Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1839 del 02/02/2015


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Civile Sent. Sez. L Num. 1839 Anno 2015
Presidente: MACIOCE LUIGI
Relatore: AMENDOLA FABRIZIO

SENTENZA

sul ricorso 15167-2008 proposto da:
MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE, in persona del
Ministro pro tempore, nonché per L’ISTITUTO STATALE
DE COSMI DI PALERMO in persona del legale
rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi
dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui
2014
3754

Uffici domiciliano in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI,
12;
– ricorrenti contro

BENIGNO VINCENZO;

Data pubblicazione: 02/02/2015

- intimato –

sul ricorso 19648-2008 proposto da:
BENIGNO VINCENZO C.F. BNGVCN56C15G273A, elettivamente
domiciliato in ROMA, LUNGOTEVERE FLAMINIO 60, presso
lo studio dell’avvocato RUGGERO LONGO, rappresentato

delega in atti;
controri corrente e ricorrente incidentale contro

MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE, ISTITUTO STATALE
DE COSMI di PALERMO;
– intimati

avverso la sentenza n. 1575/2007 della CORTE
D’APPELLO di PALERMO, depositata il 07/01/2008 R.G.N.
2121/2006;
udita la relazione della causa

svolta nella pubblica

udienza del 02/12/2014 dal Consigliere Dott. FABRIZIO
AMENDOLA;
udito l’Avvocato DI MATTEO FEDERICO;

udito l’Avvocato PATANELLA VITOAr 9,(tego,juvieroluefficalikk-LA.
udito il P.M. in persona del

Sostituto Procuratore

Generale Dott. MARCELLO MATERA che ha concluso per il
rigetto di entrambi i ricorsi.

e difeso dall’avvocato SILVANA PATANELLA, giusta

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sezione Lavoro

Svolgimento del processo

1.— Con sentenza del 7 gennaio 2008 la Corte di Appello di Palermo, in
parziale riforma della decisione del primo giudice, ha accolto le domande
proposte da Vincenzo Benigno iscritta all’albo dei centralinisti telefonici non
vedenti nei confronti del Ministero dell’Istruzione, dichiarando costituito tra le

parti un rapporto di lavoro subordinato per l’espletamento presso l’Istituto Statale
De Cosmi delle mansioni di centralinista telefonico non vedente; ha altresì
condannato il Ministero al risarcimento dei danni commisurati alle retribuzioni non
percepite dall’avente diritto dalla dichiarata costituzione del rapporto di lavoro
sino alla data della pronuncia.
La Corte territoriale ha ritenuto che, a fronte del persistente rifiuto della
pubblica amministrazione di procedere all’assunzione di un centralinista telefonico
non vedente, legittimamente l’Ufficio Provinciale del Lavoro e della Massima
Occupazione aveva, ai sensi dell’art. 6, co. 5, della I. n.113 del 1985, avviato
d’ufficio al lavoro presso detto istituto scolastico l’iscritto nell’apposito albo, per
cui il medesimo aveva diritto, a mente dell’art. 2932 c.c., alla costituzione del
rapporto di lavoro ed al risarcimento del danno per la mancata assunzione.

2.— Con ricorso dell’8 luglio 2008 il Ministero della Pubblica Istruzione e
l’istituto scolastico in epigrafe hanno domandato la cassazione della sentenza per
quattro motivi, conclusi da quesiti ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c pro tempore
vigente. Ha resistito con controricorso l’intimato, contestualmente formulando
ricorso incidentale affidato ad un unico motivo.

Motivi della decisione

3.—

Preliminarmente le impugnazioni proposte separatamente contro la

stessa sentenza debbono essere riunite ai sensi dell’art. 335 c.p.c..

4.— Con il primo motivo di ricorso principale si denuncia violazione e/o falsa
applicazione degli artt. 2697 c.c., 3 e 6 della I. n. 113 del 1985, in relazione
all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c., per avere la Corte di Appello ritenuto esistente
presso l’istituto scolastico un centralino telefonico per il quale le norme tecniche
prevedevano l’impiego di uno o più posti-operatore e che comunque era dotato di

R.G. n. 15142008 + 1961/2008
Udienza dicembre 20 4
Presidente Macioce Relatore Amendola

3

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Sezione Lavoro

uno o più posti-operatore e per avere qualificato tale fatto come impeditivo, con
onere della prova a carico della datrice di lavoro, e non come fatto costitutivo del
diritto, con onere della prova incombente sul non vedente.
4.1.— Opportuna una preliminare ricognizione testuale delle norme rilevanti
nella fattispecie di cui parte ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione

La legge 29 marzo 1985, n. 113 – recante “Aggiornamento della disciplina del
collocamento al lavoro e del rapporto di lavoro dei centralinisti non vedenti” dopo aver previsto, agli artt.

