Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18389 del 26/07/2017

Cassazione civile, sez. III, 26/07/2017, (ud. 26/06/2017, dep.26/07/2017),  n. 18389

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al numero 25998 del ruolo generale dell’anno

2014, proposto da:

D.A.M. (C.F.: non dichiarato);

D.A.A. (C.F.: non dichiarato);

D.A.L. (C.F.: non dichiarato);

D.A.G. (C.F.: non dichiarato);

tutti eredi di DI.AN.Ma. rappresentati e difesi, giusta

procura a margine del ricorso, dall’avvocato Tonino Cellini (C.F.:

CLL TNN 57B17 C901D);

– ricorrenti –

nei confronti di:

MINISTERO DELLA SALUTE, (C.F.: (OMISSIS)), in persona del Ministro in

carica rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Generale

dello Stato;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Corte di Appello di L’Aquila

n. 647/2014, depositata in data 16 giugno 2014;

udita la relazione sulla causa svolta alla camera di consiglio del 26

giugno 2017 dal consigliere Augusto Tatangelo.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Di.An.Ma. ha agito in giudizio nei confronti del Ministero della Salute e della AUSL di Modena per ottenere il risarcimento dei danni subiti a seguito della contrazione del virus HCV in conseguenza di emotrasfusioni.

La domanda è stata rigettata dal Tribunale di L’Aquila.

La Corte di Appello di L’Aquila ha confermato la decisione di primo grado, su gravame proposto dagli eredi dell’attore.

Ricorrono gli eredi del D.A., sulla base di un unico motivo articolato in diversi profili.

Resiste con controricorso il Ministero della Salute.

Il ricorso è stato trattato in camera di consiglio, in applicazione dell’art. 375 c.p.c. e art. 380-bis c.p.c., comma 1.

Il collegio ha disposto che sia redatta motivazione in forma semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. L’unico motivo del ricorso risulta proposto “ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e/o ai sensi dell’art. 116 c.p.c., comma 1 e art. 132 c.p.c. in collegamento con l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”.

I ricorrenti deducono in sostanza che: 1) il termine di prescrizione del diritto fatto valere in giudizio non poteva farsi decorrere da data anteriore a quella di comunicazione del responso della Commissione Medica Ospedaliera istituita ai sensi della L. n 210 del 1992 in ordine al nesso causale tra le trasfusioni e la contrazione della malattia; 2) il suddetto termine di prescrizione doveva considerarsi interrotto dal ricorso proposto avverso il provvedimento di reiezione della richiesta di indennizzo presentata ai sensi della citata L. n. 210 del 1992 e della presentazione di una seconda domanda amministrativa per ottenere l’indennizzo in questione, a seguito dell’aggravamento della patologia; 3) essendo nelle more del giudizio deceduto il D.A., il termine di prescrizione doveva comunque ritenersi decennale, sussistendo una ipotesi di omicidio colposo.

Nel ricorso non risultano indicate specificamente le norme di diritto sostanziale e/o processuale di cui si assume la violazione, al di là di un generico richiamo all’art. 116 c.p.c. e art. 132 c.p.c., non adeguatamente sviluppato nell’esposizione delle censure. Al di là della sua inammissibilità, il ricorso è comunque manifestamente infondato.

La sentenza impugnata è infatti del tutto conforme ai principi di diritto ripetutamente affermati da questa Corte con riguardo al contagio da emotrafusioni (ed in relazione ai quali il ricorso non contiene motivi tali da indurre la Corte a mutare orientamento), per cui:

– “la responsabilità del Ministero della salute per i danni conseguenti ad infezioni da virus HBV, HIV e HCV contratte da soggetti emotrasfusi è di natura extracontrattuale, nè sono ipotizzabili, al riguardo, figure di reato tali da innalzare i termini di prescrizione (epidemia colposa o lesioni colpose plurime); ne consegue che il diritto al risarcimento del danno da parte di chi assume di aver contratto tali patologie per fatto doloso o colposo di un terzo è soggetto al termine di prescrizione quinquennale che decorre, a norma dell’art. 2935 c.c. e art. 2947 c.c., comma 1, non dal giorno in cui il terzo determina la modificazione causativa del danno o dal momento in cui la malattia si manifesta all’esterno, bensì da quello in cui tale malattia viene percepita o può essere percepita, quale danno ingiusto conseguente al comportamento del terzo, usando l’ordinaria diligenza e tenendo conto della diffusione delle conoscenze scientifiche (a tal fine coincidente non con la comunicazione del responso della Commissione medica ospedaliera di cui alla L. n. 210 del 1992, art. 4 bensì con la proposizione della relativa domanda amministrativa)” (Cass., Sez. U, Sentenza n. 576 del 11/01/2008, Rv. 600901; sull’affermazione per cui il limite ultimo della decorrenza della prescrizione è “da ritenersi coincidente non con la comunicazione del responso della Commissione Medica Ospedaliera di cui alla L. 25 febbraio 1992, n. 210, art. 4 ma con la proposizione della relativa domanda amministrativa, che attesta l’esistenza, in capo all’interessato, di una sufficiente ed adeguata percezione della malattia”, si vedano anche: Cass., Sez. U, Sentenza n. 581 del 11/01/2008 Rv. 600912; Sez. 3, Sentenza n. 28464 del 19/12/2013, Rv. 629132; Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 16550 del 02/07/2013, Rv. 627140; Sez. 3, Sentenza n. 6213 del 31/03/2016, Rv. 639256);

