Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18389 del 31/07/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 18389 Anno 2013
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: COSENTINO ANTONELLO

ORDINANZA
sul ricorso 6929-2011 proposto da:
MELCHIORRE MASSIMO MLCMSM63E05H501A, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA SARDEGNA 38, presso lo studio
dell’avvocato DI GIOVANNI FRANCESCO, che lo rappresenta e
difende, giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente contro
AGENZIA DELLE ENTRATE 06363391001 in persona del
direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;

– con troricorrente nonché contro

Data pubblicazione: 31/07/2013

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE
80415740580;

– intimato avverso la decisione n. 1527/03/2010 della COMMISSIONE

29/09/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
26/06/2013 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONELLO
COSENTINO.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott.
IMMACOLATA ZENO.
rilevato che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in
cancelleria la relazione di seguito integralmente trascritta:
« Il sig. Massimo Melchiorre, erede di Vincenzo Melchiorre, ricorre contro l’Agenzia delle
entrate per la cassazione della sentenza con cui la Commissione Tributaria Centrale ha
respinto il ricorso del suo dante causa avverso una cartella esattoriale avente ad oggetto
somme non versate dovute a titolo di IRPEF 1982 in base alla dichiarazione 770/83.
Secondo il contribuente le somme de quibus erano state conguagliate con il credito restitutorio
di cui lo stesso contribuente si assumeva titolare in relazione a somme versate in eccesso per
un errore materiale contenuto nel modello 770 relativo all’anno 1981; errore indicato
nell’essere state riportate quietanze per £ 49.991.000 che, per errore di trascrizione, erano
state indicate nel minor importo di

€ 45.040.000.

La Commissione Tributaria Centrale ha motivato la propria decisione argomentando che il
contribuente non aveva offerto la prova, del cui onere era gravato, dell’asserito controcredito
conguagliato con l’imposta dovuta per l’anno 1982; in particolare, si legge nella sentenza
gravata, “nulla è stato prodotto in ordine alle quietanza di pagamento e nulla è provato in
ordine al supposto errore materiale che avrebbe dovuto giustificare la compensazione
successiva”
Con l’unico mezzo di ricorso il contribuente denuncia la violazione e falsa applicazione degli
articoli 3 e 97 Cost., 1 D.Lgs. 546/92 e 2697 cc in cui la Commissione Tributaria Centrale
sarebbe incorsa ritenendo non provato il controcredito del contribuente ancorché lo stesso
emergesse con evidenza dal semplice esame del quadro H della sezione II del modello 770 per
l’anno 1981, nel quale erano stati elencati versamenti per ritenute alla fonte per £ 49.991.000
in relazione ai quali il credito era stato indicato nel minor importo di £ 45.040.000.

Ric. 2011 n. 06929 sez. MT – ud. 26-06-2013
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TRIBUTARIA CENTRALE di BARI del 24.9.2010, depositata il

Il motivo va disatteso, perché critica per violazione di legge un giudizio di fatto, che sarebbe
stato censurabile solo con il mezzo di cui al numero 5 dell’articolo 360 cpc (nei limiti segnati
da tale disposizione e nell’osservanza del principio di autosufficienza del ricorso per
cassazione).
Il ricorso appare pertanto da respingere.»;

che l’Agenzia delle entrate si è costituita con controricorso, mentre il Ministero

che la relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata alle parti
costituite;
che parte ricorrente ha depositato una memoria difensiva;
che il Collegio condivide gli argomenti esposti nella relazione; in particolare va
qui ribadito che – contrariamente a quanto sostenuto a pag. 2 della memoria di
parte ricorrente – il giudice di merito ha fondato la propria decisione non
sull’assunto di diritto che il contribuente fosse gravato dell’onere di provare
fatti ulteriori rispetto alle risultanze delle quietanze di pagamento e di offrire la
prova dell’errore materiale commesso tramite detti fatti ulteriori, bensì
sull’apprezzamento di fatto, censurabile solo con il mezzo di cui al numero 5
dell’articolo 360 cpc, che nulla era stato prodotto in ordine alle quietanze di
pagamento e nulla era provato in ordine al supposto errore materiale (vedi pag.
1, quintultimo rigo, della sentenza);
che pertanto il ricorso va rigettato;
che nei confronti del Ministero delle Finanze il ricorso va dichiarato
inammissibile, non avendo il ministero partecipato al giudizio di merito.
Le spese non vanno regolate con riferimento al Ministero, non essendosi
quest’ultimo costituito nel giudizio di legittimità, e seguono la soccombenza
con riferimento all’Agenzia delle entrate.

P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso nei confronti del Ministero delle
Finanze e lo rigetta nei confronti dell’Agenzia delle entrate.
Condanna parte ricorrente a rifondere all’Agenzia delle entrate le spese del

Ric. 2011 n. 06929 sez. MT – ud. 26-06-2013
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delle Finanze, pur esso intimato, non si è costituito in questa sede;

giudizio di cassazione, che liquida in C 800 per onorari, oltre le spese prenotate
a debito.

Così deciso in Roma il 26 giugno 2013.

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