Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18395 del 09/07/2019

Cassazione civile sez. lav., 09/07/2019, (ud. 20/03/2019, dep. 09/07/2019), n.18395

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 375-2014 proposto da:

I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati

ANTONINO SGROI, CARLA D’ALOISIO, LELIO MARITATO, EMANUELE DE ROSE;

– ricorrente –

contro

A.T.E.R. AZIENDA TERRITORIALE PER L’EDILIZIA RESIDENZIALE DELL’ALTO

FRIULI, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GREGORIO VII 466, presso lo

studio dell’avvocato GIUSEPPE COSSA, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato GIUSEPPE CAMPEIS;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 244/2013 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE,

depositata il 18/06/2013 R.G.N. 145/2012;

il P.M. ha depositato conclusioni scritte ed ha chiesto

l’accoglimento del ricorso.

Fatto

RILEVATO

CHE:

Con sentenza n. 244 del 2013, la Corte d’appello di Trieste ha accolto l’appello proposto, nei riguardi dell’INPS, da ATER (Azienda Territoriale per l’Edilizia Territoriale dell’Alto Friuli) avverso la sentenza del Tribunale di Udine, di rigetto dell’opposizione a cartella di pagamento relativa alla contribuzione per malattia e maternità, riferita ai dipendenti di ATER per il mese di giugno 2009, basata sul presupposto che nulla a tali titoli fosse dovuto all’INPS in ragione della propria natura effettiva di ente pubblico economico, senza assunzione di attività d’impresa, con obblighi di iscrizione del personale all’INPDAP;

la Corte territoriale ha ritenuto che il D.L. n. 112 del 2008, art. 20, comma 2, conv. con modif. in L. n. 133 del 2008(secondo il quale dal 1 gennaio 2009, le imprese dello Stato, degli enti pubblici e degli enti locali privatizzate e a capitale misto sono tenute a versare, secondo la normativa vigente: a) la contribuzione per maternità; b) la contribuzione per malattia per gli operai), non fosse applicabile ad ATER in ragione della sua natura giuridica di ente pubblico economico non rientrante nelle categorie ivi citate di “imprese dello Stato, degli enti pubblici e degli enti locali privatizzate e a capitale misto” e non oggetto di processi di privatizzazione;

ciò per il tenore letterale di tale inciso che smentirebbe la tesi dell’INPS secondo la quale tutte le imprese gestite da enti pubblici (compresa la Regione) sarebbero assoggettate a contribuzione, dovendosi riferire la locuzione finale “privatizzate e a capitale misto” esclusivamente alle imprese degli enti locali, visto che la forma “a capitale misto” è tipica delle imprese che gestiscono servizi pubblici degli enti locali; comunque, ad avviso della sentenza impugnata, pur volendosi riferire il detto primo inciso anche agli enti regionali, sarebbe tuttavia da escludere che esso possa riguardare ATER, in quanto tale ente, pur avendo assunto natura ibrida, non presenta i requisiti della avvenuta “privatizzazione” e del fondarsi su capitale di tipo misto, posto che, secondo quanto previsto dalla L.R. Friuli Venezia Giulia n. 24 del 1999, ATER è un ente pubblico economico, strumentale alla Regione, dotato di personalità giuridica, che persegue, sia pure con forme privatistiche, finalità proprie della Regione, gestendone il patrimonio edilizio, con assoggettamento a procedure ad evidenza pubblica e soggezione al controllo pubblico per le nomine, la gestione e il bilancio e non attività d’impresa;

avverso tale sentenza ricorre l’INPS con unico articolato motivo;

resiste, con controricorso illustrato da memoria, ATER;

il Procuratore generale ha depositato le proprie conclusioni chiedendo l’accoglimento del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con l’unico motivo di ricorso si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione delle seguenti disposizioni: L. 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 21 (contribuzione di maternità); D.L. 25 giugno 2008, n. 112, art. 20convertito con modificazioni dalla L. 6 agosto 2008, n. 133; L.R. Friuli Venezia Giulia 27 agosto 1999, n. 24;

si sottolinea che: a) la suindicata legge regionale, nel disciplinare la trasformazione degli IACP regionali in Aziende Territoriali per l’Edilizia, ha configurato tali aziende come enti pubblici di natura economica, strumentali alla Regione, dotati di personalità giuridica, di autonomia imprenditoriale, patrimoniale e contabile ed, a conclusione del menzionato processo di trasformazione, I’ATER dell’Alto Friuli ha ottenuto l’iscrizione alla Camera di Commercio proprio in conseguenza della acquisita configurazione di ente pubblico economico; b) l’oggetto sociale di ATER include anche l’acquisizione di immobili da privati e la stipulazione di contratti di diritto privato con privati cittadini; c) la L.R. Friuli Venezia Giulia n. 24 del 1999, art. 19 ha stabilito che al personale dipendente dalle Aziende si debba applicare il trattamento giuridico, economico e previdenziale previsto dal CCNL proprio degli IACP trasformati in aziende; d) il rapporto previdenziale relativo ai dipendenti delle Aziende regionali in oggetto è instaurato con l’INPS attraverso il versamento della contribuzione per invalidità, vecchiaia e superstiti al Fondo previdenza lavoratori dipendenti;

