Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18396 del 04/09/2020

Cassazione civile sez. trib., 04/09/2020, (ud. 31/01/2020, dep. 04/09/2020), n.18396

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. NICASTRO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. MAISANO Giulio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 19599/2013 R.G. proposto da:

Agenzia delle entrate, con sede in Roma, in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n.

12, presso l’Avvocatura generale dello Stato, che la rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

V.D., rappresentato e difeso nel giudizio di appello

dall’Avv. Silvia Manno, dall’Avv. Alessia Cusinato e dall’Avv.

Giorgio Gargiulo, con domicilio eletto in Padova, corso del Popolo,

n. 16, presso lo studio di quest’ultimo;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Veneto

n. 50/19/12 depositata il 4 giugno 2012.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 31 gennaio

2020 dal Consigliere Giuseppe Nicastro.

 

Fatto

RILEVATO

che:

a seguito di un processo verbale di constatazione nei confronti della società FAMONT DOO, con sede in (OMISSIS), l’Agenzia delle entrate notificò: a) a tale società, cinque avvisi di accertamento, relativi a IRPEG e IVA per ciascuno degli anni 1998, 1999, 2000, 2001 e 2002; b) al suo socio V.D., cinque avvisi di accertamento, relativi a IRPEF e IRAP per i medesimi anni, con i quali contestò la percezione, da parte dello stesso V., di utili distribuiti extrabiliancio dalla società FAMONT DOO;

sulla base di tali avvisi di accertamento, l’agente della riscossione notificò: a) alla FAMONT DOO, la cartella di pagamento n. (OMISSIS), con i ruoli relativi a IRPEG e IVA per gli anni 1998, 1999, 2000, 2001 e 2002; b) a V.D., la cartella di pagamento n. (OMISSIS), con i ruoli relativi a IRPEF e IRAP per i medesimi anni;

con separati ricorsi, la società FAMONT DOO e V.D. impugnarono gli atti emessi nei propri rispettivi confronti davanti alla Commissione tributaria provinciale di Padova (hinc anche: “CTP”) che, riuniti i ricorsi, li accolse;

avverso tale pronuncia, l’Agenzia delle entrate propose appello alla Commissione tributaria regionale del Veneto (hinc anche: “CTR”) che, “(i)n parziale riforma della sentenza di primo grado acco(lse) l’appello dell’Ufficio limitatamente agli atti impugnati relativi alla società FAMONT DOO”, mentre “conferm(ò) nel resto” la sentenza della CTP;

la CTR affermò anzitutto la nullità degli atti (avvisi di accertamento e cartella di pagamento) emessi nei confronti di V.D., per la “mancata notifica all’indirizzo dichiarato dal contribuente sia all’Organo verbalizzatore nel PVC (…) sia all’Amministrazione Finanziaria con le dichiarazioni fiscali”, ritenendo che, perciò, “(s)otto questo aspetto l’appello dell’Agenzia delle entrate deve essere respinto”;

quanto agli atti (avvisi di accertamento e cartella di pagamento) emessi nei confronti della FAMONT DOO, la stessa CTR, ritenuta l’esistenza di una stabile organizzazione in Italia della società croata, affermò che: a) la notificazione degli avvisi di accertamento – eseguita “presso la sede in Italia della società (..) come dichiarato anche dal legale rappresentante all’Organo verbalizzante nel PVC” – “deve pertanto essere dichiarata valida”, con la conseguenza che la ripresa a tassazione operata con gli stessi avvisi “va (…) dichiarata legittima e va conseguentemente confermata”; b) “(v)a dichiarata legittima anche l’emissione della cartella esattoriale a carico della società FAMONT DOO in quanto risulta emessa in base a tracciati stabiliti con decreti ministeriali”;

per tali motivi, la CTR affermò conclusivamente che l’appello dell’Agenzia delle entrate andava “parzialmente accolto relativamente al contenzioso nei confronti della Società FAMONT DOO mentre debbono essere annullati gli avvisi di accertamento e la cartella esattoriale emessi a V.D. per nullità della notifica”;

avverso tale sentenza della CTR – depositata il 4 giugno 2012 e non notificata – nella parte in cui annullò gli avvisi di accertamento e la cartella di pagamento emessi nei confronti di V.D., ricorre per cassazione l’Agenzia delle entrate, che affida il proprio ricorso, spedito per la notificazione il 22 luglio 2013, a due motivi;

