Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18395 del 04/09/2020

Cassazione civile sez. trib., 04/09/2020, (ud. 31/01/2020, dep. 04/09/2020), n.18395

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. NICASTRO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. MAISANO Giulio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 19586/2013 R.G. proposto da:

Agenzia delle entrate, con sede in Roma, in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n.

12, presso l’Avvocatura generale dello Stato, che la rappresenta e

difende;

contro

A.E., rappresentato e difeso dall’Avv. Giovanni Filippo

Alfani, con domicilio eletto in Roma, via Vito Giuseppe Galati, n.

100/C, presso l’Avv. Anna D’Alise;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del

Piemonte n. 22/28/11 depositata il 10 giugno 2011.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 31 gennaio

2020 dal Consigliere Giuseppe Nicastro.

 

Fatto

RILEVATO

che:

l’Agenzia delle entrate notificò a A.E., notaio, un avviso di accertamento con il quale disconobbe la deducibilità dalla base imponibile dell’IRAP dei contributi versati nell’anno 2005 al Consiglio nazionale del notariato e alla Cassa nazionale del notariato, ritenendo che gli stessi non costituissero costi inerenti all’attività esercitata, deducibili dal reddito di lavoro autonomo professionale e, quindi, dalla base imponibile dell’IRAP, bensì oneri previdenziali e assistenziali, deducibili dal reddito complessivo e non computabili ai fini della determinazione della base imponibile dell’IRAP;

l’avviso di accertamento fu impugnato davanti alla Commissione tributaria provinciale di Novara che accolse il ricorso del contribuente;

avverso tale pronuncia, l’Agenzia delle entrate propose appello alla Commissione tributaria regionale del Piemonte (hinc anche: “CTR”), che lo rigettò;

la CTR ritenne che fosse “indubitabile che la finalità delle contribuzioni in argomento è previdenziale, così come è indubitabile che l’obbligazione del versamento sorge in capo al professionista al momento del rogito dell’atto, determinando una componente negativa di reddito”, osservando, al riguardo, che: “(i)n linea di principio, l’analogia con le contribuzioni previdenziali di altre categorie di lavoratori se può da un lato attrarre la fattispecie alla deducibilità dal reddito complessivo non esclude a priori che dette somme costituiscano componente negativa di una categoria di redditi (…). Infatti il TUIR, art. 10, nell’elencare gli oneri deducibili dal reddito prevede che gli oneri in elenco sono deducibili se non già dedotti dalle singole categorie di reddito”; “(n)el caso in esame, (…) le particolari disposizioni relative al momento in cui sorge l’obbligazione per il professionista che sussiste anche in caso di mancanza o impossibilità di rivalsa, portano a concludere per la presenza di un costo inerente la produzione del reddito, componente negativo della specifica categoria di reddito”;

avverso tale sentenza della CTR – depositata il 10 giugno 2011 e non notificata – ricorre per cassazione l’Agenzia delle entrate, che affida il proprio ricorso, notificato il 19-20 luglio 2013, a un unico motivo;

A.E. resiste con controricorso, notificato l’11 ottobre 2013; lo stesso A.E. ha depositato una memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con l’unico motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), la violazione o falsa applicazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 10, comma 1, lett. e), e art. 54, e del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 447, art. 8, per avere la CTR erroneamente reputato che i contributi versati dai notai al Consiglio nazionale del notariato e alla Cassa nazionale del notariato costituiscano costi inerenti all’attività esercitata, deducibili dal reddito di lavoro autonomo professionale e, quindi, dalla base imponibile dell’IRAP, laddove gli stessi, avendo natura previdenziale o assistenziale ed essendo versati in ottemperanza a disposizioni di legge, devono ritenersi deducibili dal reddito complessivo, ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 10, comma 1, lett. e), e, quindi, non sono computabili ai fini della determinazione della base imponibile dell’IRAP;

deve essere preliminarmente esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso, ai sensi dell’art. 360-bis c.p.c., n. 1), sollevata dal controricorrente sull’assunto che l’impugnata sentenza della CTR avrebbe deciso la questione di diritto in modo conforme alla giurisprudenza di questa Corte (sono citate, in particolare, Cass., 26/02/2001, n. 2781 e 27/01/2009, n. 1939) e l’esame dell’unico motivo di ricorso non offrirebbe elementi per mutarne l’orientamento;

l’eccezione non può essere accolta atteso che la questione di diritto decisa dalle due pronunce invocate – come pure da Cass., 12/03/2001, n. 3595 e 12/03/2001, n. 3596 – era relativa: a) all’interpretazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 10, comma 1, lett. i), e art. 50, e non del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 10, comma 1, lett. e), e art. 54; b) alla deducibilità dei soli contributi versati alla Cassa nazionale del notariato e non anche di quelli versati al Consiglio nazionale del notariato; c) alla deducibilità degli stessi contributi dal reddito e non dalla base imponibile dell’IRAP;

l’unico motivo di ricorso non è fondato;

con riferimento al D.P.R. n. 597 del 1973, art. 50, comma 1, (secondo cui “(i)l reddito derivante dall’esercizio di arti e professioni è costituito dalla differenza tra i compensi percepiti nel periodo di imposta e le spese inerenti all’esercizio dell’arte o professione effettivamente sostenute nel periodo stesso”), le menzionate Cass. n. 2781, n. 3595 e n. 3596 del 2001 hanno espresso l’orientamento – che questo collegio condivide – che “i contributi versati dai notai alla cassa Nazionale del Notariato sugli onorari loro spettanti sono indubbiamente “inerenti”, e cioè connessi, all’attività professionale svolta”, non potendosi “limitare (…) il concetto di “inerenza” alle sole spese necessarie per la produzione del reddito ed escluderlo per quelle che sono una conseguenza del reddito prodotto”, dato che “(t)ale distinzione non si rinviene nella legge e non è neppure ricavabile dall’aggettivo “inerente” usato dal legislatore, in quanto esso, per la sua genericità, postula un rapporto di intima relazione tra due cose o idee che si può verificare sia quando l’una sia lo strumento per realizzare l’altra sia quanto ne sia l’immediata derivazione” (in senso analogo, anche Cass., n. 1939 del 2009);

con riferimento al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 54, comma 1, (secondo cui “(i)l reddito derivante dall’esercizio di arti e professioni è costituito dalla differenza tra l’ammontare dei compensi in denaro o in natura percepiti nel periodo di imposta, anche sotto forma di partecipazione agli utili, e quello delle spese sostenute nel periodo stesso nell’esercizio dell’arte o della professione, salvo quanto stabilito nei successivi commi. I compensi sono computati al netto dei contributi previdenziali e assistenziali stabiliti dalla legge a carico del soggetto che li corrisponde”) – che disciplina la stessa materia già regolata dal D.P.R. n. 597 del 1973, art. 50, comma 1, – Cass. 10/01/2018, n. 321, le cui motivazioni e conclusioni sono pure condivise dal collegio, ha affermato che detto art. 54, comma 1, non ha escluso la deducibilità dal reddito di lavoro autonomo professionale dei cosiddetti contributi repertoriali versati dai notai alla Cassa nazionale del notariato, in quanto “permane(…) invariata la loro inerenza all’esercizio professionale”;

questa Corte ha chiarito che i suddetti contributi (previsti dalla L. 27 giugno 1991, n. 220, art. 12), sono deducibili non a norma del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 54, comma 1, secondo periodo, – essi, infatti, sono posti dalla legge non a carico del cliente del notaio, come richiederebbe il menzionato secondo periodo, ma direttamente a carico di questi, per il fatto di avere iscritto l’atto a repertorio (sicchè gli stessi contributi sono corrisposti soltanto dal notaio, indipendentemente dall’effettiva percezione del compenso della prestazione professionale) – bensì a norma del cit. comma 1, primo periodo, là dove fa riferimento alle “spese sostenute nel periodo stesso nell’esercizio dell’arte o della professione”, cioè alle spese che, “come quelle in esame, sono inerenti all’attività svolta”;

la stessa Cass., n. 321 del 2018 ha altresì precisato come a tale conclusione non osti la previsione, di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 10, comma 1, lett. e), della deducibilità dal reddito complessivo dei “contributi previdenziali ed assistenziali versati in ottemperanza a disposizioni di legge”, atteso che tale deducibilità dal reddito complessivo è prevista solo in via residuale, quando gli oneri “non sono deducibili nella determinazione dei singoli redditi che concorrono a formarlo”;

a tale deducibilità dal reddito di lavoro autonomo professionale dei contributi versati dai notai alla Cassa nazionale del notariato corrisponde – come pure condivisibilmente ritenuto da Cass., n. 321 del 2018 – la deducibilità degli stessi contributi dalla base imponibile dell’IRAP, ai sensi del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 8, (secondo cui, nel testo applicabile ratione temporis, “(p)er i soggetti di cui all’art. 3, comma 1, lett. c), (e, quindi, anche per “le persone fisiche (…) esercenti arti e professioni”), la base imponibile è determinata dalla differenza tra l’ammontare dei compensi percepiti e l’ammontare dei costi sostenuti inerenti alla attività esercitata, compreso l’ammortamento dei beni materiali e immateriali, esclusi gli interessi passivi e le spese per il personale dipendente”);

per le medesime ragioni esposte, la deducibilità dal reddito di lavoro autonomo professionale e, quindi, dalla base imponibile dell’IRAP, deve essere affermata anche riguardo ai contributi versati dai notai al Consiglio nazionale del notariato, ai sensi della L. n. 220 del 1991, art. 20, anch’essi posti da tale disposizione direttamente a carico del notaio per il fatto di avere iscritto l’atto a repertorio;

il ricorso deve, pertanto, essere rigettato;

le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza, ai sensi dell’art. 91 c.p.c., comma 1, e sono liquidate come indicato in dispositivo;

non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 288, art. 1, comma 17, in quanto la soccombente ricorrente è istituzionalmente esonerata dal materiale versamento del contributo unificato, mediante il meccanismo della prenotazione a debito.

PQM

rigetta il ricorso; condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento, in favore di A.E., delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.000,00, oltre agli accessori di legge e alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento.

Così deciso in Roma, il 31 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 settembre 2020

 

 

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