, per l’anno di imposta 2003, maggiori ricavi non contabilizzati per Euro 115.294,80;

per la cassazione della decisione ha proposto ricorso il D., affidato a tre motivi;

l’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo, il ricorrente – denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – si duole che il giudice del gravame sia incorso nel vizio di omessa motivazione per aver dapprima riconosciuto applicabile la percentuale di ricarico medio della zona per il settore pari al 44,56% e, poi, non coerentemente, confermato la validità dell’accertamento effettuato con l’applicazione della percentuale di ricarico pari al 62,13%; lamenta, inoltre, che il predetto giudice abbia ritenuto gravi, precise e concordanti le presunzioni poste a base dell’accertamento induttivo, tali da comportare l’inversione dell’onere della prova, ma senza indicare alcuna motivazione al riguardo;

con il secondo motivo – denunciando violazione e falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – censura la percentuale di ricarico applicata dalla CTR nella rideterminazione del reddito, in quanto avulsa da qualsiasi riferimento concreto al tipo di attività compiuta ed alle circostanze spazio-temporali in cui la società operava, essendosi fatto luogo all’applicazione induttiva del ricarico del 62,13% sul pesce fresco di giornata alla merce “che troverà, invece, acquirenti solo nei giorni a venire o che addirittura risulterà invendibile”; si duole, inoltre, che si sia provveduto ad attribuire al campione “pesce” venduto sul banco al momento dell’accesso il valore identificativo di tutta la merce acquistata nell’intero anno senza distinguere tra varie tipologie e differenti qualità, sicchè la percentuale di ricarico sarebbe stata erroneamente calcolata per non essere stata effettuata una media aritmetica ponderata del prezzo di vendita, “dacchè le vendite non venivano effettuate ad un prezzo fisso”;

con il terzo motivo – denunciando violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – lamenta che la CTR, “incorrendo per l’ennesima volta nel vizio di omessa motivazione”, abbia avallato la condotta dell’Ufficio, il quale avrebbe compiuto un errore nell’applicare nell’anno 2003 la stessa percentuale di ricarico dell’anno 2005, senza tener conto “della forte rilevanza che la suddetta variabile ha nel settore delle pescherie”.

Ritenuto che:

il primo motivo è infondato, poichè il giudice di appello ha evidenziato che la percentuale di ricarico del 44,56%, riferita allo stesso settore merceologico (e nell’ambito della stessa città) in cui operava il ricorrente aveva legittimato l’accertamento induttivo, attesa la esiguità del ricarico denunciato, pari al 4%; ed ha aggiunto che la ricostruzione della percentuale di ricarico di fatto era poi stata effettuata sulla base del ricavo calcolato “con media ponderata (non contestata)” alla luce delle risultanze – ritenute determinanti – del contraddittorio, nell’ambito del quale il ricorrente aveva ammesso che non vi erano state variazioni, nell’ultimo triennio, nella concorrenza, nella clientela e nella politica commerciale, mentre aveva dichiarato un ricarico di gran lunga superiore; il predetto giudice ha, inoltre, con motivazione logica ed esauriente, assegnato valore di presunzioni qualificate a tali elementi di fatto, con conseguente preclusione del sindacato di legittimità al riguardo (cfr., da ultimo, Cass. 26/02/2019, n. 5484: “La prova per presunzione semplice, che può anche costituire l’unica fonte del convincimento del giudice, integra un apprezzamento di fatto che, se coerentemente motivato, non è censurabile in sede di legittimità”; sulla rilevanza dell’abnormità della percentuale di ricarico v., da ultimo, Cass. 30/10/2018, n. 27552: “In tema di accertamento, l’Amministrazione finanziaria può determinare il reddito del contribuente in via induttiva, pur in presenza di

contabilità formalmente regolare, ove quest’ultima sia intrinsecamente inattendibile per l’antieconomicità del comportamento del contribuente, che può desumersi anche da un unico elemento presuntivo, purchè preciso e grave, quale l’abnormità della percentuale di ricarico”);

il secondo motivo è inammissibile, poichè con esso si tende, in buona sostanza, al conseguimento di una revisione del giudizio valutativo compiuto dal giudice di merito, in contrasto con i noti limiti del giudizio di legittimità, e, per di più, si fa con lo stesso valere, erroneamente, una violazione di legge (cfr., sul punto, Cass. 16/12/2009, n. 26312, secondo cui “la scelta tra il criterio della media aritmetica semplice e della media ponderale dipende, rispettivamente, dalla natura omogenea o disomogenea degli articoli e dei ricarichi – circostanze la cui valutazione costituisce apprezzamento di merito, incensurabile in sede di legittimità sotto il profilo della violazione di legge”); peraltro, la determinazione, nel caso, del ricarico con “media ponderata” è attestata dalla stessa sentenza (cfr. il seguente passaggio: “Di tutto ciò è dato atto nel verbale di accertamento nel quale “alla luce di questi elementi” procede al ricavo con media ponderata – non contestata – alla ricostruzione della percentuale di ricarico di fatto”);

il terzo motivo è altresì da disattendere, perchè con esso, in sostanza, si sollecita, impropriamente, anche mediante il richiamo al vizio di omessa motivazione, il sindacato di legittimità su profili di merito; del resto, il giudice del gravame ha esplicitato, con puntuali argomentazioni, le ragioni per cui non è stato ritenuto decisivo il rilevo, effettuato dal contribuente, della discontinuità cronologica ed economica fra l’anno considerato (i.e.: 2003) e quello preso a parametro (i.e.: 2005), incentrate, in particolare, sulla valorizzazione del verbale di contraddittorio, dal quale era emerso che, a fronte della esiguità del ricarico, il contribuente non aveva evidenziato particolari difficoltà del settore o della sua attività nell’anno di interesse, avendo ammesso che tutto era rimasto immutato rispetto ad altri anni in cui erano stati denunziati ben altri redditi; le conclusioni cui è pervenuta sul punto la CTR sono pertanto in linea con l’orientamento – di cui è espressione Cass. 29/12/2016, n. 27330 – secondo cui “In tema di accertamento analitico induttivo del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, comma 1, lett. d), le percentuali di ricarico, accertate con riferimento ad un determinato anno fiscale, costituiscono validi elementi indiziari, da utilizzare secondo i criteri di razionalità e prudenza, per ricostruire i dati corrispondenti relativi ad anni precedenti o successivi, atteso che, in base all’esperienza, non si tratta di una variabile occasionale, per cui incombe sul contribuente, anche in virtù del principio di vicinanza della prova, l’onere di dimostrare i mutamenti del mercato o della propria attività che possano giustificare in altri periodi l’applicazione di percentuali diverse”;

al rigetto del ricorso segue il pagamento delle spese di lite, determinate come in dispositivo;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

rigetta il ricorso; condanna il contribuente al pagamento, in favore dell’Agenzia delle Entrate, delle spese processuali, liquidate in Euro 6.500,00, oltre alle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 31 gennaio 2020.

Depositato in cancelleria il 4 settembre 2020

 

 

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