Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18394 del 12/07/2018


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 18394 Anno 2018
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: CONDELLO PASQUALINA ANNA PIERA

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 10649/2016 R.G. proposto da
BIONDA FRANCESCO, rappresentato e difeso dall’avv. Fabio Pace, con
domicilio eletto presso il suo studio in Milano, Corso di Porta Romana, n. 89/b;

– ricorrente CO ntro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,
elettivamente domiciliata in Roma, alla via Portoghesi, n. 12, presso
l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende come per
legge;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 667/18/15 della Commissione Tributaria regionale
dell’Emilia Romagna depositata il 25 marzo 2015

Data pubblicazione: 12/07/2018

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 15/5/2018 dal Consigliere
Pasqualina Anna Piera Condello;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale,
dott. Umberto De Augustinis, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito il difensore della parte ricorrente, avv. Fabio Pace;
udito il difensore della parte controricorrente, Avv. Lucrezia Fiandaca

Bionda Francesco, già dirigente della società Enel s.p.a., aderiva in data
anteriore al 28 aprile 1993, al trattamento di previdenza integrativa aziendale
interno, denominato P.I.A., istituito a seguito di accordo del 16 aprile 1986
tra Enel s.p.a. e Fndai (Federazione nazionale dirigenti aziende industriali);
successivamente i fondi accumulati in P.I.A. venivano trasferiti al Fondo di
Previdenza integrativo esterno denominato Fondenel (Fondo Dirigenti Enel).
Alla cessazione del rapporto di lavoro, sulla somma complessiva
corrisposta dal datore di lavoro a titolo di indennità di fine rapporto veniva
effettuata una ritenuta con applicazione dell’aliquota pari al 31,52°/0 e, a
seguito di richiesta, da parte del Bionda, di liquidazione della quota di
partecipazione al Fondo (per un ammontare pari ad euro 651.129,94), veniva
operata una ritenuta a titolo d’imposta Irpef con applicazione dell’aliquota del
31,52 per cento.
Il Bionda, assumendo che la ritenuta applicata non fosse corretta, in
quanto in base alla normativa applicabile alle prestazioni erogate in forma di
capitale in dipendenza di contratti di assicurazione o capitalizzazione,
maturate in favore di coloro che si erano iscritti in data anteriore al 28 aprile
1993, la ritenuta doveva essere operata nella minor misura del 12,5 per
cento, in forza del regime fiscale vigente anteriormente alla riforma attuata
dalla legge n. 335/1995, presentava istanza di rimborso della eccedenza di
imposta versata, deducendo che l’erogazione di cui aveva beneficiato, da
considerarsi reddito da capitale, era sottoposta alla minore aliquota del
12,5%, prevista dall’art. 6 della I. 482/1985.
A seguito del silenzio rifiuto della Agenzia delle Entrate, il contribuente
proponeva ricorso alla Commissione tributaria provinciale, che lo accoglieva,

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FATTI DI CAUSA

riconoscendo che il ricorrente era titolare di una forma pensionistica
complementare già esistente alla data del 28 aprile 1993, come tale sottratta
alla tassazione separata e soggetta a ritenuta sulla base dell’aliquota del
12,5% di cui all’art. 6 della I. 482/1985.
Proposto appello dalla Agenzia delle Entrate, la Commissione tributaria
regionale lo accoglieva, motivando che la contribuzione integrativa
rappresentava elemento contrattuale del rapporto di lavoro, per cui le somme

