Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18400 del 12/07/2018


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 18400 Anno 2018
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: D’ORAZIO LUIGI

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 22913/2011 R.G. proposto da
Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante pro tempore,
rappresentata e difesa ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i
cui uffici domicilia, in Roma, Via dei Portoghesi n. 12

– ricorrente contro
Radici Sud Industriale s.r.I., in persona del legale rappresentante pro tempore,
rappresentata e difesa dall’Avv. Franco Paparella e dall’Avv. Bruno Sed,
elettivamente domiciliata presso lo studio del primo, in Roma, Corso d’Italia n.
19, giusta delega a margine del controricorso;

– con troricorrente 1

Data pubblicazione: 12/07/2018

avverso la sentenza della Commissione Regionale del Lazio n. 229/40/2010
depositata il 25 giugno 2010.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 15 maggio 2018 dal
Consigliere Luigi D’Orazio;

Umberto De Augustinis, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del primo
motivo e l’assorbimento dei restanti

udito l’ Avv. Lucrezia Fiandaca per l’Avvocatura Generale dello Stato e l’Avv.
Luigi Lanucara per delega dell’Avv. Franco Paparella;

FATTI DI CAUSA
1.Con avviso di accertamento relativo all’anno 2000 l’Agenzia delle entrate
effettuava due rilievi nei confronti della Radici Sud Industriale s.r.I., da un lato,
non riconoscendo integralmente il credito di imposta sui dividendi percepiti
dalla società collegata estera polacca RPO s.p. Zoo, ma solo nella misura del 40
% (unica porzione sottoposta effettivamente a doppia imposizione), e
dall’altro, ritenendo assoggettabile ad Irap quale plusvalenza patrimoniale per
la somma di lire 3.824.850.101 l’operazione commerciale intercorsa con altre
due società del gruppo Radici e con la Orsa s.r.I., escludendo la natura di
trasferimento di azienda, ma ritenendo sussistere solo una riconversione
produttiva o una mera ristrutturazione.
2.La Commissione tributaria provinciale rigettava il motivo di ricorso sulla
pretesa detrazione integrale del credito di imposta ed accoglieva la censura in
ordine alla sussistenza di un trasferimento di azienda con plusvalenza non
assoggettabile ad kap.
3.La Commissione tributaria regionale rigettava l’appello principale dell’Agenzia
delle entrate, ritenendo sussistente un conferimento di azienda e non una mera

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udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott.

riconversione produttiva, ed accoglieva l’appello incidentale della società, in
quanto l’art. 15 del d.p.r. 917/1986 non prevedeva un tetto massimo del 40 %
per la detrazione del credito di imposta.
4.Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione l’Agenzia delle
entrate.

RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo di impugnazione l’Agenzia delle entrate deduce “Quanto
al rilievo Irap:insufficiente e contraddittoria motivazione circa i fatti controversi
e decisivi per il giudizio, in relazione all’articolo 360, n. 5, c.p.c.”, non avendo
tenuto conto la Commissione regionale, nella motivazione di una serie di
elementi fattuali idonei a dimostrare che l’operazione commerciale era
consistita in una ristrutturazione aziendale e non in un mero conferimento di
azienda, con la conseguente assoggettabilità della plusvalenza all’Irap. In
particolare, la Commissione non ha tenuto conto della perizia redatta dal dott.
Patti, del verbale di assemblea straordinaria della società del 10-5-2000, in cui
si fa riferimento al “riassetto” del settore auto del gruppo radici, attraverso la
creazione di un vero e proprio accordo di Joint venture con il gruppo Crespi, il
fatto che la stessa società, in relazione all’Irpeg, ai sensi dell’art. 4 comma 2
del d.l.gs. 358/1997 aveva già manifestato di non considerare l’operazione
come un conferimento di azienda, ma come vera e propria riconversione
aziendale, suscettibile di plusvalenza soggetta a tassazione, ai sensi dell’art. 11
del d.lgs. 446/1997. La motivazione presenta, tra l’altro, contraddizioni nel suo
percorso argomentativo.
1.1.Tale motivo è inammissibile.
2-

Invero, »la ricorrente non ha trascrittO il contenuto dei documenti di cui la
Commissione non ha tenuto conto, non consentendo, quindi, a questa Corte di
poter valutare la sufficienza della motivazione della sentenza oggetto di
gravame, incorrendo il motivo nel difetto di autosufficienza.
Inoltre, si rileva che la Commissione ha compiutamente dato conto delle
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5.Resisteva con controricorso la società.

