Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18386 del 27/08/2014
Civile Sent. Sez. 2 Num. 18386 Anno 2014
Presidente: BUCCIANTE ETTORE
Relatore: SAN GIORGIO MARIA ROSARIA
SENTENZA
sul ricorso 18951-2008 proposto da:
COSENTINI OSCAR, DI CATERINO GIOVANNI SIMPLICIO,
CACACE PIERO C.F.CCCPRI41H18H501G, elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA FIBRENO 4, presso lo studio
dell’avvocato MONTANARA GIUSEPPE, che li rappresenta
e difende;
– ricorrenti –
2013
1993
contro
BANCA D’ITALIA IN PERSONA DEL SUO LEGALE RAPP.TE P.T.
P.I.997670583, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
NAZIONALE 91, presso lo studio dell’avvocato CAPOLINO
Data pubblicazione: 27/08/2014
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CLIMA, che la rappresenta e difende unitamente agli
avvocati D’AMBROSIO RAFFAELE, MARCUCCI MONICA;
–
controricorrente-
avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di ROMA,
depositata ±1 28/03/2008;
udienza del 27/09/2013 dal Consigliere Dott. MARIA
ROSARIA SAN GIORGIO;
a
,
udito l’Avvocato Montanara Giuseppe difensore dei
ricorrenti che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito l’Avv. D’Ambrosio Raffaele difensore della
controricorrente che ha chiesto il rigetto del
ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PIERFELICE PRATIS che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso, in subordine,
l’infondatezza.
-7.
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
‘-‘1.
Svolgimento del processo
1. – Simplicio Giovanni Di Caterino, Oscar Cosentino e Piero Cacace
proposero opposizione innanzi alla Corte d’appello di Roma avverso il
provvedimento della Banca d’Italia in data 18 luglio 2007, con il quale
della Colomba Invest Sim s.p.a., una sanzione pecuniaria,
tr
ex art. 6,
comma 1, lettera a), del d.lgs. n. 58 del 1998, dell’importo di curo
60.000 ciascuno, per due violazioni relative a carenze nei controlli da
parte del Collegio ed alla inosservanza delle disposizioni in materia
di concentrazione dei rischi da parte del Collegio medesimo e del
consiglio di amministrazione.
2. – La Corte di merito respinse il ricorso, ritenendo, quanto alla
censura attinente alla asserita irregolarità delle contestazioni delle
violazioni, che le stesse fossero state regolarmente comunicate nel
gennaio 2007, con la conseguenza che i reclamanti avevano potuto
tempestivamente
presentare
le
loro
controdeduzioni
congiunte,
difendendosi compiutamente da entrambe le imputazioni; e sostenendo,
quanto alla presenza di
“omissis”,
che la irrilevanza degli stessi
perché concernenti altri fatti non contestati ai ricorrenti, i quali
avrebbero comunque avuto la possibilità di accedere al rapporto
ispettivo completo.
In relazione alla
seconda doglianza,
relativa alla mancata
diversificazione tra funzioni istruttorie e funzioni decisorie,
entrambe esercitate dalla Banca d’Italia, la Corte capitolina osservò
che non poteva avere rilievo il fatto che il predetto Istituto avesse
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era stata loro irrogata, quali componenti del Collegio dei sindaci
svolto entrambe dette funzioni, in presunta violazione del principio
della separazione tra le stesse, svolte in realtà da organi diversi (la
Commissione per l’esame delle irregolarità degli istituti di credito e
il direttorio della Banca), tento anche conto che, in ogni caso, l’art.
l’applicazione del principio della separazione ad apposita
regolamentazione dell’autorità competente, e che a tale norma si era
adeguata la Banca d’Italia con apposito provvedimento volto a
disciplinare le modalità organizzative di attuazione della separazione
delle funzioni.
Anche la censura relativa alle mancate verbalizzazioni dell’istruttoria
fu disattesa sul rilievo che le stesse non andavano riferite
all’attività ispettiva, ma allo svolgimento del procedimento
sanzionatorio, che si svolge a seguito e sulla base delle contestazioni
degli addebiti agli interessati, per il quale la verbalizzazione
pacificamente era stata effettuata.
