Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18388 del 26/07/2017

Cassazione civile, sez. III, 26/07/2017, (ud. 26/06/2017, dep.26/07/2017),  n. 18388

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al numero 25336 dell’anno 2014, proposto da:

C.A., (C.F.: (OMISSIS)) rappresentata e difesa, giusta

procura a margine del ricorso, dall’avvocato Olindo Di Francesco

(C.F.: DFR LND 62M27 A0891);

– ricorrente –

nei confronti di:

MINISTERO DELLA SALUTE, (C.F.: (OMISSIS)), in persona del Ministro in

carica rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Generale

dello Stato;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Corte di Appello di Palermo n.

333/2014, depositata in data 3 marzo 2014;

udita la relazione sulla causa svolta alla camera di consiglio del 26

giugno 2017 dal consigliere Augusto Tatangelo.

Fatto

FATTI DI CAUSA

C.A. ha agito in giudizio nei confronti del Ministero della Salute per ottenere il risarcimento dei danni subiti a seguito della contrazione del virus HCV in conseguenza di emotrasfusioni.

La domanda è stata rigettata dal Tribunale di Palermo.

La Corte di Appello di Palermo ha confermato la decisione di primo grado.

Ricorre la C., sulla base di sette motivi”

Resiste con controricorso il Ministero della Salute.

Il ricorso è stato trattato in camera di consiglio, in applicazione dell’art. 375 c.p.c. e art. 380-bis c.p.c., comma 1.

Il collegio ha disposto che sia redatta motivazione in forma semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso si denunzia “Nullità della sentenza e/o del procedimento per errores in procedendo (art. 360 c.p.c., n. 4 – artt. 112,166,167,345,346 e 347 c.p.c. in relazione all’art. 2909 c.c.)”.

Secondo la ricorrente, l’eccezione di prescrizione sarebbe stata riproposta tardivamente dal Ministero nel giudizio di appello, con la comparsa di risposta non depositata nel termine di venti giorni prima dell’udienza di prima comparizione previsto dall’art. 167 c.p.c..

Il motivo è infondato.

La giurisprudenza di questa Corte è infatti ferma nel ritenere che l’onere di riproposizione delle eccezioni assorbite in quanto non esaminate in primo grado, che incombe alla parte integralmente vittoriosa, possa essere soddisfatto in qualsiasi forma idonea ad evidenziare in modo inequivoco la volontà della parte stessa di sottoporre la questione alla decisione del giudice di appello, fino alla precisazione delle conclusioni (cfr. ad es. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 413 del 12/01/2006, Rv. 586211 – 01; Sez. 2, Sentenza n. 12490 del 28/05/2007, Rv. 597509 – 01).

2. Con il secondo motivo si denunzia “Nullità della sentenza e/o del procedimento per errores in procedendo (art. 360 c.p.c., n. 4 – artt. 112,167 e 346 c.p.c. in relazione agli artt. 2934 e 2935 c.c.)”.

Secondo la ricorrente, l’eccezione di prescrizione non sarebbe stata sollevata ritualmente nel corso del giudizio di primo grado, in quanto il Ministero convenuto non avrebbe specificato l’esatta data da cui, a suo avviso, il relativo termine avrebbe dovuto farsi decorrere.

Il motivo è manifestamente infondato.

Dal tenore della comparsa di costituzione e risposta in primo grado del Ministero, trascritta in parte qua nel ricorso, emerge con assoluta chiarezza che l’eccezione di prescrizione era stata da questo espressamente formulata con riguardo alla data in cui l’attrice aveva avuto modo di percepire la malattia come danno ingiusto conseguente al proprio comportamento doloso o colposo, usando l’ordinaria diligenza e tenendo conto della diffusione delle conoscenze scientifiche, conformemente all’indirizzo di questa Corte in proposito.

D’altra parte, secondo la costante giurisprudenza di questa stessa Corte, una volta formulata un’eccezione di prescrizione, anche di ufficio il giudice deve identificare, nei fatti allegati o comunque risultanti dagli atti di causa, quelli rilevanti ai fini della valutazione della fondatezza o meno dell’eccezione stessa (cfr.: Cass., Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 18217 del 26/08/2014; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 22592 del 23/10/2014, entrambe non massimate; cfr. anche, in generale: Cass., Sez. U, Sentenza n. 10955 del 25/07/2002, Rv. 556223; Sez. 3, Sentenza n. 24037 del 13/11/2009, Rv. 610673; e, specificamente, anche in punto di decorrenza, quest’ultima integrando una mera contro eccezione, tra le ultime: Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 4238 del 21/02/2011, Rv. 617106; Sez. 3, Sentenza n. 28292 del 22/12/2011, Rv. 620664; Sez. U, Ordinanza interlocutoria n. 10531 del 07/05/2013, specialmente paragrafo 7 della motivazione; Sez. 6 – 3, Sentenza n. 17066 del 10/07/2013, Rv. 628540; Sez. 6 – 3, Sentenza n. 19996 del 30/08/2013, n. 19996, non massimata; Sez. 3, Sentenza n. 26795 del 29/11/2013, n. 26795; Sez. 1, Sentenza n. 9993 del 16/05/2016, Rv. 639742 e 639743).

La sentenza impugnata si sottrae quindi senz’altro alle censure esposte con il motivo di ricorso in esame.

3. Con il terzo motivo si denunzia “Violazione e falsa applicazione dell’art. 2935 c.c. e art. 2947 c.c., comma 1. Contestuale violazione e mancata applicazione dell’art. 111 Cost. e degli artt. 112,116 e 132 c.p.c. (art. 360 c.p.c., n. 3)”.

Secondo la ricorrente, la prescrizione non poteva farsi decorrere da un momento anteriore alla data di comunicazione, da parte della commissione medica istituita ai sensi della legge n. 210 del 1992, del responso in ordine alla sussistenza del nesso causale tra le trasfusioni subite ed il contagio.

Il motivo è manifestamente infondato.

La decisione impugnata risulta sul punto conforme ai principi di diritto ripetutamente affermati da questa Corte con riguardo al contagio da emotrafusioni (ed in relazione ai quali il ricorso non contiene motivi tali da indurre la Corte a mutare orientamento), per cui:

– “la responsabilità del Ministero della salute per i danni conseguenti ad infezioni da virus HBV, HIV e HCV contratte da soggetti emotrasfusi è di natura extracontrattuale, nè sono ipotizzabili, al riguardo, figure di reato tali da innalzare i termini di prescrizione (epidemia colposa o lesioni colpose plurime); ne consegue che il diritto al risarcimento del danno da parte di chi assume di aver contratto tali patologie per fatto doloso o colposo di un terzo è soggetto al termine di prescrizione quinquennale che decorre, a norma dell’art. 2935 c.c. e art. 2947 c.c., comma 1, non dal giorno in cui il terzo determina la modificazione causativa del danno o dal momento in cui la malattia si manifesta all’esterno, bensì da quello in cui tale malattia viene percepita o può essere percepita, quale danno ingiusto conseguente al comportamento del terzo, usando l’ordinaria diligenza e tenendo conto della diffusione delle conoscenze scientifiche (a tal fine coincidente non con la comunicazione del responso della Commissione medica ospedaliera di cui alla L. n. 210 del 1992, art. 4 bensì con la proposizione della relativa domanda amministrativa)” (Cass., Sez. U, Sentenza n. 576 del 11/01/2008, Rv. 600901; sull’affermazione per cui il limite ultimo della decorrenza della prescrizione è “da ritenersi coincidente non con la comunicazione del responso della Commissione Medica Ospedaliera di cui alla L. 25 febbraio 1992, n. 210, art. 4 ma con la proposizione della relativa domanda amministrativa, che attesta l’esistenza, in capo all’interessato, di una sufficiente ed adeguata percezione della malattia”, si vedano anche: Cass., Sez. U, Sentenza n. 581 del 11/01/2008 Rv. 600912; Sez. 3, Sentenza n. 28464 del 19/12/2013, Rv. 629132; Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 16550 del 02/07/2013, Rv. 627140; Sez. 3, Sentenza n. 6213 del 31/03/2016, Rv. 639256);

– la presentazione della domanda di indennizzo di cui alla L. n. 210 del 1992 segna solo il limite temporale ultimo di possibile decorrenza del termine di prescrizione, senza che ciò escluda la possibilità di collocare l’effettiva conoscenza della rapportabilità causale della malattia in un momento precedente, tenendo conto delle informazioni in possesso del danneggiato e della diffusione delle conoscenze scientifiche, in base ad un accertamento che è rimesso al giudice del merito (in tal senso: Cass., Sez. 6 – 3, Sentenza n. 23635 del 18/11/2015, Rv. 637785; Sentenza n. 10551 del 22/05/2015, non massimata; Sentenza n. 10530 del 22/05/ 2015, non massimata). Nella specie risulta del tutto logica ed adeguata la motivazione posta a base della decisione impugnata, in ordine alla concreta possibilità per la ricorrente di acquisire con l’ordinaria diligenza la consapevolezza del nesso causale tra la contrazione del virus HCV e le trasfusioni subite al momento della avvenuta diagnosi della sua positività al virus HCV, in un momento storico in cui le conoscenze scientifiche le avrebbero consentito con sufficiente certezza di ricollegare tale positività alle emotrasfusioni cui era stata sottoposta.

Si tratta di un accertamento di fatto operato dai giudici di merito sulla base dell’esame dei fatti storici rilevanti, come emergenti dal materiale probatorio acquisito, e sostenuto da motivazione non apparente nè insanabilmente contraddittoria sul piano logico, come tale non censurabile in sede di legittimità.

4. Con il quarto motivo si denunzia “Violazione e falsa applicazione degli artt. 2943 e 2944 c.c.. Contestuale violazione e mancata applicazione dell’art. 111 Cost. e degli artt. 112,113,115,116 e 132 c.p.c. (art. 360 c.p.c., n. 3)”.

Con il quinto motivo si denunzia “Nullità della sentenza e/o del procedimento per errores in procedendo (art. 360 c.p.c., n. 4 – artt. 112 e 116 c.p.c. in relazione agli artt. 2943 e 2944 c.c.)”.

Con il sesto motivo si denunzia “Violazione di legge (art. 360 c.p.c., n. 3 in relazione all’art. 132 c.p.c.) motivazione apparente, manifesta e irriducibile contraddittorietà, motivazione perplessa o incomprensibile”.

Il quarto, il quinto ed il sesto motivo, aventi tutti ad oggetto la questione dell’interruzione della prescrizione, sono connessi e possono essere esaminati congiuntamente.

Essi sono fondati.

La sentenza impugnata non è infatti conforme al principio di diritto affermato da questa Corte (ed al quale va data continuità nella presente sede) secondo cui “poichè nel nostro ordinamento le eccezioni in senso stretto, cioè quelle rilevabili soltanto ad istanza di parte, si identificano o in quelle per le quali la legge espressamente riservi il potere di rilevazione alla parte o in quelle in cui il fatto integratore dell’eccezione corrisponde all’esercizio di un diritto potestativo azionabile in giudizio da parte del titolare e, quindi, per svolgere l’efficacia modificativa, impeditiva od estintiva di un rapporto giuridico suppone il tramite di una manifestazione di volontà della parte (da sola o realizzabile attraverso un accertamento giudiziale), l’eccezione di interruzione della prescrizione integra un’eccezione in senso lato e non in senso stretto e, pertanto, può essere rilevata d’ufficio dal giudice sulla base di elementi probatori ritualmente acquisiti agli atti, dovendosi escludere, altresì, che la rilevabilità ad istanza di parte possa giustificarsi in ragione della (normale) rilevabilità soltanto ad istanza di parte dell’eccezione di prescrizione, giacchè non ha fondamento di diritto positivo assimilare al regime di rilevazione di una eccezione in senso stretto quello di una controeccezione, qual è l’interruzione della prescrizione” (cfr. Cass., Sez. U, Sentenza n. 15661 del 27/07/2005, Rv. 583491 – 01; conf.: Sez. L, Sentenza n. 2035 del 30/01/2006, Rv. 587230 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 5490 del 14/03/2006, Rv. 588362 – 01; Sez. L, Sentenza n. 18250 del 12/08/2009, Rv. 609561 – 01; Sez. L, Sentenza n. 16542 del 14/07/2010, Rv. 614525 – 01; Sez. U, Ordinanza interlocutoria n. 10531 del 07/05/2013, Rv. 626194 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 18602 del 05/08/2013, Rv. 627483 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 13335 del 30/06/2015, Rv. 635919 – 01).

Nella specie, sulla base del principio di diritto contrario a quello appena esposto, la corte di appello ha invece ritenuto di non poter rilevare di ufficio l’eventuale interruzione della prescrizione, così omettendo di valutare in concreto l’efficacia sotto tale profilo della diffida inviata dalla ricorrente al Ministero con lettera raccomandata spedita il 29 novembre 2003 e ricevuta in data 1 dicembre 2003.

Poichè il documento risulta certamente acquisito agli atti, la corte avrebbe dovuto valutarne in concreto l’eventuale efficacia interruttiva della prescrizione del diritto fatto valere in giudizio.

La sentenza impugnata va dunque per tale aspetto cassata, e all’esame del suddetto documento (così come all’esame del merito della domanda risarcitoria, laddove si dovesse ritenere validamente interrotta la prescrizione) dovrà provvedersi in sede di rinvio.

5. Con il settimo motivo si denunzia “Violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 116 c.p.c. (art. 360 c.p.c., n. 3)”. Il motivo – attinente alla questione della responsabilità del Ministero – resta assorbito in conseguenza dell’accoglimento dei precedenti.

6. Sono accolti, per quanto di ragione, il quarto, il quinto ed il sesto motivo del ricorso, rigettati i primi tre, assorbito il settimo.

La sentenza impugnata è cassata in relazione, con rinvio alla Corte di Appello di Palermo, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

PQM

 

La Corte:

accoglie, per quanto di ragione, il quarto, il quinto ed il sesto motivo del ricorso, rigetta i primi tre e dichiara assorbito il settimo; cassa in relazione la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di Appello di Palermo, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 26 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2017

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