ragioni del suo convincimento esponendo con nettezza che la Radici Sud
Industriale s.p.a., ed altre due società del Gruppo Radici (Pietro Radici
Tappetificio Nazionale s.p.a. e Tapiform s.p.a.), hanno inteso conferire le
proprie aziende in un nuovo soggetto giuridico, ossia in una “realtà economica
nuova”, quale è la Roi Automotive Technology s.r.I., società appartenente al
Gruppo Crspi s.p.a..
Pertanto, non v’è stata una mera riconversione dell’attività produttiva, ma un

prime tre società conferenti.
La Commissione, infatti, aggiunge che la società conferente Radici Sud, una
volta “spogliata” del ramo operativo, ha persino modificato l’oggetto sociale
della propria attività, dedicandosi alla compravendita e gestione immobiliare,
oltre che alla compravendita e gestione di partecipazioni.
La società conferitaria Roi Automotive, invece, aggiunge la Commissione, ” è
una nuova entità economica, frutto dell’unione dei due Gruppi completamente
diversi e facenti capo a compagini societarie autonome ed indipendenti
(Gruppo Radici e Gruppo Crespi) in misura pari al 50 %”.
La ricorrente pretende in questa sede un integrale riesame delle risultanze
istruttorie, con diverso apprezzamento dei fatti rispetto alle valutazioni del
giudice di merito, con una inammissibile rivalutazione delle prove in sede di
legittimità.
Spetta, infatti, in via esclusiva al giudice di merito il compito di individuare le
fonti del proprio convincimento, di controllare l’attendibilità e la concludenza
delle prove, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle
ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi
sottesi, dando, così, liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di
prova. Conseguentemente, per potersi configurare il vizio di motivazione su un
punto decisivo della controversia, è necessario un rapporto di causalità fra la
circostanza che si assume trascurata e la soluzione giuridica data alla
controversia, tale da far ritenere che quella circostanza, se fosse stata
considerata, avrebbe portato ad una diversa soluzione della vertenza, con un
giudizio di certezza e non di mera probabilità (Cass.Civ., 14 novembre 2013
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vero ed effettivo conferimento di azienda in altra società, nuova e diversa dalle

n.25608).
Inoltre, per poter considerare la motivazione adottata dal giudice di merito
adeguata e sufficiente, non è necessario che nella stessa vengano prese in
esame (al fine di confutarle o condividerle) tutte le argomentazioni svolte dalle
parti, ma è sufficiente che il giudice indichi le ragioni del suo convincimento,
dovendosi considerare

implicitamente disattese

tutte le argomentazioni

logicamente incompatibili con esse (Cass.Civ., 2 febbraio 2007 n. 2272).

argomentazioni sono del tutto lineari, collegate le une alle altre con logicità e
stretta consequenzialità.
2.Con il secondo motivo di impugnazione la ricorrente deduce “quanto al
recupero del credito Irpeg: violazione e falsa applicazione degli articoli 15 e 96
del vecchio Tuir n. 917/1986, in relazione all’articolo 360, n. 3, c.p.c.”, in
quanto i dividendi esteri relativi ad una società estera (Polonia) collegata ai
sensi dell’art. 2359 c.c., possono fruire di un credito di imposta in Italia solo
per la percentuale del 40 % e non per l’intero valore degli stessi, in quanto
solo la quota del 40 % dei dividendi concorre alla formazione del reddito
imponibile in Italia, in applicazione in via esclusiva dell’art. 96 del d.p.r. n.
917/1986, solo per tale percentuale dovendosi evitare la “doppia imposizione”.
2.1.Tale motivo è fondato.
Deve premettersi che i dividendi percepiti dalla Radici Sud s.p.a. sono stati
interamente assoggettati a tassazione in Polonia , con aliquota del 10 %,
mentre solo il 40 % degli stessi è stato assoggettato a tassazione anche in
Italia. Pertanto, il 60 % degli stessi è stato tassato solo in Polonia, sicchè tale
percentuale non ha subito alcuna doppia imposizione.
L’art. 15 comma 1 del d.p.r. 917/1986 è, infatti, una norma generale in
relazione al “credito di imposta per i redditi prodotti all’estero”. Tale
disposizione prevede che “Se alla formazione del reddito complessivo
concorrono redditi prodotti all’estero, le imposte ivi pagate a titolo definitivo su
tali redditi sono ammesse in detrazione dall’imposta netta fino alla concorrenza
della quota di imposta italiana corrispondente al rapporto tra i redditi prodotti
all’estero ed il reddito complessivo al lordo delle perdite di precedenti periodi di
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Nè la motivazione della sentenza risulta contraddittoria, in quanto le