1 e 2, le disposizioni che regolano l’iscrizione

nell’albo professionale regionale dei privi della vista abilitati alla funzione di
centralinista telefonico ad opera degli uffici regionali del lavoro e della massima
occupazione, all’art. 3 stabilisce gli obblighi dei datori di lavoro pubblici e privati.
Premesso al co. 1 dell’art. 3 che “i centralini telefonici in relazione ai quali si
applicano le disposizioni della presente legge sono quelli per i quali le norme
tecniche prevedano l’impiego di uno o più posti-operatore o che comunque siano
dotati di uno o più posti-operatore”, il comma 2 dello stesso articolo impone che,
“anche in deroga a disposizioni che limitino le assunzioni, i datori di lavoro
pubblici sono tenuti ad assumere, per ogni ufficio, sede o stabilimento dotati di
centralino telefonico, un privo della vista iscritto all’albo professionale di cui
all’articolo 1 della presente legge”.
L’art. 5 della legge in discorso – rubricato “denunce” –

disciplina le

comunicazioni da effettuarsi all’U.P.L.M.O. da parte dei datori di lavoro pubblici e
privati, oltre che dalla società che all’epoca gestiva l’esercizio telefonico,
stabilendo quanto segue:
“1. Entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, i datori di
lavoro pubblici e privati soggetti agli obblighi di cui all’articolo 3 debbono
comunicare agli uffici provinciali del lavoro le caratteristiche dei centralini
telefonici, con la precisazione delle linee urbane e dei posti di lavoro di cui sono
dotati, il numero e le generalità dei centralinisti telefonici privi della vista e
vedenti, indicando la data in cui sono stati adibiti ai centralini medesimi.
2. I datori di lavoro che procedono alla installazione o trasformazione di
centralini telefonici che comportino l’obbligo di assunzione previsto dalla presente
legge, sono tenuti a darne comunicazione entro sessanta giorni agli uffici
provinciali del lavoro, indicando il numero delle linee urbane e dei posti di lavoro
di cui sono dotati.

R.G. n. 151632008 + 196412008
Udienza dicembre zo14

Presidente Macioce Relatore Amendola

ad opera della Corte territoriale.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Sezione Lavoro

3. La Società italiana per l’esercizio telefonico – SIP, entro sessanta giorni
dall’installazione o trasformazione di centralini telefonici che comportino l’obbligo
di assunzione previsto dalla presente legge, deve comunicare agli uffici provinciali
del lavoro competenti per territorio l’operazione avvenuta e le caratteristiche
dell’apparecchiatura telefonica.
4. La Società italiana per l’esercizio telefonico – SIP è tenuta a comunicare,

all’ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione che lo richieda,
l’elenco dei datori di lavoro, presso i quali sono installati centralini telefonici che
comportino l’obbligo di assunzione.”
L’art. 6, infine, per quanto qui interessa, regola le “modalità per il
collocamento” imponendo ai datori di lavoro pubblici di assumere “per concorso
riservato ai soli non vedenti o con richiesta numerica presentata all’ufficio
provinciale del lavoro e della massima occupazione” (co. 4) e sancendo che “i
centralinisti non vedenti hanno diritto all’assunzione se posseggono i requisiti
richiesti per le assunzioni dagli ordinamenti delle amministrazioni ed enti
interessati, salvo il limite di età ed il titolo di studio”.
Il comma 5 dello stesso articolo 6 stabilisce le conseguenze in caso di
inottemperanza all’obbligo: “Qualora i datori di lavoro pubblici non abbiano
provveduto all’assunzione entro sei mesi dalla data in cui sorge l’obbligo, l’ufficio
provinciale del lavoro e della massima occupazione li invita a provvedere.
Trascorso un mese l’ufficio provinciale procede all’avviamento d’ufficio”.
4.2.— Questa Corte ha già avuto modo di evidenziare (sent. n. 15913 del
2004) come l’analisi del testo della legge n. 113 del 1985, “anche in virtù dello
speciale richiamo contenuto nell’art. 1, terzo comma, della legge 12 marzo 1998,
n. 68, sul diritto al lavoro dei disabili (“restano ferme le norme per i centralinisti
telefonici non vedenti”)”, dimostri che “per costoro l’apparato di protezione della
loro invalidità si articola e si sviluppa con modalità affatto peculiari e sui generis
per assicurare in concreto piena attuazione al loro diritto al lavoro. In particolare,
in questo sottosistema, interno alla disciplina generale del collocamento
obbligatorio, l’intervento pubblico non adempie solo ad una funzione
sanzionatoria rispetto all’attività omissiva del privato, ma si manifesta attraverso
una serie d’ingerenze autoritative che non si limitano al solo controllo e alle
sanzioni per omissione di denuncia o di richieste d’avviamento (art. 11), ma
interferisce immediatamente e direttamente sulla struttura imprenditoriale (artt.
3 e 6), istituendo una rete di controlli, anche incrociati (v., art. 5, terzo e quarto