V.D. è rimasto intimato e non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), “omessa, o comunque, insufficiente motivazione su fatto decisivo e controverso”, in quanto, premesso che l’ufficio aveva prodotto, già nel giudizio davanti alla CTP, una dichiarazione di condono e delle dichiarazioni fiscali nelle quali diversamente da quelle prodotte dal contribuente (dove era indicato l’indirizzo di (OMISSIS)) – era indicato l’indirizzo di (OMISSIS), dove furono notificati gli avvisi di accertamento e la cartella di pagamento, “i Giudici di appello hanno omesso di spiegare per quale ragione essi abbiano ritenuto credibile la documentazione prodotta dal contribuente e non quella prodotta dall’Ufficio”, così rendendo un giudizio “in forma del tutto apodittica”;

con il secondo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), la violazione o falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, artt. 58,59 e 60, per avere CTR ritenuto: a) l’efficacia di una (presunta) elezione di domicilio del contribuente in (OMISSIS), nonostante lo stesso contribuente, a norma dei suddetti articoli, avesse il proprio domicilio fiscale in Saonara, dove si trovava la sede della FAMONT DOO e dove svolgeva la propria attività; b) la rilevanza di un’elezione di domicilio (in (OMISSIS)) fatta in sede di verifica fiscale e non nella dichiarazione dei redditi;

in via preliminare, va rilevato che la ricorrente non ha prodotto l’avviso di ricevimento del piego raccomandato contenente la copia del ricorso per cassazione spedita per la notificazione a mezzo del servizio postale;

questa Corte ha ormai da tempo chiarito – e poi costantemente ribadito – che “(l)a produzione dell’avviso di ricevimento del piego raccomandato contenente la copia del ricorso per cassazione spedita per la notificazione a mezzo del servizio postale ai sensi dell’art. 149 c.p.c., o della raccomandata con la quale l’ufficiale giudiziario dà notizia al destinatario dell’avvenuto compimento delle formalità di cui all’art. 140 c.p.c., è richiesta dalla legge esclusivamente in funzione della prova dell’avvenuto perfezionamento del procedimento notificatorio e, dunque, dell’avvenuta instaurazione del contraddittorio. Ne consegue che l’avviso non allegato al ricorso e non depositato successivamente può essere prodotto fino all’udienza di discussione di cui all’art. 379 c.p.c., ma prima che abbia inizio la relazione prevista della citata Disp., comma 1, ovvero fino all’adunanza della corte in camera di consiglio di cui all’art. 380-bis c.p.c., anche se non notificato mediante elenco alle altre parti ai sensi dell’art. 372 c.p.c., comma 2. In caso, però, di mancata produzione dell’avviso di ricevimento, ed in assenza di attività difensiva da parte dell’intimato, il ricorso per cassazione è inammissibile, non essendo consentita la concessione di un termine per il deposito e non ricorrendo i presupposti per la rinnovazione della notificazione ai sensi dell’art. 291 c.p.c.; tuttavia, il difensore del ricorrente presente in udienza o all’adunanza della corte in camera di consiglio può domandare di essere rimesso in termini, ai sensi dell’art. 184-bis c.p.c., per il deposito dell’avviso che affermi di non aver ricevuto, offrendo la prova documentale di essersi tempestivamente attivato nel richiedere all’amministrazione postale un duplicato dell’avviso stesso, secondo quanto previsto dalla L. n. 890 del 1982, art. 6, comma 1,” (Cass., Sez. U., 14/01/2008, n. 627; Cass., 12/07/2018, n. 18361, 28/04/2011, n. 9453, 30/07/2014, n. 14780);

nel caso in esame, non avendo l’intimato svolto attività difensiva e non avendo la ricorrente addotto giustificazione alcuna per la mancata produzione dell’avviso di ricevimento della raccomandata spedita per la notificazione a mezzo del servizio postale, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;

non sussistono i presupposti per provvedere sulle spese del giudizio di legittimità;

non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 288, art. 1, comma 17, in quanto la ricorrente è istituzionalmente esonerata dal materiale versamento del contributo unificato, mediante il meccanismo della prenotazione a debito.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, il 31 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 settembre 2020

 

 

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