Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18396 del 12/07/2018


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 18396 Anno 2018
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: GUIDA RICCARDO

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 21980/2011 R.G. proposto da
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,
rappresentata dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio legale
in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello
Stato.
– ricorrente contro
BUSCEMA GASTRONOMIA SRL, rappresentata e difesa dall’avv.
Salvatore Taverna ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in
Roma, viale Regina Margherita n. 262/264,
– controricorrente –

Data pubblicazione: 12/07/2018

RG n. 21980/2011
Cons. est. Riccardo Guida

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della
Calabria, sezione 10, n. 22/10/11, pronunciata il 16/12/2010, depositata
il 24/02/2011.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 15 maggio 2018
dal Consigliere Riccardo Guida;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Umberto de Augustinis, che ha concluso l’accoglimento del

udito l’Avvocato Anna Stefanini.
FATTI DI CAUSA

1. L’Agenzia delle entrate ricorre, con tre motivi, avverso la Buscema
Gastronomia Srl, con sede legale in Crotone, per la cassazione della
sentenza della Commissione tributaria regionale della Calabria

(hinc:

CTR) n. 22/10/11, che – in controversia avente a oggetto l’impugnazione
di tre avvisi di recupero dei crediti d’imposta ex art. 8, della legge 23
dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria 2001), relativi agli anni 2002,
2003 e 2004, per mancato riconoscimento dei requisiti dell’agevolazione
fiscale connessa all’investimento per la ristrutturazione di un capannone
industriale detenuto dalla società a titolo di leasing – in riforma della
sentenza di primo grado, annullava la pretesa tributaria.
Il giudice d’appello fondava il proprio convincimento sul presupposto
della sussistenza dei requisiti di legge per il riconoscimento del credito
d’imposta, in ragione della prevalenza delle spese di ristrutturazione
dell’opificio rispetto al costo del bene, testualmente: «acquistato con
contratto di leasing».
2. La contribuente resiste con controricorso e deposita memoria ex
art. 378 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE

0. Preliminarmente ritiene la Corte che sia priva di pregio l’eccezione
della controricorrente d’inammissibilità, per difetto di specificità, del
ricorso per cassazione dell’Ufficio.
Esso, infatti, reca un’esposizione sufficientemente chiara ed
esauriente dei fatti di causa e, più in generale, della vicenda processuale
che consente alla Corte di avere piena cognizione della controversia e di
cogliere il significato, anche sul piano giuridico, dei profili di critica rivolti
dall’Amministrazione finanziaria alla complessiva trama argomentativa
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primo motivo e l’assorbimento degli altri;

RG n. 21980/2011
Cons. est. Riccardo Guida

della sentenza impugnata e, quindi, di valutare appieno il fondamento
delle denunciate violazioni; ciò che è dimostrato dalla seguente
trattazione di ciascun motivo.
1. Primo motivo di ricorso: «Violazione dell’art. 57, 1° c., Dlgs. n.
546/92 e dell’art. 2730 c.c. (in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c.).».
L’Agenzia delle entrate denuncia due errores in procedendo della
sentenza impugnata che – nell’affermare che i lavori di ristrutturazione e

476.685,00, notevolmente prevalente rispetto al costo del capannone
industriale, pari a euro 413.165,00 – non ha tenuto conto che: a) la
contribuente, nei ricorsi introduttivi dei giudizi d’impugnazione dei tre
avvisi di recupero dei crediti d’imposta, con dichiarazione avente valore
confessorio, ex art. 2730 cod. civ., aveva riconosciuto che i lavori di
ristrutturazione ammontavano a euro 377.851,00 e rappresentavano
l’82% del costo d’acquisto dell’opificio; b) soltanto in appello, per la
prima volta, inammissibilmente (in ragione del divieto dell’art. 57, d.lgs.
31 dicembre 1992, n. 546), la società ha quantificato gli stessi costi in
euro 475.685,60 ed ha, quindi, sostenuto che essi fossero prevalenti
rispetto al (suindicato) costo di acquisto dell’immobile.
1.1. Il motivo, articolato in due diversi profili di critica, è
parzialmente fondato.
Il primo profilo di critica (violazione dell’art. 57, comma 1, proc. trib.)
va disatteso in virtù del consolidato orientamento della Corte, al quale il
Collegio ritiene di uniformarsi, secondo cui: «Si ha domanda nuova inammissibile in appello – per modificazione della causa petendi quando il
diverso titolo giuridico della pretesa, dedotto innanzi al giudice di secondo
grado, essendo impostato su presupposti di fatto e su situazioni
giuridiche non prospettate in primo grado, comporti il mutamento dei
fatti costitutivi del diritto azionato e, introducendo nel processo un nuovo
tema di indagine e di decisione, alteri l’oggetto sostanziale dell’azione e i
termini della controversia, in modo da porre in essere una pretesa
diversa, per la sua intrinseca essenza, da quella fatta valere in primo
grado e sulla quale non si è svolto in quella sede il contraddittorio.» (cfr.,
ex multis, Cass. 24/09/2014, n. 20072).
Nella specie, in appello, non vi è stata alcuna modificazione
dell’originaria causa petendi.
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di ammodernamento dell’opificio avevano comportato una spesa di euro

