Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18395 del 12/07/2018


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 18395 Anno 2018
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: GUIDA RICCARDO

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 21943/2011 R.G. proposto da
IN.F.IN. SAS, DI LUCA MARIA FILIPPI FILIPPI; LUCA MARIA FILIPPI
FILIPPI; ROSANNA LUISA ANTONIETTA DE SALVO; SERENA FILIPPI
FILIPPI; ETTORE FILIPPI FILIPPI, rappresentati e difesi, anche
disgiuntamente, dall’avv. Giuseppe Roccioletti e dall’avv. Nicola
Rocchetti, ed elettivamente domiciliati in Roma, via della Scrofa n. 22,
presso lo studio di quest’ultimo.
– ricorrente contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,
rappresentata dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio legale
in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello
Stato.

Data pubblicazione: 12/07/2018

RG n. 21943/2011
Cons. est. Riccardo Guida

– controricorrente avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della
Lombardia, sezione 33, n. 63/33/10, pronunciata il 22/02/2010,
depositata il 10/06/2010.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 15 maggio 2018
dal Consigliere Riccardo Guida;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

ricorso;
udito l’Avvocato Giuseppe Roccioletti.
FATTI DI CAUSA
1. I contribuenti ricorrono, sulla base di due motivi, nei confronti
dell’Agenzia delle entrate, avverso la sentenza della Commissione
tributaria regionale della Lombardia (hinc: CTR) n. 63/33/2010, che – in
controversia avente ad oggetto l’impugnazione di cartelle di pagamento
riguardanti il recupero a tassazione, ai fini ILOR e IRPEF, per gli anni
d’imposta 1992, 1993, 1994, di ricavi non dichiarati desunti dai
movimenti dei conti correnti della società e di un terzo, con essa
collegato – in parziale accoglimento dell’appello dell’Ufficio, rettificava in
aumento i redditi imponibili della società, ordinava all’Ufficio di ricalcolare
le imposte e gli accessori e di disporre lo sgravio delle maggiori somme
portate nelle cartelle in contestazione.
La CTR muoveva dalla considerazione dell’esistenza di un precedente
giudicato (sentenza n. 98/39/05, del 25/10/2005 – 9/11/2005 della CTR
della Lombardia) – riguardante gli avvisi di accertamento conseguenti ad
operazioni sui conti correnti intestati alla società, ai suoi soci e a Ettore
Filippi Filippi, soggetto terzo, ad essa collegato – che confermava: «gli
importi recuperati a tassazione in applicazione dell’art. 32 del d.P.R. n.
600/1973, con esclusione delle sole movimentazioni relative ad attività
sicuramente estranee alla società e, perciò, di pertinenza della persona
fisica intestataria dei conti correnti in discussione».
Interpretava, quindi, il giudicato nel senso di includere nella
tassazione i prelievi ed i versamenti sui conti intestati alla società e, al
contrario, di negare la riferibilità alla società di tutti i movimenti sui conti
correnti intestati al terzo (Ettore Filippi Filippi), in assenza di un criterio
certo che, conformandosi alla prescrizione del predetto giudicato,
2

generale Umberto de Augustinis, che ha concluso per il rigetto del

RG n. 21943/2011
Cons. est. Riccardo Guida

consentisse di distinguere le operazioni riferibili al correntista da quelle,
invece, riferibili alla società.
2. L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.
3. I contribuenti hanno depositato una memoria ex art. 378 cod.
proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Primo motivo di ricorso: «Violazione e falsa applicazione dell’art.

dello statuto del contribuente e del principio del giusto procedimento.
Violazione dei diritti della difesa.».
I ricorrenti premettono che la sentenza n. 98/05 della CTR, passata
in giudicato, non quantificava la pretesa tributaria, ma enunciava i criteri
cui si sarebbe dovuto attenere l’Ufficio per la successiva attività di
accertamento.
Ciò precisato, lamentano che l’Ufficio, anziché procedere all’iscrizione
a ruolo, avrebbe dovuto rinnovare l’accertamento fiscale, garantendo il
diritto di difesa della società e dei soci.
1.1. Il motivo è inammissibile.
La censura non è rivolta alla sentenza impugnata, ma (in modo non
consentito) esclusivamente all’attività impositiva dell’Ufficio fiscale.
D’altra parte, l’Amministrazione finanziaria, avviando l’attività di
riscossione, si è limitata a eseguire, doverosamente, le statuizioni
derivanti dal giudicato tributario.
2. Secondo motivo: «Violazione e falsa applicazione dell’art. 32 DPR
600/73. Violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 2729 cod. civ.
Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto
controverso e decisivo per il giudizio.».
I ricorrenti si dolgono della sentenza impugnata che sarebbe incorsa
nell’erronea interpretazione dell’art. 32, del d.P.R. 29 settembre 1973, n
600, poiché la società contribuente, nel giudizio di merito, aveva
dimostrato l’irrilevanza, ai fini impositivi, sia dei versamenti in conto
corrente (trattandosi di mutui e giroconti, ossia di operazioni non
produttive di reddito e, in quanto tali, non tassabili) che dei prelievi, che
non potevano essere ricondotti alla categoria dei ricavi d’impresa, perché
erano stati identificati i destinatari delle medesime somme.
2.1. Il motivo è inammissibile.
3

42 del DPR 600, dell’art. 12 del DPR 602 e del DLGS 46/99. Violazione

RG n. 21943/2011
Cons. est. Riccardo Guida

Occorre richiamare il costante orientamento della Corte che esclude
l’inammissibilità del ricorso per cassazione che presenti, congiuntamente
in rubrica, i due profili di censura della violazione di legge e del vizio di
motivazione, a condizione che il ricorso: «esibisca sufficiente specificità,
cioè la caratteristica che principalmente contraddistingue l’impugnazione
in sede di legittimità. Pertanto allorquando il motivo di ricorso evidenzi
nitidamente nel proprio seno i profili attinenti la ricostruzione del fatto e

all’interpretazione o alla applicazione della o delle norme appropriate alla
fattispecie, non v’è luogo per rilevare vizi del ricorso stesso.» (Cass.
24/04/2013, n. 9793; 11/04/2018, n. 8915).
Nel caso di specie, al contrario, tale nitida distinzione delle diverse
ragioni di censura non è ravvisabile; difatti il ricorso contiene un’indistinta
unificazione e sovrapposizione delle ragioni di critica – riconducibili al vizio
di violazione di legge e al vizio della motivazione – e demanda,
impropriamente, alla Corte di sostituirsi ai contribuenti per enucleare,
dall’insieme delle critiche congiuntamente proposte, autonomi profili di
censura (Cass. 18/04/2018, n. 9486).
I ricorrenti, inoltre, non denunciano alcuna violazione di legge o vizio
della motivazione, rilevanti nel giudizio di legittimità, ma sollecitano la
Corte ad un nuovo esame dei fatti di causa, il cui apprezzamento è
insindacabilmente rimesso al giudice di merito.
3. Ne consegue il rigetto del ricorso.
4. Le spese processuali seguono la soccombenza.
P.Q.M.

rigetta il ricorso;
condanna i contribuenti, in solido tra loro, al pagamento delle spese
del giudizio di legittimità che liquida in euro 8.000,00 a titolo di
compenso, oltre alle spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 15 maggio 2018

Il Consigliere est.

Il Presidente

passi successivamente alla trattazione delle doglianze relative

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