\D

R.G. n. 15161A2008 + 19112008
Udienza 2 dicembre 24:1 4
Presidente Macioce Relatore Amendola

g

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Sezione Lavoro

comma) e di supporti e verifiche (art. 8), che s’inseriscono a pieno titolo e sono
compatibili con l’art. 41, secondo comma, Cost., posto che si coniugano con
l’utilità sociale, come rettamente intesa dal legislatore costituzionale, attento ai
valori della libertà, anche dal bisogno, e della dignità umana dei concittadini
marcati dalla sorte”.

diritto, che “in caso di legittimo avviamento di centralinista non vedente, la cui
assunzione sia indebitamente rifiutata dal destinatario dell’obbligo di assumerlo, il
Giudice, se richiestone, deve applicare l’art. 2932, cod. civ., rendendo fra le parti
sentenza che produca in forma specifica gli effetti del contratto non concluso,
trattandosi di fattispecie possibile non esclusa dal titolo, essendo, infatti,
prestabiliti dalla legge n. 113 del 29 marzo 1985, in tema di disciplina del
collocamento al lavoro e del rapporto di lavoro dei centralinisti non vedenti, la
qualifica, le mansioni e il trattamento economico e normativo del lavoratore
avviato, ivi compresa l’indennità legale di mansione, assumendo carattere
residuale il risarcimento economico (art. 1223 e ss, cod. civ.) destinato ad
assicurare l’integrale soddisfazione del diritto del centralinista, indebitamente
pretermesso dalla prestazione lavorativa per l’inadempimento del datore di
lavoro” (in conformità v., da ultimo, Cass. n. 12131 del 2011).
4.3.— Con il primo mezzo dell’impugnazione principale i ricorrenti denunciano
violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. nonché degli artt. 3 e 6 della I.
n. 113 del 1985.
Si lamenta che la Corte di Appello avrebbe erroneamente ritenuto esistente
presso l’istituto scolastico un centralino telefonico per il quale “le norme tecniche
prevedano l’impiego di uno o più posti-operatore o che comunque siano dotati di
uno o più posti-operatore”, così come disposto dall’art. 3, co. 1, della I. n. 113 del
1985.
Si sostiene che tale fatto, contestato dall’Amministrazione convenuta
mediante la negazione dell’esistenza di una posizione simile presso l’istituto
scolastico in controversia, sarebbe stato qualificato dalla Corte del merito come
impeditivo, con onere della prova a carico della datrice di lavoro, e non invece
come fatto costitutivo del diritto, con onere della prova incombente sul non
vedente.
La censura non può essere condivisa.

t

A

R.G. n. 1516t2008 +1064g/2008
Udienza dicembre 2014
Presidente Macioce Relatore Amendola

La Corte da tali premesse ha tratto la conseguenza, in punto di principio di

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Sezione Lavoro

Promiscuamente parte ricorrente si duole, sotto il paradigma unitario del vizio
di cui all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c., sia della sussistenza di un fatto storico
ritenuto accertato dai giudici di appello sia della qualificazione di tale fatto ai fini
della ripartizione degli oneri probatori in violazione dell’art. 2697 c.c..
Orbene, la ricostruzione dei fatti storici rilevanti ai fini del decidere compete al

legittimità al di fuori dei limiti imposti dall’art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c., per vizio
affatto denunciato nel motivo in esame.
In fattispecie analoga questa Corte ha già affermato che la natura
dell’impianto telefonico ai fini degli obblighi di assunzione di un centralinista non
vedente ai sensi della I. n. 113 del 1985 costituisce accertamento di fatto
riservato al giudice di merito (Cass. n. 12122 del 2012).
Nella specie la Corte territoriale ha ritenuto “l’istituto scolastico dotato di
centralino telefonico con posto per operatore non vedente” sulla scorta dell’atto di
avviamento al lavoro effettuato d’ufficio dall’U.P.L.M.O. nonché di una nota
dell’Unione Italiana Ciechi e di una comunicazione di Telecom Italia Spa che
aveva confermato “l’esistenza presso l’istituto appellante di un centralino
assoggettabile agli obblighi previsti dalla legge n. 113 del 1985 con posto per
operatore non vedente”.
In ordine, poi, all’individuazione dei fatti costitutivi del diritto all’assunzione
del non vedente iscritto nell’albo dei centralinisti abilitati il Collegio rileva come
dalle disposizioni della I. n. 113 del 1985 emerga come esso sorga in relazione
all’obbligo nascente per il datore di lavoro in seguito all’atto di avviamento
d’ufficio emesso dall’U.P.L.M.O. competente, dopo che il destinatario dell’invito a
provvedere si sia reso inadempiente.
Non è dunque il lavoratore privo della vista che ha l’onere di provare la
sussistenza presso il destinatario dell’atto di un centralino dalle caratteristiche
delineate dall’art. 3, co. 1, della I. n. 113 del 1985, con acquisizione di fonti di
prova estranee alla sua immediata disponibilità.
E’ invece sufficiente che egli deduca e provi l’iscrizione nell’aj
professionale
toigh
dei centralinisti telefonici privi della vista nonché l’atto di avviv61 lavoro.
Similmente alle controversie in cui il lavoratore avviato al lavoro convenga,
per l’accertamento del suo diritto soggettivo all’assunzione, il datore di lavoro
destinatario dell’atto amministrativo di avviamento, sarà questi a dover
contestare la legittimità dell’atto, deducendo specifiche circostanze che escludano

R.G. n. 15164/2008 + 1964p008
Udienza 2 dicembre 20 4
Presidente Madoce Relatore Amendola

monopolio dei giudici di merito, con valutazione non sindacabile in sede di

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sezione Lavoro

l’insorgenza dell’obbligo di assunzione individuato dall’U.P.L.M.O., fornendone la
relativa prova; in tal caso è devoluto al giudice ordinario il sindacato incidentale
della suddetta legittimità, con il conseguente potere di disapplicazione (cfr. Cass.
n. 12968 del 2010; Cass. n. 3089 del 2004; Cass. n. 15315 del 2001; Cass. n.
9658 del 1998; Cass. n. 10072 del 1994).
Nel caso che ci occupa la Corte territoriale sulla base dei documenti innanzi

indicati ha ritenuto – con giudizio come detto non sindacabile in questa fase di
legittimità – che fosse stata acquisita la prova dell’esistenza, presso l’istituto
scolastico in controversia, di un centralino telefonico per operatore non vedente,
mentre ha considerato che le circostanze addotte dalla pubblica amministrazione,
secondo cui il centralino poteva funzionare manualmente o attraverso sistemi di
collegamento automatici, erano rimaste indimostrate, non essendo state
formulate al riguardo tempestive richieste istruttorie in primo grado.
Ne consegue che la sentenza impugnata risulta immune dal vizio denunciato.

5.— Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art.
437, co. 2, c.p.c., per non avere considerato i giudici di appello “la relazione di
consulenza tecnica d’ufficio sugli impianti telefonici in dotazione a svariate
istituzioni scolastiche, espletato dalla Spa Eunics con relativo verbale di
sopralluogo”, da ritenere documento formato successivamente al giudizio di
primo grado indispensabile ai fini della decisione.
Con il terzo mezzo di impugnazione si lamenta omessa e contraddittoria
motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art.
360, co. 1, n. 5, c.p.c., circa la sussistenza nell’istituto scolastico di un “centralino
telefonico per il quale le norme tecniche prevedano l’impiego di uno o più postioperatore e che comunque siano dotati di uno o più posti operatore”, circostanza
negata dalla relazione tecnica innanzi citata.
Entrambi i motivi sono inammissibili per difetto di autosufficienza in quanto
non è trascritto il contenuto della “relazione di consulenza tecnica” su cui sono
fondati i rilievi.
Invero, “la specifica indicazione degli atti processuali, dei documenti e dei
contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda” di cui all’art. 366, co. 1, n.
6, c.p.c., norma finalizzata alla precisa delimitazione del thema decidendum,
attraverso la preclusione per il giudice di legittimità di porre a fondamento della
sua decisione risultanze diverse da quelle emergenti dagli atti e dai documenti

