Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 184 del 08/01/2010

Cassazione civile sez. II, 08/01/2010, (ud. 15/10/2009, dep. 08/01/2010), n.184

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – rel. Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisato – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

L., titolare della ditta denominata Abbigliamento LINXIAOJU,

rappresentata e difesa dall’Avv. SCARCELLA Antonio per procura

speciale a margine del ricorso, elettivamente domiciliata in Roma,

Piazza Cavour, presso la Cancelleria civile della Corte di

Cassazione;

– ricorrente –

contro

CAMERA DI COMMERCIO I.A.A. di Messina, in persona del legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, in forza di

Delib. 2 aprile 2008, dall’Avv. SIRACUSA Giovanni per procura

speciale in calce al controricorso, elettivamente domiciliata in

Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria civile della Corte di

Cassazione;

– controricorrente –

avverso la sentenza del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto n.

514/07, depositata il 10 dicembre 2007.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

15 ottobre 2009 dal Presidente relatore Dott. Stefano Petitti;

sentito il Sostituto Procuratore Generale Dott. Marco Pivetti, che ha

concluso in senso conforme alla relazione.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che, con sentenza depositata il 10 dicembre 2007, il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto ha dichiarato inammissibile l’opposizione proposta da L. avverso il sequestro conservativo, disposto dagli agenti della Guardia di finanza di Barcellona P.G. il 2 ottobre 2006, e convalidato dalla Camera di commercio di Messina, avente ad oggetto alcuni capi di abbigliamento presenti nel suo negozio e riscontrati dagli agenti difformi dalla normativa in tema di informative che devono essere presenti sui prodotti in vendita, di cui alla L. n. 206 del 2005;

che il Tribunale ha rilevato che l’opposizione della L. n. 689 del 1981, ex artt. 22 e 23 è proponibile avverso l’ordinanza ingiunzione che applica una sanzione amministrativa o che dispone la confisca, mentre nel caso di specie era stata proposta nei confronti di un sequestro cautelare disposto ai sensi della medesima L. n. 689 del 1981, art. 13, e cioè di un provvedimento di natura prodromica rispetto all’eventuale provvedimento di confisca;

che, per la cassazione di questa sentenza, ha proposto ricorso CARTILLONE BIAGIO sulla base di tre motivi, cui ha resistito, con controricorso, la Camera di Commercio di Messina;

che, essendosi ritenute sussistenti le condizioni per la decisione con il procedimento di cui all’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata redatta relazione ai sensi di tale norma, che è stata notificata alle parti e comunicata al Pubblico Ministero.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il precedente relatore designato, nella relazione depositata il 19 giugno 2009, ha formulato la seguente proposta di decisione:

“(…) ritenuto che avverso il provvedimento impugnato è esperibile il rimedio dell’appello e non del ricorso per cassazione, trovando applicazione nella fattispecie, essendo stata la sentenza impugnata pubblicata dopo il 2 marzo 2006, la nuova disposizione del D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 26 – giusta la disciplina transitoria posta dall’art. 27, u.c. – che, abrogando la L. n. 689 del 1981, art. 23, u.c., che prevedeva la diretta ricorribilità per cassazione delle sentenze del giudice di pace in materia di opposizione a sanzione amministrativa, ha reso detti provvedimenti soggetti alla disciplina generale dei mezzi di impugnazione e, quindi, impugnabili a mezzo dell’appello (art. 339 cod. proc. civ.); ritiene il ricorso inammissibile”;

che il Collegio condivide la proposta di decisione del consigliere delegato, alla quale non sono stati mossi rilievi critici;

che, pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 600,00, di cui Euro 400,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 15 ottobre 2009.

Depositato in Cancelleria il 8 gennaio 2010

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