ad avviso dell’Istituto, alla luce di tali presupposti di fatto e normativi, ATER è obbligata a versare i contributi di maternità per i propri dipendenti a decorrere dal 1 gennaio 2009, in base al D.L. n. 112 del 2008, art. 20, comma 2, e ciò in quanto la. indennità per la maternità, attualmente disciplinata del D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151, art. 79 (come via via modificato), stabilisce che i datori di lavoro devono provvedere al relativo finanziamento con un contributo sulle retribuzioni di tutti i lavoratori dipendenti, di misura diversa a seconda del settore di attività del datore di lavoro stesso e l’interpretazione del D.L. n. 112 del 2008, art. 20, comma 2, cit. sostenuta nella sentenza impugnata – in base alla quale le imprese degli enti regionali, come ATER, sono esclusi dal campo di applicazione della norma potrebbe portare alla conclusione o che i dipendenti delle suddette imprese non abbiano diritto a ricevere alcuna prestazione per maternità o per malattia (visto che il sistema previdenziale è attualmente integralmente contributivo) ovvero che il relativo finanziamento debba essere posto a carico di tutta la collettività;

il ricorso è ammissibile perchè censura la sentenza non sulla base delle valutazioni operate in fatto e relative alle caratteristiche costitutive di Ater, ma bensì sotto il profilo della erronea interpretazione della disciplina istitutiva dell’obbligo di contribuzione rivendicato e sulla legge regionale che ha previsto la trasformazione degli enti pubblici preposti al settore abitativo ed ha istituito e regolato A.T.E.R. Alto Friuli;

inoltre, quanto alla ulteriore eccezione sollevata dalla contro-ricorrente, non si tratta di inammissibili nuove prospettazioni giacchè nel giudizio di cassazione è preclusa la proposizione di nuove questioni di diritto soltanto nel caso in cui le stesse implichino, anche in ordine agli elementi di fatto, una modificazione dei termini della controversia, mentre è consentito dedurre nuove tesi giuridiche e nuovi profili di difesa quando essi si fondino sugli stessi elementi di fatto già dedotti davanti al giudice di merito e per essi quindi non sia necessario un nuovo accertamento (vedi, per tutte: Cass. 14 ottobre 2005, n. 20005; Cass. 5 giugno 2003, n. 8993; Cass. 9 maggio 2000, n. 5845; Cass. 21 novembre 1995, n. 12020);

il ricorso è fondato in conformità ai precedenti di questa Corte cui si intende dare continuità (Cass. n. 2756 del 2014; n. 5429 del 2019; n. 9204 del 2014), in quanto resi in fattispecie del tutto assimilabili alla presente,trovando applicazione leggi regionali di contenuto analogo alla L.R. Friuli Venezia Giulia n. 24 del 1999 qui in rilievo, che hanno affermato quanto segue:

lo Stato, nella materia dell’edilizia residenziale pubblica, interviene attraverso l’approvazione di un piano nazionale di edilizia abitativa che si affianca ai piani regionali e nel livello normativo attribuito alle regioni si iscrive l’attività di gestione degli alloggi, di rispettiva proprietà, svolta dagli IACP e dagli altri enti o strutture sostitutivi di questi, che la stessa Corte Costituzionale qualifica come “enti strumentali delle Regioni” (sentenze n. 94 del 2007 e n. 121 del 2010), enti che tuttavia devono svolgere la loro attività senza scavalcare le possibili scelte gestionali della Regione di appartenenza, non potendo avere un titolo giuridico autonomo che li autorizzi ad agire in contrasto con le “linee direttive regionali”;

la suddetta configurazione trova corrispondenza in quella riservata agli IACP prima della citata riforma costituzionale del 2001, che, come si è detto, non ha inciso sulla determinazione della consistenza della materia dell’edilizia residenziale pubblica posto che il D.P.R. n. 616 del 1977, art. 93 dopo avere previsto il formale trasferimento alle Regioni ordinarie della competenza legislativa nella suddetta materia (comma 1), aveva anche, coerentemente, incluso nel trasferimento “le funzioni statali relative agli IACP fermo restando il potere alle regioni… di stabilire soluzioni organizzative diverse” (comma 2), pur essendo stato demandato ai Comuni il cosiddetto servizio della casa (D.P.R. n. 616, art. 95) e pur permanendo penetranti poteri di programmazione in capo allo Stato;

