Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18394 del 04/09/2020

Cassazione civile sez. trib., 04/09/2020, (ud. 31/01/2020, dep. 04/09/2020), n.18394

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. NICASTRO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. MAISANO Giulio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 19526/2013 R.G. proposto da:

Agenzia delle entrate, con sede in Roma, in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n.

12, presso l’Avvocatura generale dello Stato, che la rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

Immobiliare Taormina Cufra s.r.l., rappresentata e difesa dall’Avv.

Marco Sangalli e dall’Avv. Luisa Bordeaux, con domicilio eletto in

Roma-Ostia, via Angelo Celli, n. 17, presso l’Avv. Maria Elena

Castaldo;

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia n. 5/8/13 depositata il 17 gennaio 2013.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 31 gennaio

2020 dal Consigliere Giuseppe Nicastro.

 

Fatto

RILEVATO

che:

a seguito di indagini bancarie nei confronti dell’Immobiliare Taormina Cufra s.r.l. e dei suoi due soci D.C.G. e D.C.L., ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32, comma 1, nn. 2) e 7), e del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 51, comma 2, nn. 2) e 7), l’Agenzia delle entrate notificò all’Immobiliare Taormina Cufra s.r.l. un avviso di accertamento con il quale, ritenuta la riconducibilità all’attività societaria anche di movimentazioni dei conti correnti intestati ai suddetti soci e la mancata dimostrazione che le movimentazioni bancarie erano state considerate nelle dichiarazioni della società o che erano fiscalmente irrilevanti, accertò maggiori IRES, IRAP e IVA per l’anno d’imposta 2005;

l’avviso di accertamento fu impugnato davanti alla Commissione tributaria provinciale di Milano che accolse il ricorso dell’Immobiliare Taormina Cufra s.r.l.;

avverso tale pronuncia, l’Agenzia delle entrate propose appello alla Commissione tributaria regionale della Lombardia (hinc anche: “CTR”) e l’Immobiliare Taormina Cufra s.r.l. propose appello incidentale;

la CTR, “(i)n via preliminare” e “assorbente dell’esame di ogni altra questione sollevata”, accolse il motivo di appello incidentale con il quale l’Immobiliare Taormina Cufra s.r.l. aveva dedotto l’illegittimità dell’avviso di accertamento perchè emanato prima della scadenza del termine di sessanta giorni dal rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni previsto dalla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 12, comma 7;

avverso tale sentenza della CTR – depositata il 17 gennaio 2013 -ricorre per cassazione l’Agenzia delle entrate, che affida il proprio ricorso, notificato il 17-19 luglio 2013, a un unico motivo;

l’Immobiliare Taormina Cufra s.r.l. resiste con controricorso, notificato il 9 ottobre 2013.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con l’unico motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), la violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, nn. 2) e 7), e art. 33, del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, comma 2, nn. 2) e 7), e della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, sotto i due profili dell’avere la CTR ritenuto: a) l’applicabilità delle previsioni di tale art. 12, nel caso di avvisi di accertamento fondati sugli esiti delle indagini bancarie, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, nn. 2) e 7), e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, comma 2, nn. 2) e 7); b) che la notificazione dell’avviso di accertamento prima della scadenza del termine dilatorio previsto dalla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, (sessanta giorni dal rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni) determina ex se la nullità dello stesso avviso;

deve essere preliminarmente esaminata l’eccezione di inammissibilità del primo profilo dell’unico motivo di ricorso sollevata dall’Immobiliare Taormina Cufra s.r.l. nel controricorso;

la controricorrente ha dedotto, in particolare, che tale profilo di doglianza “risulta fondarsi su premesse del tutto congetturali e su di una rilettura degli scritti della stessa Immobiliare Taormina che, secondo l’Agenzia, non avrebbe contestato l’aspetto relativo alle modalità di verifica”, laddove “l’Immobiliare ha contestato le modalità di verifica” avendo “puntualmente rilevato di essere stata sottoposta ad ampia ed estesa verifica fiscale pure con diversi accessi”, con la conseguenza che “la censura si muove da inesistenti risultati probatori e, proprio tale inesistenza, travolge ammissibilità e logicità del ragionamento ex adverso proposto”;

tale eccezione non è fondata atteso che l’Agenzia delle entrate, nel rispetto del principio di autosufficienza del ricorso, ha adeguatamente precisato la fattispecie concreta oggetto del giudizio della CTR – e da questa, a suo avviso, erroneamente assunta nel paradigma normativo della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, – riportando testualmente ampi stralci: a) dell’avviso di accertamento, dal quale risulta che esso fu emesso a seguito di indagini bancarie, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 7), e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, di successivi inviti alla società, alla socia D.C.L. e agli eredi del socio D.C.G. a “fornire giustificazioni dei rapporti intrattenuti e delle operazioni effettuate” e, infine, “(v)ista la documentazione esibita nei contraddittori del 27/10/2010 (…), del 04/11/2010 (…), e quella integrativa consegnata tramite PEC in data 03/11/2010 (…), in data 07/11/2010 (…), in data 07/11/2010 (…), in data 12/11/2010 (…), e in data 22/11/2010”); b) del ricorso introduttivo e dell’atto di controdeduzioni nel giudizio di appello con appello incidentale, dai quali risulta che l’Immobiliare Taormina Cufra s.r.l. affermò che “(n)el caso del ricorrente, non vi è stata la notifica di un processo verbale di constatazione, ma l’instaurazione di un contraddittorio con l’Agenzia delle entrate che si è svolto in più fasi successive, a partire dal 4 novembre 2010, con il primo accesso per la consegna della documentazione richiesta presso gli uffici finanziari, per concludersi il 22 novembre 2010 con la trasmissione via posta elettronica certificata, degli ulteriori documenti richiesti dai verificatori”;