R.G. n. 1516t2008 + 19640’2008
Udienza dicembre 2O 4
Presidente macioce Reiatore Amendoia

e

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sezione Lavoro

specificamente indicati dai ricorrente (Cass. SS. UU. n. 16887 del 2013), postula
che chi ricorre in Cassazione. “a pena di inammissibilità”, assolva all’onere di
specificare il contenuto degli atti, anche processuali, posti a fondamento del
motivo di impugnazione.
E’ necessario, dunque, che il ricorso riporti il contenuto dell’atto su cui si
fonda il motivo (Cass. n. 4980 del 2014), trascrivendolo o riassumendolo (per

tutte v. Cass. n. 15628 del 2009), quanto meno nelle parti essenziali cui si
riferiscono le censure proposte (Cass. n. 2966 del 2011; Cass. n. 22303 del
2008). Non può ritenersi sufficiente il mero richiamo di atti e documenti nella
narrativa che precede la formulazione dei motivi (Cass. SS. UU. n. 23019 del
2007).

6.— Con il quarto motivo, in via subordinata, l’Avvocatura erariale sostiene la
violazione e falsa applicazione degli artt. 1223, 1226, 1227, 2043 c.c., in
relazione all’art. 360, cc. 1, n. 3, c.p.c., per avere la sentenza impugnata
condannato l’amministrazione al pagamento di somme pari alle intere retribuzioni
che sarebbero spettate all’istante nel periodo in cui non era stato assunto,
benché non avesse impegnato energie lavorative, per cui l’importo avrebbe
dovuto essere decurtato in via equitativa del 50%.
Il motivo è privo di fondamento sulla scorta dell’insegnamento di questa Corte
per il quale il datore di lavoro, inadempiente all’obbligo di assunzione del
lavoratore avviato ai sensi della L. n. 482 del 1968 (ma il principio è
analogamente applicabile alla controversia che ci occupa), è tenuto, per
responsabilità contrattuale, a risarcire l’intero pregiudizio patrimoniale che il
lavoratore ha consequenzialmente subito durante tutto il periodo in cui si è
protratta l’inadempienza del datore di lavoro medesimo; pregiudizio che può
essere in concreto determinato, senza bisogno di una specifica prova del
lavoratore, sulla base del complesso delle utilità (salari e stipendi) che il
lavoratore avrebbe potuto conseguire, ove tempestivamente assunto, mentre
spetta al datore di lavoro provare l’aliunde perceptum, oppure la negligenza del
lavoratore nel cercare altra proficua occupazione (cfr., tra le altre, Cass. n. 488
del 2009; Cass. n. 2402 del 2004; Cass. n. 1085 del 1994; Cass. n. 10851 del
1990; Cass. n. 5793 del 1990; Cass. n. 2465 del 1988; Cass. n. 5262 del 1987).

R.G. n. 151

2008 + 196$13
200

Udienza 2 dicembre 20 4

Presidente Macioce

Relatore Amandola

9

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Sezione Lavoro

7.—

Parimenti infondato l’unico motivo del ricorso incidentale con cui il

controricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 63 del d. lgs. n.
165 del 2001, dell’art. 2908 c.c. e 132 c.c., degli artt. da 1 a 9 della I. n. 113 del
1985, dell’art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c., per avere la Corte territoriale limitato la
condanna al risarcimento dei danno al periodo temporale sino alla pronuncia,

in servizio.
Infatti in tal caso opera il principio, correttamente applicato dalla Corte
palermitana e dal quale non vi è motivo di discostarsi, secondo cui il lavoratore
avviato al lavoro In forza del collocamento obbligatorio, qualora non sia assunto
dal datore di lavoro destinatario, ha diritto al risarcimento del danno, da
liquidare, ex artt. 1226 e 1227, cod. civ., in misura pari alle retribuzioni mensili,
e perciò al guadagno spettante in caso di assunzione per il pregiudizio
patrimoniale risentito durante tutto il periodo d’inosservanza dell’obbligo
datoriale, da contenere nell’ambito temporale della pronuncia di secondo grado in
quanto, per il periodo successivo, manca il requisito dell’attualità e della certezza
della proiezione nel futuro dell’evento lesivo rappresentato dal perdurante stato
di disoccupazione (in termini: Cass. n. 5766 del 2002; Cass. n. 11953 del 1995;
Cass. n. 12677 del 1992; più di recente, conforme, Cass. n. 488/2009 cit.).

8.— Conclusivamente entrambi i ricorsi devono essere respinti.
Stante la reciproca soccombenza si ritiene di poter compensare integralmente
le spese.
P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta; compensa tra le parti le spese del
presente giudizio di legittimità.

Roma, così deciso nella camera di consiglio del 2 dicembre 2014
Il elatore

Il Presid t

mentre avrebbe dovuto essere estesa sino al momento della effettiva immissione

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