Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18392 del 12/07/2018


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 18392 Anno 2018
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: CONDELLO PASQUALINA ANNA PIERA

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 13101/2011 R.G. proposto da
NIGRO MICHELE ARCANGELO, rappresentato e difeso dall’avv. Mario
Fiandanese, con domicilio eletto in Roma, via Attilio Friggeri, n. 82;
– ricorrente contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,
elettivamente domiciliata in Roma, alla via Portoghesi, n. 12, presso
l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende come per
legge;
– resistente avverso la sentenza n. 59/15/10 della Commissione Tributaria regionale del
Veneto depositata il 30 marzo 2010

Data pubblicazione: 12/07/2018

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 15/5/2018 dal Consigliere
Pasqualina Anna Piera Condello;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale,
dott. Umberto De Augustinis, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito il difensore della parte ricorrente, avv. Fiandanese Mario

FATTI DI CAUSA

tributaria provinciale con la quale era stato respinto il ricorso volto ad
ottenere l’annullamento della cartella di pagamento con la quale era stata
recuperata la metà delle detrazioni di imposta per carichi familiari per l’anno
2004.
Deduceva, in particolare, che sulla base del provvedimento di
separazione con la moglie, egli era tenuto a corrispondere in via esclusiva
l’assegno a favore del coniuge per il mantenimento dei figli e che, di
conseguenza, egli solo aveva diritto alla detrazione prevista dalla legge.
L’Agenzia delle Entrate replicava che la detrazione prevista dalla legge
prescindeva dall’ammontare della contribuzione e che anche il coniuge
separato dell’appellante aveva chiesto di poter godere della metà della
detrazione, considerato che il provvedimento del Tribunale poneva a carico di
entrambi i genitori l’obbligo di mantenimento dei figli.
La Commissione tributaria regionale respingeva l’appello, motivando che
il provvedimento adottato dal Tribunale, che affidava i figli anche alla moglie,
determinava un obbligo di mantenimento dei figli a carico di entrambi i
coniugi, anche se la moglie dell’appellante non era tenuta al versamento
diretto di un assegno per il semplice fatto che i figli erano con lei conviventi.
Avverso la suddetta decisione ha proposto ricorso per cassazione Nigro
Michele Arcangelo, con tre motivi, ulteriormente illustrati con memoria ex art.
378 cod. proc. civ.
L’Agenzia delle Entrate ha depositato atto di costituzione al solo fine della
eventuale partecipazione alla udienza di discussione della causa.

MOTIVI DELLA DECISIONE

2

Michele Nigro proponeva appello avverso la sentenza della Commissione

1. Con il primo motivo il ricorrente, premesso di essere consensualmente
separato dal coniuge, Lopez Maria, a seguito di accordo raggiunto alla udienza
del 12.3.97 dinanzi al Tribunale di Verona, censura la sentenza impugnata,
in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., con riferimento
agli artt. 1362, 1363, 1368 e 1371 cod. civ., nonché per omessa o
insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia.
Evidenzia che dal tenore letterale dell’accordo di separazione si rileva

– l’affidamento dei figli è stato attribuito alla madre, la quale doveva
provvedere al loro mantenimento, alla loro educazione ed alla istruzione,
d’intesa per le scelte più rilevanti con il padre;
– il padre si è impegnato a versare un importo mensile rivalutabile di lire
2.800.000, con decorrenza dal marzo 1997, quale “contributo per il
mantenimento dei figli”, con la precisazione che “l’assegno è stato
determinato essendo la moglie in procinto di impiegarsi con un lavoro
retribuito”;
– le spese medico-sanitarie non coperte dal SSN sono state poste a carico
del padre, prevedendo che “quelle di particolare entità (odontoiatriche,
ospedaliere, specialistiche, ecc.) sarebbero state sostenute
“pariteticamente”.
Il ricorrente lamenta che le statuizioni contenute nella sentenza
impugnata non rispettano né il tenore letterale, né quello logico delle
disposizioni dell’accordo di separazione, atteso che, dal punto di vista
letterale, l’accordo di separazione poneva solo a carico del padre l’obbligo di
versare un assegno mensile per il mantenimento dei figli, escludendo che
l’obbligo di mantenimento “economico” facesse carico anche alla madre ai fini
del mantenimento ordinario e continuativo dei figli, e faceva, inoltre,
riferimento al lavoro della moglie, non come situazione già in essere al
momento dell’accordo stesso, ma al solo fine di giustificare la mancata
previsione, a carico dello stesso ricorrente, dell’obbligo di corrispondere un
assegno di mantenimento in favore della moglie.