il primo profilo dell’unico motivo di ricorso è fondato;

le Sezioni unite di questa Corte hanno affermato che le garanzie previste dalla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, (formazione di un verbale di chiusura delle operazioni; rilascio di copia dello stesso al contribuente; facoltà di questi di comunicare osservazioni e richieste e corrispondente dovere dell’ufficio impositore di valutarle; divieto di emettere l’avviso di accertamento prima della scadenza del termine dilatorio di sessanta giorni dal rilascio della copia del verbale, salva la ricorrenza di particolare e motivata urgenza) “trovano applicazione esclusivamente in relazione agli accertamenti conseguenti ad accessi, ispezioni e verifiche fiscali effettuate nei locali ove si esercita l’attività imprenditoriale o professionale del contribuente” (Cass., Sez. U., 09/12/2015, n. 24823; nello stesso senso, Cass., 19/10/2017, n. 24636);

è stato, in particolare, chiarito come militi univocamente in tale senso il dato testuale sia della rubrica della L. n. 212 del 2000, art. 12, (“Diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali”) sia, soprattutto, del cit. art., comma 1, – coniugato con la circostanza che l’intera disciplina in questo contenuta risulta palesemente calibrata sulle esigenze di tutela del contribuente in relazione alle visite ispettive compiute in loco – che, esplicitamente, si riferisce agli “accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali”, cioè a operazioni dell’amministrazione finanziaria “tipizzate ed inequivocabilmente identificabili, in base alle indicazioni di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52, comma 1, richiamato, in tema di imposte dirette, dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1”;

le stesse Sezioni unite hanno pure precisato come tale dato testuale trovi riscontro, sul piano teleologico, “nella peculiarità stessa di tali verifiche, in quanto caratterizzate dall’autoritativa intromissione dell’Amministrazione nei luoghi di pertinenza del contribuente alla diretta ricerca, quivi, di elementi valutativi a lui sfavorevoli: peculiarità, che specificamente giustifica, quale controbilanciamento, il contraddittorio al fine di correggere, adeguare e chiarire, nell’interesse del contribuente e della stessa Amministrazione, gli elementi acquisiti presso i locali aziendali”;

nella fattispecie concreta, quale risulta dalla sentenza impugnata e dal citato stralcio dell’atto impositivo, l’avviso di accertamento è stato emesso a seguito di indagini bancarie, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, nn. 2) e 7), e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, comma 2, nn. 2) e 7), i cui dati sono stati esaminati – anche in contraddittorio con il contribuente, previo invito allo stesso a “fornire giustificazioni dei rapporti intrattenuti e delle operazioni effettuate” – presso gli uffici dell’amministrazione finanziaria, senza che questa, pertanto, abbia effettuato accessi, ispezioni o verifiche fiscali nei locali dove l’Immobiliare Taormina Cufra s.r.l. esercita l’attività imprenditoriale (gli stessi ricorso introduttivo e atto di controdeduzioni nel giudizio di appello con appello incidentale parlano, come si è visto, di accesso “per la consegna della documentazione richiesta presso gli uffici finanziari”);

in tale fattispecie concreta – e, in linea di principio, in tutti i casi di avvisi di accertamento emessi sulla base delle risultanze delle indagini bancarie (Cass., Sez. U., n. 24823 del 2015, pag. 21) – non si riscontrano, pertanto, quelle tipizzate operazioni dell’amministrazione finanziaria, identificabili in base alle indicazioni del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52, comma 1, (richiamato, in tema di imposte dirette, dal D.P.R. n. 600 del 1972, art. 32, comma 1, n. 1, e art. 33, comma 1), che costituiscono il presupposto applicativo della disposizione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7;

tale art. 12, comma 7, è stato pertanto applicato dalla CTR a una fattispecie concreta che non rientra nel suo ambito applicativo;

ferma restando l’inapplicabilità alla fattispecie della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, va rilevato che, nella stessa, il contraddittorio endoprocedimentale è stato effettivamente attivato dall’amministrazione finanziaria, con le modalità specificamente previste dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 2), e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, comma 2, n. 2);

tale rilievo porta a escludere anche che sia stato violato il diritto al contraddittorio endoprocedimentale previsto, in relazione agli avvisi di accertamento concernenti i tributi “armonizzati” – quale è, per quanto qui rileva, l’IVA – dall’ordinamento dell’Unione Europea (che lo ha ormai codificato nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, art. 41, comma 2, lett. a);

il secondo profilo dell’unico motivo di ricorso risulta assorbito;

la sentenza impugnata deve, pertanto, essere cassata e la causa deve essere rinviata alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, affinchè riesamini la vicenda processuale e provveda, altresì, a regolare le spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 31 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 settembre 2020

 

 

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