imposta ammesse in diminuzione”.
La Commissione regionale si è limitata ad applicare tale disposizione, senza
tenere in alcun conto la disposizione speciale di cui all’art. 96 d.p.r. 917/1986,
in materia di dividendi esteri.
Infatti, la Commissione ha accolto l’appello incidentale della società, che
intendeva beneficiare del credito di imposta per il valore integrale dei dividendi
affermando che “la norma citata [art. 15] non quantifica la misura della

riporta ad una variabile derivante dal risultato del rapporto fra il reddito
prodotto all’estero ed il reddito complessivo”.
Tuttavia, deve tenersi conto della norma speciale sui dividendi esteri che
prevede (nella versione vigente ratione tamporis) che “gli utili distribuiti da
società collegate ai sensi dell’art. 2359 c.c. non residenti nel territorio dello
Stato concorrono a formare il reddito per il 40 °A3 del loro ammontare”.
Per la Suprema Corte, però, per determinare il credito di imposta spettante alla
società contribuente ai sensi del comma 1 dell’art. 15 del d.p.r. 917/1986, deve
tenersi conto “solo dell’ammontare delle imposte che hanno inciso la parte di
dividendi esteri, nella specie il 40 %, che partecipano alla formazione del
reddito complessivo imponibile in Italia”, secondo quanto previsto dall’art. 96
bis d.p.r. 917/1986 (Cass.Civ., 28 ottobre 2015, n. 21968; in termini anche
Cass.Civ., 20 novembre 2012, n. 21351; Cass.Civ., 31 gennaio 2011, n. 2255),
sulla scorta quindi, un meccanismo analogo a quello di cui all’art. 96 del
medesimo d.p.r..
In particolare, in motivazione la Corte aggiunge che “con specifico riferimento
alla detrazione di utili percepiti da società collegate con sede in Paesi
comunitari) che dal dato testuale (in rapporto alle formulazioni applicabili
ratione temporis) del combinato disposto dall’art. 15 d.p.r. 017/1986 e dai
successivi artt. 96 e 96 bis (rispettivamente riferentisi all’ipotesi di utili
percepiti da società con sede in Paesi extracomunitari ed a quella di utili
percepiti da società con sede in Paesi comunitari) emerge con chiarezza che
l’importo detraibile dal percettore degli utili prodotti all’Estero è solo quello
delle imposte assolte nel Paese straniero sulla percentuale degli utili che
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detrazione in un tetto massimo del 40 % come penserebbe l’ufficio, ma si

concorrono a formare il reddito imponibile anche in Italia (40 °A), in ipotesi di
utili percepiti da società con sede in Paesi extracomunitari ; 5 %, in ipotesi di
utili percepiti da società con sede in Paesi comunitari)”.
La Polonia solo dal 2004 è entrata nell’Unione Europea.
Pertanto, solo dopo che sia stato determinato il reddito complessivo imponibile
in Italia, dovendosi tenere conto solo del 40 % del credito di imposta, entra in
gioco il limite di detraibilità derivante dal rapporto tra i redditi prodotti

imposta ammesse in diminuzione (Cass.Civ., 30 novembre 2012, n. 21351).
3.La sentenza impugnata va, quindi, cassata e, non essendo necessari ulteriori
accertamenti di fatto, decidendo nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., rigetta
il ricorso introduttivo della contribuente quanto al recupero Irpeg, che
conferma.
4.Dichiara interamente compensate tra le parti le spese dell’intero giudizio,
considerate tutte le peculiarità della vicenda trattata ed il solo parziale
accoglimento del ricorso per cassazione.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il primo motivo; accoglie il secondo motivo, cassa la
sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della
contribuente quanto al recupero Irpeg che conferma.
Dichiara integralmente compensate tra le parti le spese dell’intero giudizio.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 15 maggio 2018
Il Consigliere est.
Lui D’Orazio

all’estero e il reddito complessivo al lordo delle perdite di precedenti perdite di

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