della cessazione del rapporto di lavoro ed andavano, quindi, tassate ai sensi
dell’art. 16, comma 1, lett. a) e dell’art. 17 del t.u.i.r.
Avverso la suddetta decisione il Bionda proponeva ricorso per cassazione
e questa Corte, con sentenza n. 18477/13, richiamando il principio di diritto
enunciato con la sentenza n. 13642/11 dalle Sezioni Unite, cassava la
sentenza impugnata e rinviava la causa ad altra Sezione della Commissione
tributaria regionale.
Riassunto il giudizio, la Commissione tributaria regionale, in sede di
rinvio, rilevando che, sulla base dei principi enunciati dalle Sezioni Unite,
occorreva verificare se vi fosse stato o meno impiego sul mercato, da parte
del Fondo, del capitale accantonato e quale fosse stato il rendimento
conseguito in relazione a tale impiego, affermava che sulla base della
documentazione prodotta dall’Agenzia delle Entrate si evinceva che nessun
rendimento era derivato dall’investimento, da parte del fondo P.I.A., sui
mercati finanziari del capitale accantonato, mentre risultava attestato da
Fondenel un rendimento netto di euro 26.423,76, su cui doveva essere
applicata la aliquota del 12,5 per cento.
Il giudice di appello, pertanto, riconosceva in favore del contribuente il
diritto al rimborso della somma di euro 5.026.00, respingendo per il resto
l’appello.
Bionda Francesco propone ricorso per cassazione, sulla base di sei motivi,
cui resiste l’Agenzia delle Entrate mediante controricorso.
Il contribuente e l’Agenzia delle Entrate hanno depositato memorie ex
art. 378 cod. proc. civ.
MOTIVI DELLA DECISIONE

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erogate conservavano la disciplina generale delle somme percepite a seguito

1. Con il primo motivo, denunciando violazione o falsa applicazione degli
artt. 6 I. n. 482 del 1985, 42, 4° comma, del d.P.R. n. 917/86 (nel testo
applicabile ratione temporis), 1, comma 5, d.l. n. 669 del 31/12/1986,
convertito nella I. 28/2/1997, n. 30, 16 e 17 del d.P.R. n. 917/86, il ricorrente
assume che le Sezioni Unite con le sentenze nn. 13642 e 13643 del 2011,
quando hanno fatto riferimento al “rendimento netto” imputabile alla gestione
sul mercato da parte del Fondo del capitale accantonato, hanno inteso riferirsi

assicurativa propria della P.I.A.; ha inoltre sottolineato che i “rendimenti”
prodotti dalla gestione dei “vecchi fondi” avevano la caratteristica di
rendimenti di origine assicurativa, anche se non prodotti da imprese
assicuratrici, « a condizione che ricorresse quel minimo comune
denominatore da tempo individuato nell’adozione da parte degli stessi Fondi
delle “riserve matematiche” e dei sistemi tecnico-finanziari della
capitalizzazione tipici delle imprese assicurative ».
Secondo la prospettazione del ricorrente, pertanto, la sentenza
impugnata, ritenendo che il rendimento percepito dal contribuente non fosse
riconducibile al cd. “rendimento” individuato dall’art. 6 della I. n. 482/1985,
avrebbe violato quest’ultima disposizione di legge e non avrebbe
correttamente applicato il principio di diritto enunciato da questa Corte.
2. Con il secondo motivo il ricorrente censura la sentenza per violazione
o falsa applicazione degli artt. 2697 cod. civ., 115 e 167 cod. proc. civ. e 7
del d.lgs. n. 546 del 1992 e sostiene che la certificazione Enel a firma del
dott. Barberis Paolo, prodotta nel corso del giudizio di primo grado, attesta
l’ammontare del rendimento maturato dal 1° gennaio 1986 al 1° maggio 1998
e costituisce dunque idonea certificazione ai fini della individuazione dei
rendimenti netti inglobati nella liquidazione capitalizzata della prestazione
previdenziale a favore del contribuente.
3. Con il terzo motivo, denunciando violazione o falsa applicazione degli
artt. 7 e 63 del d.lgs. n. 546 del 1992, si duole del fatto che il giudice di
appello, a fronte della produzione della certificazione Enel a firma del dott.
Barberis, idonea a quantificare la quota – rendimento ed a definire il rimborso
dovuto dall’Erario, non abbia ritenuto di ricorrere ai “poteri integrativi”