3

che:

La errata interpretazione dell’accordo di separazione, secondo la
prospettazione del ricorrente, ha, quindi, determinato anche un vizio di
motivazione.
2. Con il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art.
12 del d.lgs. n. 917/86, nel testo vigente nell’anno di imposta 2004, nonché
omessa o insufficiente motivazione su un punto controverso e decisivo della
controversia.

evincere quale norma sia stata applicata dalla Commissione regionale, tenuto
conto che, in base al testo dell’art. 12 del t.u.i.r. in vigore nel 2004,
dall’imposta lorda va detratto per carichi di famiglia, per ciascun figlio,
complessivamente l’importo di lire 408.000 per l’anno 2000, quello di lire
516.000 per l’anno 2001 e quello di euro 285,08 a decorrere dal 10 gennaio
2002, “da ripartire tra coloro che hanno diritto alla detrazione in proporzione
dell’effettivo onere sostenuto da ciascuno”, mentre per effetto delle
successive modifiche della medesima disposizione normativa, divenuta art.
13 t.u.i.r., in vigore dall’anno di imposta 2007, dall’imposta lorda si
detraggono per carichi di famiglia euro 800,00 per ciasun figlio e la detrazione
è ripartita, nel caso di affidamento congiunto o condiviso, in mancanza di
accordo, nella misura del 50 per cento tra i genitori.
Si duole, quindi, che la Commissione tributaria regionale sia incorsa nella
violazione di legge denunciata, sia perché ha dato per certo il lavoro della
moglie, pur in assenza di un riscontro in tal senso nell’accordo di separazione,
sia perchè non ha tenuto conto che la moglie, che non aveva redditi, non era
tenuta ad alcun onere per il mantenimento dei figli.
3. Con il terzo motivo il ricorrente, denunciando, in relazione all’art. 360,
primo comma, n. 3 cod proc. civ., la violazione o falsa applicazione degli artt.
112 e 277 cod. proc. civ., nonché la omessa, insufficiente e/o contraddittoria
motivazione su un punto decisivo della controversia, lamenta che la
Commissione regionale ha confermato in modo acritico la sentenza di primo
grado, aderendo alla tesi difensiva dell’Agenzia delle Entrate, disattendendo
totalmente le eccezioni e censure da lui mosse in sede di appello con i motivi
di gravame.

4

Precisa, al riguardo, che dall’esame della sentenza non è possibile

3.1. Il terzo motivo è fondato nella parte in cui si contesta il vizio di
motivazione.
La Commissione tributaria regionale ha respinto l’appello, ritenendo
dimostrato che entrambi i coniugi abbiano partecipato in pari misura a
sostenere l’onere economico per il mantenimento dei figli, basandosi
esclusivamente sull’accordo contenuto nel verbale di separazione
consensuale, che prevede l’affidamento dei figli alla moglie, senza

appello, aveva negato che la moglie avesse contribuito al mantenimento
economico dei figli, tanto che aveva richiesto la esibizione di documentazione
in possesso dell’Agenzia delle Entrate al fine di verificare la situazione fiscale
del coniuge.
Il giudice di appello non ha spiegato le ragioni per le quali non ha tenuto
conto delle circostanze di fatto dedotte dal contribuente volte a dimostrare
che egli sosteneva in via esclusiva o in misura preponderante l’onere
economico relativo al mantenimento della prole e, pertanto, la motivazione
risulta insufficiente ed inadeguata laddove non esplicita l’iter logico-giuridico
che lo ha condotto ad affermare che la moglie, per il solo fatto di svolgere
attività retribuita e di essere affidataria dei figli, abbia in concreto contribuito,
nella misura del 50%, al mantenimento dei figli.
L’accoglimento del terzo motivo consente di ritenere assorbiti gli altri
motivi.
La sentenza va, dunque, cassata con rinvio alla Commissione tributaria
regionale del Veneto, in diversa composizione, per il riesame in ordine alla
censura accolta, oltre che per la liquidazione delle spese del giudizio di
legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo motivo del ricorso e dichiara assorbiti gli altri;
cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Commissione tributaria
regionale del Veneto, in diversa composizione, anche per la determinazione
delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso nella camera di consiglio del 15 maggio 2018

considerare le doglianze del ricorrente, il quale, sia in primo grado che in

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