a fronte di ciò persiste l’autonomia gestionale degli IACP, al pari di quella di tutti gli altri enti ed organismi ad essi affiancati (Corte Cost. sentenza n. 243 del 1985);

a partire dalla seconda metà degli anni novanta le Regioni hanno iniziato in tale ottica la trasformazione degli enti di edilizia residenziale sovente in enti pubblici economici, ed in tale attività rientra anche la L.R. Friuli Venezia Giulia n. 24 del 1999;

dopo la riforma costituzionale del 2001, tale produzione legislativa regionale si è ulteriormente intensificata ed ha portato alla istituzione di una molteplicità di “enti riformati”, ai quali sono state attribuite svariate denominazioni (Aziende, Agenzie etc..), tutte dirette a porre in risalto il nuovo ruolo imprenditoriale attribuito agli enti pur mantenendosi la loro natura di ente pubblico dotato di organizzazione, amministrazione e contabilità autonome, ruolo strumentale dell’ente rispetto alla Regione che ne esercita il controllo;

la legge del Friuli Venezia Giulia L.R. n. 24 del 1999, configurando A.T.E.R. come ente pubblico economico, rientra in tale quadro;

il personale dipendente dagli enti è, dunque, passato dal Comparto di contrattazione collettiva delle Regioni e Autonomie locali a quello degli enti pubblici economici del settore dell’edilizia, cioè a quello dei Dipendenti delle aziende per l’edilizia residenziale pubblica aderenti a FEDERCASA;

di ciò tiene conto anche la L.R. Friuli Venezia Giulia n. 24 del 1999 cit. che all’art. 19 stabilisce: “(…) al personale non dirigente delle ATER è applicato il contratto collettivo nazionale di lavoro per i dipendenti delle Aziende aderenti a Federcasa-Aniacap (…). La Giunta regionale, con adeguata motivazione, può successivamente disporre l’applicazione di altro contratto nazionale o regionale ritenuto più idoneo ad esclusione di quello applicato al comparto unico del pubblico impiego regionale e locale del Friuli-Venezia Giulia, di cui alla L.R. 9 novembre 1998, n. 13, art. 127”;

dal punto di vista previdenziale e pensionistico il personale degli IACP (in coerenza con la rilevata natura degli enti, confermata anche dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 1, comma 2, che comprende gli IACP tra le “amministrazioni pubbliche”) è stato iscritto all’INPDAP, gestione ex CPDEL (che poi è confluito nell’INPS, a decorrere dal 1 gennaio 2012, ai sensi del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito dalla L. 27 dicembre 2011, n. 214), mentre, man mano che venivano disposte le suddette trasformazioni, i dipendenti degli enti o strutture sostitutivi degli IACP sono stati iscritti all’INPS, per l’assicurazione IVS (c.d. previdenza maggiore);

fino a quando gli IACP sono rimasti pubbliche amministrazioni le prestazioni relative alla c.d. previdenza minore (per malattia degli operai e per maternità) sono state regolate dal regime proprio di tali amministrazioni secondo cui il relativo trattamento economico viene corrisposto direttamente dalle amministrazioni o enti di appartenenza;

nulla è stato espressamente disposto con riguardo alle suindicate prestazioni (di c.d. previdenza minore) in riferimento ai dipendenti degli enti e delle strutture sostitutivi degli IACP, ma, come regola generale, per gli iscritti all’INPS per l’assicurazione IVS è sempre l’INPS a provvedere anche alle prestazioni della cd. previdenza minore, sulla base dei contributi versati dai datori di lavoro; ne consegue che, nel silenzio della legge, non può che farsi riferimento a tale regola generale, che corrisponde anche all’esigenza di applicare a tutti i dipendenti dei suddetti enti – comunque denominati e configurati – la medesima disciplina anche previdenziale;