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al mero “rendimento di polizza”, rapportato alla natura previdenziale –

previsti dalle norme richiamate nella rubrica del motivo al fine di meglio
approfondire le questioni rilevanti della controversia.
4. Con il quarto e con il quinto motivo denuncia l’omesso esame di fatti
decisivi e rilevanti ai fini della decisione consistenti, rispettivamente, nella
individuazione della tipologa di rendimento e nella quantificazione del
rendimento.
5. Con il sesto motivo, con il quale il ricorrente deduce violazione degli

360, primo comma, cod. proc. civ., il ricorrente assume che la C.T.R. ha
erroneamente ritenuto che, in base al principio di diritto enunciato nella
sentenza di rinvio, potesse esimersi dall’accertare il quantum, rimettendo in
discussione l’an.
6. I motivi di ricorso, che possono essere esaminati congiuntamente in
quanto strettamente dipendenti, sono infondati.
7. La questione relativa alla disciplina impositiva applicabile in materia di
prestazioni erogate in forma di capitale da fondi previdenziali integrativi (nella
specie da P.I.A. e Fondenel) è stata affrontata e definita da questa Corte a
Sezioni Unite con la sentenza n. 13642 del 22/6/2011, che ha affermato il
seguente principio di diritto: “in tema di fondi previdenziali integrativi, le
prestazioni erogate in forma di capitale ad un soggetto che risulti iscritto, in
epoca antecedente all’entrata in vigore del d.lgs. 21 aprile 1993, n. 124, ad
un fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di
versamenti e a causa previdenziale prevalente, sono soggette al seguente
trattamento tributario: a) per gli importi maturati fino al 31 dicembre 2000,
la prestazione è assoggettata al regime di tassazione separata di cui agli artt.
16, comma 1, lett. a) e 17 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, solo per
quanto riguarda la “sorte capitale”, corrispondente all’attribuzione
patrimoniale conseguente alla cessazione del rapporto di lavoro, mentre alle
somme provenienti dalla liquidazione del cd. rendimento si applica la ritenuta
del 12,5% prevista dall’art. 6 della legge 26 settembre 1985, n. 482; b) per
gli importi maturati a decorrere dal 10 gennaio 2001 si applica interamente il
regime di tassazione separata di cui agli artt. 16, comma 1, lett. a) e 17
d.P.R. n. 917/86. Pertanto: la ritenuta fiscale più favorevole del 12,5%,

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artt. 63 d.lgs. n. 546/92, 384 e 392 cod. proc. civ., in relazione al n. 4 dell’art.

propria dei redditi da capitale, è applicabile ai soli iscritti al fondo
previdenziale in data antecedente all’entrata in vigore del d.lgs. n. 124 del
1993; è valevole per gli importi maturati sino e non oltre il 31.12.2000;
riguarda esclusivamente la quota dell’importo erogato corrispondente al
“rendimento netto imputabile alla gestione del mercato, da parte del Fondo,
del capitale accantonato”.
Con la sentenza appena citata le Sezioni Unite hanno in primo luogo

