Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18397 del 26/07/2017
Cassazione civile, sez. un., 26/07/2017, (ud. 09/05/2017, dep.26/07/2017), n. 18397
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMOROSO Giovanni – Primo Pres. f. f. –
Dott. BIELLI Stefano – Consigliere –
Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere –
Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –
Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –
Dott. TRIA Lucia – Consigliere –
Dott. DE CHIARA Carlo – rel. Consigliere –
Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –
Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso per ricusazione proposto da:
S.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PILO
ALBERTELLI 1, presso lo studio dell’avvocato LUCIA CAMPOREALE,
rappresentato e difeso da sè medesimo;
– ricorrente –
nonchè contro
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, CONSIGLIO DI PRESIDENZA DELLA
GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA, PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DI STATO,
SEGRETARIATO GENERALE DEL CONSIGLIO DI STATO, PRESIDENTE DEL TAR
CAMPANIA, SA.AL.MA., V.R.,
SC.CA.GI.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 15356/2015 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,
depositata il 22/07/2015.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
09/05/2017 dai Consigliere Dott. DE CHIARA CARLO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale DE AUGUSTINIS UMBERTO, che ha concluso per il rigetto del
ricorso per ricusazione.
Fatto
RILEVATO IN FATTO
che:
l’avv. S.S. ha presentato “interpello per astensione e, in difetto, ricorso per ricusazione” dei consiglieri Dott. Frasca Raffaele e Dott. Scarano Luigi, componenti del collegio chiamato a pronunciarsi all’udienza del 9 maggio 2017 sul suo ricorso iscritto al n. 21898/2016 R.G.;
il ricorrente ritiene che sussistano ragioni di astensione obbligatoria dei predetti consiglieri ai sensi dell’art. 51 c.p.c., comma 1, nn. 1 e 3, per avere essi, quali componenti di collegi di questa Corte in altri giudizi dei quali egli era parte, contribuito all’assunzione di decisioni, a lui sfavorevoli, gravemente errate, tali che “neppure il più sprovveduto degli studenti universitari della materia sarebbe giunto a formulare le anomalie” lamentate, non spiegabili “se non in termini di aprioristica linea reiettiva e di inimicizia grave per carenza di imparzialità e terzietà”, nonchè per il fatto che pende nei confronti dei medesimi consiglieri, davanti al Tribunale di Roma, azione civile di responsabilità ai sensi della L. n. 117 del 1988;
all’adunanza camerale fissata per l’esame dell’istanza di ricusazione l’avv. S. non è comparso e il PM ha concluso per il rigetto del ricorso.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
che:
il ricorso non può essere accolto;
con riferimento alle questioni processuali poste dal ricorrente queste Sezioni Unite hanno già avuto occasione di puntualizzare, nella ordinanza 22/07/2014, n. 16627 e in successive decisioni conformi, che:
– pur dovendosi svolgere il procedimento di ricusazione nel contraddittorio delle parti, tuttavia non è prevista dalla legge l’assegnazione al ricorrente di uno specifico termine per comparire, incompatibile con le caratteristiche e la natura del procedimento (nel presente procedimento l’avv. S. ha ricevuto avviso dell’adunanza camerale, alla quale non ha ritenuto di partecipare);
– la questione di legittimità costituzionale dell’art. 53 c.p.c., comma 1, censurato in riferimento agli artt. 3,24 e 111 Cost., salvi altri parametri, nella parte in cui attribuisce la decisione sulla ricusazione del giudice a collegio composto da soli giudici togati, senza il correttivo della presenza quantomeno di rappresentanti della collettività (sul tipo della corte d’assise), è manifestamente infondata, non configurandosi il procedimento di ricusazione come un procedimento a carico del giudice ricusato, in cui lo stesso sia parte, e pertanto non potendosi ritenere fondato un generale sospetto di parzialità del giudice della ricusazione in conseguenza del generico rapporto di “colleganza”;
– l’art. 53 c.p.c., comma 2, per il quale sulla ricusazione si decide “udito il giudice ricusato e assunte, quando occorre, le prove offerte”, attribuisce al giudice ricusato il diritto di essere ascoltato, ma non lo obbliga a rendere informazioni o chiarimenti, tranne che il giudice della ricusazione lo ritenga necessario per finalità istruttorie;
anche quanto al merito vanno ribaditi i seguenti principi, già affermati dal precedente sopra richiamato (e da quelli successivi ad esso conformi), e cioè che:
– la “causa pendente” tra ricusato e ricusante, ai sensi dell’art. 51 c.p.c., comma 1, n. 3, non può essere costituita dal giudizio di responsabilità di cui alla L. 13 aprile 1988, n. 117, che non è un giudizio nei confronti del magistrato, bensì nei confronti dello Stato;
– premessa la tassatività e non estensibilità in via interpretativa delle ipotesi previste dall’art. 51, cit., ai fini della possibilità di astenersi e, correlativamente, dall’art. 52 relativo alla ricusazione, e che l’inimicizia prevista dall’art. 51, n. 3 deve riguardare “rapporti estranei al processo” e non può essere dimostrata sulla base di soli comportamenti processuali del giudice, ritenuti anomali dalla parte ricusante, la quale è tenuta a indicare fatti e circostanze concrete che rivelino l’esistenza di ragioni di rancore o di avversione;
nella specie il ricusante non ha allegato la sussistenza di fatti integranti una “grave inimicizia”, nei termini appena precisati, tra lui e i due giudici ricusati, nè di fatti integranti la prova di un loro “interesse nella causa o in altra vertenza su identica questione di diritto”, nè, tanto meno, che tale interesse sia “personale e diretto”.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 9 maggio 2017.
Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2017