in tale quadro si inserisce il D.L. 25 giugno 2008, n. 112, art. 20, comma 2, convertito dalla L. 6 agosto 2008, n. 133 che fa riferimento alle “imprese dello Stato” con ciò – secondo una interpretazione del testo costituzionalmente orientata al principio di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost. – lasciando intendere che all’elencazione in essa prevista non può essere attribuito carattere tassativo; ne consegue che la suddetta espressione – tenendo conto anche degli artt. 11 e 117 Cost. – non può che essere intesa in senso a-tecnico, come riferita alle “imprese partecipate, in tutto o in parte, dallo Stato” (vedi INPS – Circolare n. 114 del 30 dicembre 2008 e INPDAP – Nota operativa n. 18 del 22 dicembre 2009 nonchè Nota 20 luglio 2011, n. 18) ed è, pertanto, evidente che la stessa valenza a-tecnica debba essere attribuita alla restante parte dell’elencazione contenuta nel citato comma 2, che quindi va inteso nel senso di assoggettare alla contribuzione ivi prevista (da effettuare all’INPS): a) tutte le imprese degli pubblici e degli enti locali FS (di cui al D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 e successive modificazioni e integrazioni), che sono state interessate, per effetto di norme di legge, di regolamento o convenzione, da processi di privatizzazione avviati nel corso degli anni 90 ed ancora In via di completamento e che hanno continuato ad essere assoggettate ad un regime previdenziale di tipo pubblicistico, nonchè a regimi speciali riconosciuti alle medesime In forza di specifiche disposizioni normative; b) tutte le Imprese a capitale misto degli enti pubblici e degli enti locali; c) nonchè le imprese costituite a seguito di trasformazioni di enti ed istituti di diritto pubblico, i cui dipendenti già assoggettati a regimi previdenziali speciali sono poi confluiti nell’INPDAP;

fra queste ultime imprese rientrano, appunto, a titolo esemplificativo e non esaustivo, le imprese ex municipalizzate, gli ex IACP e gli Istituti di credito di diritto pubblico privatizzati;

a fronte di questa situazione, appare del tutto irrilevante la mancata menzione nel testo della disposizione delle Regioni e/o degli enti strumentali regionali (quali sono gli ex IACP);

la Corte d’appello, nella sentenza impugnata, ha escluso l’obbligo di ATER di versare i contributi in argomento sulla base di una interpretazione dell’art. 20, comma 2, cit. legata al solo dato testuale che l’ha portata a ritenere che, pur volendo considerare compresi dalla norma gli enti regionali, comunque essa sarebbe inapplicabile all’ARTE cit., in quanto tale ente, pur avendo assunto natura ibrida, non avrebbe i requisiti per l’assoggettamento alla contribuzione in oggetto, rappresentati dalla avvenuta “privatizzazione” e dal capitale di tipo misto;

tale impostazione risulta essere basata su una premessa non condivisibile, rappresentata dal considerare il testo della norma come preciso dal punto di vista tecnico-giuridico, mentre esso va inteso in senso a-tecnico ed omnicomprensivo di tutti gli enti che svolgono attività di impresa a partecipazione pubblica (di qualsiasi tipo);

essa risulta anche contraria alla legislazione regionale di riferimento, posto che la L.R. n. 24 del 1999, art. 3, comma 2 – non modificato sul punto – prevede: “Le ATER sono enti pubblici economici aventi personalità giuridica, autonomia imprenditoriale, gestionale, patrimoniale e contabile, sono dotate di un proprio statuto e sottoposte alla vigilanza della Regione; alle ATER si applica la normativa generale in materia di società per azioni in quanto compatibile” e l’art. 4, comma 1, della stessa legge regionale richiamata dispone: “1. Le ATER realizzano gli obiettivi definiti dalla programmazione regionale nei settori dell’abitazione e dei servizi residenziali e sociali, anche mediante autonome iniziative imprenditoriali ritenute utili al perseguimento dei propri fini istituzionali, e forniscono assistenza tecnica nelle stesse materie ed in quella dell’assetto territoriale agli Enti locali, ad enti pubblici ed a soggetti privati” e va aggiunto che la legislazione regionale in commento prevede anche la possibilità per i suddetti enti pubblici economici di partecipare o costituire società per l’esercizio dei compiti istituzionali o per altre attività imprenditoriali nel settore;

deve ritenersi che, nel caso di specie, l’ente abbia acquisito natura tale da essere ricompreso nella sfera di applicazione della norma impugnata, in quanto ai suddetti fini è sufficiente fare riferimento alla configurazione che all’ente è stata data dal legislatore regionale, mentre non è rilevante il fatto che alcune tra le previste disposizioni – destinate ad incrementare gli aspetti privatistici dell’attività della Azienda – non abbiano avuto ancora applicazione;

per le suesposte ragioni il ricorso dell’INPS deve essere accolto e la sentenza della Corte di appello di Trieste deve essere cassata;

non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, rigettando la opposizione di ATER alla cartella di pagamento con la quale era stato preteso il pagamento della contribuzione di maternità per il periodo giugno 2009;

la novità, all’epoca dello svolgimento del processo nei gradi di merito, e la complessità delle questioni trattate, rappresentano giusti motivi per una integrale compensazione tra le parti delle spese dell’intero processo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’opposizione di ATER dell’Alto Friuli avverso la cartella di pagamento relativa all’obbligo di versare i contributi di maternità per i propri dipendenti per il periodo giugno 2009; compensa le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 20 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 luglio 2019

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA