Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18388 del 09/07/2019

Cassazione civile sez. VI, 09/07/2019, (ud. 03/04/2019, dep. 09/07/2019), n.18388

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12860-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

EMI HOLDING SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 223/1/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del MOLISE, depositata il 06/04/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 03/04/2019 dal Consigliere Relatore Dott.ssa

ANTONELLA DELL’ORFANO.

Fatto

RILEVATO

Che:

l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, nei confronti della sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Molise, indicata in epigrafe, in sede di rinvio a seguito di sentenza di questa Corte, n. 26100/2011, che aveva annullato la sentenza della CTR n. 64/02/08, con cui era stato respinto l’appello dell’Ufficio avverso la decisione della Commissione Tributaria Provinciale di Campobasso n. 121/2006, con cui erano stati accolti i ricorsi, riuniti, proposti dalla società Emi Holding S.p.A. avverso avvisi di accertamento IRPEG ed IVA 2001 2002 con irrogazione di relative sanzioni;

la contribuente è rimasta intimata.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1.1. con il terzo motivo di ricorso, che va preliminarmente esaminato per ragioni di ordine logico, la ricorrente lamenta nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, per motivazione meramente apparente, affermando la ricorrente che la CTR, con riguardo alla disapplicazione delle sanzioni, si era “limitata ad asserire meramente l’incertezza normativa, senza, tuttavia, dare conto delle ragioni di fatto e/o giuridiche alla base di siffatta decisione”;

1.2. la doglianza non ha pregio in quanto, malgrado la sinteticità della decisione gravata di ricorso per cassazione sul punto relativo alle sanzioni amministrative irrogate nei confronti della società, si scorge dal suo complessivo contenuto la ratio decidendi posta a base della stessa, collegata all’esistenza di elementi di “incertezza interpretativa” relativamente all’applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 11, con riguardo ai contributi erogati a norma di legge alle imprese esercenti il trasporto pubblico locale al fine di ripianare i disavanzi di esercizio, in funzione del calcolo dell’imponibile ai fini IRAP;

1.3. tanto è sufficiente per escludere che la sentenza impugnata possa rientrare nello stigma delle sentenze nulle per omissione della motivazione, motivazione apparente, manifesta e irriducibile contraddittorietà, motivazione perplessa o incomprensibile, alla stregua di quanto affermato da Cass. S.U. n. 8053/2014 e n. 8054/2014;

2.1. con il primo motivo di ricorso la ricorrente censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, denunciando, in rubrica, “violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 8, del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 6 e del D.Lgs. n. 212 del 2000, art. 10, comma 3” perchè, secondo la ricorrente, la CTR avrebbe errato nell’accogliere la richiesta di disapplicazione delle sanzioni, formulata dalla società solo nel ricorso per riassunzione del giudizio innanzi alla CTR a seguito del giudizio di cassazione;

2.2. secondo l’orientamento ormai consolidato di questa Corte, l’accertamento della sussistenza della oggettiva incertezza dell’interpretazione normativa, ai fini della disapplicazione delle sanzioni, può essere operato dal giudice tributario solo in presenza di domanda del contribuente (la quale non può, pertanto, essere formulata per la prima volta in sede di appello o in sede di legittimità, cfr. Cass. nn. 22890/2006; Cass. 25676 del 2008; Cass. 7502/2009; Cass. 8823 e 4031 del 2012; Cass. 24060 del 2014; Cass. 440 e 9335 del 2015, 14402/2016);

2.3. nella fattispecie, detta richiesta non è stata formulata nel ricorso introduttivo della contribuente (trascritto in ricorso in ossequio al principio di specificità);

2.4. va, quindi, richiamato il consolidato principio, in virtù del quale l’inosservanza del divieto di introdurre una domanda nuova in appello (o un’eccezione nuova non rilevabile d’ufficio), ai sensi dell’art. 345 c.p.c. e, per il giudizio tributario, del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57 e, correlativamente, dell’obbligo del Giudice di secondo grado di non esaminare nel merito tale domanda è rilevabile d’ufficio in sede di legittimità, poichè costituisce una preclusione all’esercizio della giurisdizione, che può essere verificata nel giudizio di cassazione, anche d’ufficio, non rilevando in contrario neppure che l’appellato abbia accettato il contraddittorio sulla domanda anzidetta (Cass. nn. 11202 del 2003, 12417 e 19605 del 2004, 28302 del 2005);

2.5. in relazione al potere delle Commissioni tributarie di dichiarare l’inapplicabilità delle sanzioni, in caso di obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle norme alle quali la violazione si riferisce, potere conferito dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 8 e ribadito, con più generale portata, dal DLgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 6, comma 2 e quindi dal D.Lgs. 27 luglio 2000, n. 212, art. 10, comma 3, non può neppure ritenersi che la disapplicazione delle sanzioni costituisca un potere-dovere delle Commissioni tributarie, esercitabile (in ogni stato e grado) non solo su istanza di parte ma anche d’ufficio;

2.6. tale principio, talvolta invocato sulla base dell’art. 8 delle norme regolatrici il processo tributario ed alla luce di risalente giurisprudenza di questa Corte, non implica, infatti, che il giudice possa disporre la disapplicazione delle sanzioni d’ufficio, quindi senza richiesta di parte, ma solo che la sussistenza delle condizioni per la disapplicazione, quando domandata dal contribuente nei modi e nei termini processuali appropriati, può essere accertata anche dal giudice di legittimità ed in tal senso si è pronunciata questa Corte (Cass. n. 25676 del 2008), la quale, superando il remoto orientamento contrario (Cass. n. 4053/2001), ha statuito che la disapplicazione da parte del giudice delle sanzioni per violazioni di norme tributarie, qualora abbia accertato che le stesse sono state commesse in presenza ed in connessione con una situazione di oggettiva incertezza nell’interpretazione normativa, è possibile, anche in sede di legittimità, solo se domandata dal contribuente nei modi e nei termini processuali appropriati (cfr. anche Cass.24060/2014 ed altre pronunce sopra citate);

2.7. ne consegue che era precluso alla CTR, in sede di giudizio di rinvio a seguito di annullamento della sentenza d’appello in sede di legittimità, considerata la struttura “chiusa” propria del giudizio di rinvio, cioè della cristallizzazione della posizione delle parti nei termini in cui era rimasta definita nelle precedenti fasi processuali fino al giudizio di cassazione e più precisamente fino all’ultimo momento utile nel quale detta posizione poteva subire eventuali specificazioni, di provvedere sulla richiesta di disapplicazione delle sanzioni irrogate per obiettiva incertezza normativa, in quanto richiesta mai formulata nel ricorso introduttivo del giudizio;

3. all’accoglimento del primo motivo consegue l’assorbimento del secondo motivo di ricorso con cui si censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 2697 c.c. in relazione alla mancata prova, da parte della contribuente, circa l’inevitabile incertezza sul contenuto, oggetto e destinatari della norma;

4. respinto il terzo motivo ed assorbito il secondo, la sentenza va cassata in relazione al primo motivo e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, pronunciando nel merito, in riforma parziale della statuizione della Commissione Tributaria Regionale del Molise, va dichiarata inammissibile la richiesta di disapplicazione delle sanzioni irrogate alla contribuente;

5. avuto riguardo all’esito del ricorso ed all’epoca del consolidarsi del richiamato orientamento giurisprudenziale, le spese dell’intero giudizio – di merito e di legittimità – vanno compensate.

P.Q.M.

La Corte, accolto il primo motivo di ricorso, respinto il terzo ed assorbito il secondo, cassa parzialmente la sentenza impugnata nei limiti indicati in motivazione e, decidendo nel merito, dichiara inammissibile la richiesta di disapplicazione delle sanzioni per violazioni di norme tributarie; compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione Sezione Tributaria, il 3 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 luglio 2019

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