– la presentazione della domanda di indennizzo di cui alla L. n. 210 del 1992 segna solo il limite temporale ultimo di possibile decorrenza del termine di prescrizione, senza che ciò escluda la possibilità di collocare l’effettiva conoscenza della rapportabilità causale della malattia in un momento precedente, tenendo conto delle informazioni in possesso del danneggiato e della diffusione delle conoscenze scientifiche, in base ad un accertamento che è rimesso al giudice del merito (in tal senso: Cass., Sez. 6 – 3, Sentenza n. 23635 del 18/11/2015, Rv. 637785; Sentenza n. 10551 del 22/05/2015, non massi-mata; Sentenza n. 10530 del 22/05/2015, non massimata). Nella specie, la corte di appello ha accertato che il D.A. aveva avanzato la domanda amministrativa per ottenere l’indennizzo previsto dalla L. n. 210 del 1992 in data 28 novembre 1995 e ha rilevato che, essendo il giudizio iniziato solo in data 13 gennaio 2003, a tale ultima data si era già ampiamente maturato il termine quinquennale di prescrizione del suo diritto.

Si tratta di accertamenti di merito espressi all’esito della corretta valutazione di tutti i fatti rilevanti emergenti dall’istruttoria, e sostenuti da adeguata motivazione, non apparente nè insanabilmente contraddittoria sul piano logico, come tali non censurabili in sede di legittimità.

D’altra parte, secondo la giurisprudenza di questa Corte (che il ricorso non offre motivi tali da indurre a rivedere), la stessa erogazione dell’indennizzo di cui alla legge n. 210 del 1992 non costituisce riconoscimento del diritto al risarcimento del danno da contagio da emotrasfusione (cfr., sul punto, Cass., Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 21257 del 08/10/2014, Rv. 632916 – 01), in quanto tale indennizzo costituisce una prestazione assistenziale, discrezionalmente ricollegata dal legislatore alla situazione oggettiva in cui si è venuto a trovare il danneggiato, ed è connotato da finalità e natura radicalmente diverse rispetto alla pretesa risarcitoria (per tutte, v. Cass. Sez. U, Sentenza n. 584 del 11/01/2008, Rv. 600919 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 6573 del 14/03/2013, Rv. 625543 – 01). Di conseguenza, anche la presentazione della relativa istanza (e la proposizione dei relativi rimedi, in via amministrativa e/o giudiziale, avverso l’eventuale diniego) non può ritenersi atto idoneo ad interrompere la prescrizione del diverso diritto al risarcimento del danno.

Correttamente, quindi, risulta esclusa l’efficacia interruttiva della prescrizione dei suddetti atti, invocata dai ricorrenti in sede di gravame.

La decisione impugnata è infine corretta anche laddove esclude la possibilità di riconoscere un termine più lungo di prescrizione in virtù della pretesa sussistenza di una fattispecie di rilievo penale, individuata nel reato di omicidio colposo, dal momento che tale argomentazione avrebbe potuto avere astrattamente rilievo (salvo poi ad accertare in concreto la sussistenza dei relativi presupposti) solo laddove si fosse trattato di azione proposta iure proprio dai congiunti del danneggiato per il risarcimento dei danni risentiti a causa del suo decesso, mentre nella specie la domanda è stata proposta originariamente dallo stesso danneggiato e proseguita dai suoi eredi esclusivamente a titolo ereditario.

2. Il ricorso è rigettato.

Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo.

Dal momento che il ricorso risulta notificato successivamente al termine previsto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 18, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

 

La Corte:

– rigetta il ricorso;

– compensa le spese.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 26 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2017

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