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Il secondo profilo di critica (violazione dell’art. 2730 cod. civ.),
invece, è fondato.
È il caso di ricordare che la Corte, in relazione al tema
dell’apprezzamento del valore dei diversi tipi di prova, ha affermato
questo principio di diritto: «In tema di ricorso per cassazione, la
violazione dell’art. 116 c.p.c. (norma che sancisce il principio della libera
valutazione delle prove, salva diversa previsione legale) è idonea ad

merito disattenda tale principio in assenza di una deroga normativamente
prevista, ovvero, all’opposto, valuti secondo prudente apprezzamento
una prova o risultanza probatoria soggetta ad un diverso regime.» (Cass.
10/06/2016, n. 11892).
Nella specie, la CTR ha liberamente apprezzato le allegazioni delle
parti e, pertanto, è giunta alla conclusione che i lavori di ristrutturazione
hanno comportato una spesa di euro 476.685,00, con ciò trascurando
contra legem il valore confessorio (ossia di prova legale, ai sensi dell’art.
2730 cod. civ.), in relazione al thema decidendum, del riconoscimento,
da parte della contribuente (non contestato e, comunque, desumibile dal
contenuto del suo atto introduttivo del giudizio, riprodotto – per quanto
qui rileva – a pag. 15 del controricorso della società) che, a fronte del
costo di acquisto dell’immobile (da parte della società di leasing), pari a
euro 413.165,00, i lavori di ristrutturazione dell’opificio avevano
comportato una spesa di euro 377.851,00.
2. Secondo motivo: «Violazione dell’art. 8, 2° c., L. n. 388/00 Omessa o comunque insufficiente motivazione (in relazione all’art. 360
nn. 3 e 5 c.p.c.).».
L’Ufficio si duole che la sentenza impugnata abbia illegittimamente
riconosciuto l’agevolazione per un bene che non poteva considerasi
nuovo, sia perché esso era già utilizzato dalla società contribuente, in
qualità di conduttrice, prima dell’entrata in vigore della legge n.
388/2000, sia perché le spese di ristrutturazione dell’opificio (pari a euro
377mi1a) non erano prevalenti rispetto al costo di acquisto del bene
(quantificabile in euro 413mila).
Soggiunge che, in realtà, il costo dell’immobile che la società
contribuente avrebbe acquistato esercitando il riscatto al termine della
locazione finanziaria, era addirittura maggiore di euro 413mila, ed era
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integrare il vizio di cui all’art. 360, n. 4, c.p.c., solo quando il giudice di

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pari a euro 702.480,00, quale somma di tre componenti: euro
413.165,00 (prezzo dell’iniziale acquisto del capannone industriale da
parte della società finanziaria concedente); euro 206.682,00 (lavori
finanziati dalla società di leasing ed eseguiti dalla società conduttrice per
conto della proprietaria-concedente); euro 82.633,10 (prezzo di riscatto
dell’immobile al termine della locazione finanziaria).
Contesta, infine, l’insufficiente motivazione del passo della sentenza

di ristrutturazione sono state quantificate in euro 476.685,00.
2.1. Il complesso motivo è interamente assorbito per effetto
dell’accoglimento di una parte del motivo precedente.
3. Terzo motivo: «Ulteriore violazione degli artt. 8, 2° c., L. n.
388/00, 74 TUIR e 934 c.c. (in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.).».
Si deduce che, ai sensi dell’art. 8, comma 2, cit., il credito d’imposta
è riconosciuto per i nuovi investimenti, ossia per le acquisizioni di beni
strumentali nuovi, con la precisazione che, per gli investimenti effettuati
mediante contratti di locazione finanziaria, si assume il costo sostenuto
dal locatore per l’acquisto dei beni.
Sicché, secondo la tesi erariale, il beneficio non può coprire le spese
sostenute dalla conduttrice (nella specie: la contribuente) sul bene di
proprietà della concedente (la società di leasing) in quanto tali spese non
si estrinsecano in beni aventi una loro individualità e un’autonoma
funzionalità (fruibile dall’utilizzatore anche ove, allo scadere del contratto
di leasing, non segua il riscatto dell’immobile cui esse accedono), ossia
non incrementano il patrimonio di quest’ultima, ma quello della società di
leasing.
Difatti, correttamente, la contribuente non le ha contabilizzate come
«immobilizzazioni materiali», ma, capitalizzandole, le ha registrate sotto
la voce «altre immobilizzazioni immateriali» che, sul piano fiscale,
rappresentano costi deducibili, secondo la disciplina dell’art. 74, terzo
comma, TUIR (ratione temporis vigente).
3.1. Il motivo è interamente assorbito per effetto dell’accoglimento di
una parte del motivo precedente.
4. In conclusione, il primo motivo va accolto nei limiti sopra indicati e
va rigettato per il resto; il secondo e il terzo motivo sono assorbiti dalla
parte accolta del primo motivo; la sentenza, pertanto, è cassata, nei
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in cui il costo del bene è stato determinato in euro 413.165,00 e le spese

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Cons. est. Riccardo Guida

limiti della parte accolta del primo motivo, con conseguente rinvio alla
CTR, in diversa composizione, per il riesame della controversia, in
relazione alla parte accolta del primo motivo, e anche per la decisione
sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.

accoglie il primo motivo, nei limiti sopra indicati, e lo rigetta per il
resto; dichiara il secondo e il terzo motivo assorbiti dalla parte accolta del

cassa la sentenza impugnata, nei limiti della parte accolta del primo
motivo; rinvia alla Commissione tributaria regionale della Calabria, in
diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del giudizio di
legittimità.
Così deciso in Roma, il 15 maggio 2018

Il Consigliere est.

Il Presidente

primo motivo;

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