forme pensionistiche complementari prima dell’entrata in vigore del d.lgs. 21
aprile 1993, n. 124 (28 aprile 1993) da quella dei soggetti che si siano iscritti
a forme analoghe in epoca successiva all’entrata in vigore del predetto
provvedimento legislativo, distinzione che discende dalla norma
interpretativa di cui all’art. 1, comma 5, d.l. 31 dicembre 1996, n. 669
(convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30), la quale
prevede che «la disposizione contenuta nell’art. 13, 9° comma, d.lgs. 21
aprile 1993, n. 124, e quella contenuta nell’art. 42, 4° comma, ultimo periodo
del t.u.i.r…., introdotta dall’art. 11, 3° comma, legge 8 agosto 1995, n. 335…
devono intendersi riferite esclusivamente ai destinatari iscritti alle forme
pensionistiche complementari successivamente alla data di entrata in vigore
del citato d.lgs. n. 124 del 1993 »,
Da tale premessa deriva che sono soggetti a tassazione separata, ai sensi
degli artt. 16, comma 1, lett. a) e 17 del t.u.i.r., senza distinzione circa la
loro interna composizione, sia i capitali maturati dai soggetti iscritti a forme
pensionistiche complementari dopo l’entrata in vigore del d.lgs. 21 aprile
1993, n. 124, sia i capitali maturati successivamente al 1° gennaio 2001 dai
soggetti iscritti a forme pensionistiche complementari anteriormente
all’entrata in vigore di quest’ultimo provvedimento.
Con riferimento, invece, ai capitali maturati anteriormente alla predetta
data dai soggetti iscritti a forme pensionistiche complementari anteriormente
all’entrata in vigore del d.lgs. n. 124 del 1993 – in relazione ai quali occorre
applicare « le disposizioni vigenti anteriormente » – le Sezioni Unite hanno
evidenziato che «il trattamento tributario delle prestazioni erogate non è, e
non può essere, indipendente dalla composizione strutturale delle prestazioni

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evidenziato che occorre distinguere la situazione dei soggetti già iscritti a

stesse», le quali « nel caso concreto, trattandosi di un fondo di previdenza
complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa
previdenziale prevalente, sono composte da una “sorte capitale”, costituita
dagli accantonamenti imputabili ai contributi versati dal datore di lavoro (e in
notevole minor misura dal lavoratore), e da un “rendimento netto”,
imputabile alla gestione sul mercato da parte del fondo del capitale
accantonato», con la conseguenza che, secondo la Corte, << possono titolo di capitale, mentre alle somme corrispondenti al rendimento di polizza (nella fattispecie P.I.A.), si applica la tassazione nella misura del 12,50 per cento ai sensi dell'art. 6 legge 26 settembre 1985, n. 482». Poiché il principio enunciato dalle Sezioni Unite con la sentenza sopra richiamata non ha risolto le contrapposte interpretazioni circa il concetto di "rendimento netto", cui applicare la ritenuta del 12,5°/o, questa Corte ha chiarito la nozione di "rendimento netto", ammesso alla tassazione con aliquota del 12,5%, specificando che deve escludersi che la redditività degli accantonamenti, nel bilancio Enel, delle somme imputate al fondo P.I.A., considerata pari alla redditività dell'intero patrimonio della società Enel, possa essere equiparato al "rendimento netto" rinveniente dalla gestione delle somme accantonate mediante investimento sul libero mercato, attesa la evidente eterogeneità delle due fonti reddituali (Cass. 29/12/2011 n. 29583; Cass. n. 289 del 12/1/12; n. 5376 del 4/4/2012; n. 8320 del 25/5/2012; n. 10604 del 22/5/2015; n. 720 del 13/1/2017). Con la sentenza n. 10285 del 26/4/2017 questa Corte ha, quindi, affermato il principio secondo cui, per somme provenienti dal cd. "rendimento netto", devono intendersi << le somme derivanti dall'effettivo investimento del capitale accantonato sul mercato - non necessariamente finanziario - e non anche quelle calcolate attraverso l'adozione di riserve matematiche e di sistemi tecnico - attuariali di capitalizzazione, al fine di garantire la copertura richiesta dalle prestazioni previdenziali concordate». Ha, al contempo, precisato che « l'applicazione del più favorevole meccanismo impositivo ex art. 6 I. n. 482/1985 si giustifica in ragione della "equiparazione" tra i capitali corrisposti in dipendenza di contratti di 7 essere tassate in modo analogo al TFR esclusivamente le somme liquidate a assicurazione sulla vita e (quelli corrisposti in dipendenza di contratti) di capitalizzazione posta dagli artt. 41 (ora 44), comma 1, lett. g-quater) e 42 (ora 45), comma 4, del t.u.i.r.. Non già dunque, per effetto di una diretta riconduzione della fattispecie alla previsione di cui all'art. 6 I. n. 482/1985 (invero espressamente riferita solo ai capitali corrisposti da <

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