La Corte di merito ritenne altresì l’infondatezza del motivo attinente
alla ingiustificata parificazione tra sindaci ed amministratori ed alla
eccessività delle sanzioni inflitte, in quanto l’irrogazione delle
medesime si giustificava con la presenza di analoghe violazioni
contestate, di notevole gravità, mentre la sanzione più alta di quella
normalmente applicata per i sindaci e gli amministratori delle banche
trovava fondamento nel fatto che l’attività di intermediazione
finanziaria presenta rischi molto più elevati per la clientela e
richiede particolari controlli, nella specie mancati, sulla gestione
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24, terzo coma, della legge n. 262 del 2005 aveva rimesso
dell’Istituto, in relazione alle modalità di intervento ed alla
concentrazione dei rischi.
3. – Per la cassazione di tale sentenza ricorrono il Cacace, il Di
Caterino e il Cosentini sulla base di sei motivi, illustrati anche da
Motivi della decisione
1. – Deve, preliminarmente, essere esaminata la eccezione, sollevata
dai ricorrenti, di tardività della notifica e del deposito del
controricorso ai sensi dell’art. 370 cod.proc.civ. per essere avvenuta
la prima oltre il termine consentito, e cioè il 14 ottobre 2008, a
fronte della notifica del ricorso avvenuta il 16 luglio 2008.
2. – La eccezione è priva di fondamento.
La notifica di un atto processuale, almeno quando debba compiersi entro
un determinato termine, si intende perfezionata, dal lato dell’istante,
al momento dell’affidamento dell’atto all’ufficiale giudiziario, posto
che, come affermato dalle sentenze della Corte costituzionale n. 69 del
1994 e n. 477 del 2002, il notificante deve rispondere soltanto del
compimento delle formalità che non esulano dalla sua sfera di
controllo, secondo il “principio della scissione soggettiva del momento
perfezionativo del procedimento notificatorio”(v.,
ex multis,
Cass.,
sent. n. 359 del 2010).
Nella specie, risulta dagli atti che il controricorso fu affidato
all’ufficiale giudiziario in data 9 ottobre 2008, e quindi entro il
termine di legge.
3.
– Deve, poi, procedersi all’esame della seconda eccezione
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successiva memoria. Resiste con controricorso la Banca d’Italia.
preliminare sollevata dai ricorrenti, relativa alla asserita nullità
della notificazione del controricorso in quanto eseguita a mezzo posta
mediante l’invio di una sola copia del provvedimento al procuratore
domiciliatario, rivolta a tutti i tre soggetti dallo stesso
4. – Anche tale eccezione è immeritevole di accoglimento.
Poiché la notificazione dell’atto a più parti presso un unico
procuratore, eseguita mediante consegna di una sola copia dell’atto (o
di un numero di copie inferiore a quello delle parti cui l’atto è
destinato) è causa non di inesistenza, ma di nullità della notifica
(v., tra le altre, Cass., sent. n. 10208 del 2004), tale vizio è
sanabile, con effetto retroattivo, per effetto del conseguimento dello
scopo.
5. – Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione dell’art. 195,
n. 2, del d.lgs. n. 58 del 1998 in relazione alla contestazione degli
addebiti ed alla conoscenza degli atti istruttori, nonché violazione
dell’art. 24 della legge 28 dicembre 2005, n. 262. Si ribadiscono le
censure già svolte in sede di merito, concernenti, da un lato, la non
compiuta verbalizzazione delle operazioni ispettive della Banca
d’Italia, dall’altro, la indecifrabilità del contenuto effettivo
dell’atto di contestazione, contenente una serie di “omissis” e carente
di una esposizione dettagliata dei fatti. Censure che erroneamente
sarebbero state ritenute infondate dalla Corte capitolina per la
irrilevanza degli “omissis”,
concernenti altri fatti non contestati ai
ricorrenti, i quali comunque avrebbero avuto accesso al rapporto
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rappresentati.
ispettivo completo, e per il fatto che costoro avevano potuto
presentare tempestivamente le proprie controdeduzioni. Il giudice di
merito avrebbe, infatti, del tutto ignorato che l’invocato art. 195 del
d.lgs. n. 58 del 1998 esige la verbalizzazione degli atti istruttori,
che postula una contestazione concreta, chiara e comprensibile della
contestazione degli addebiti, ed infine la conoscenza, e non la sola
conoscibilità, degli atti istruttori, che devono essere richiamati nel
provvedimento di contestazione degli addebiti.
La illustrazione della doglianza si conclude con la formulazione del
seguente quesito di diritto ex art. 366-bis cod.proc.civ., applicabile
nella specie ratione temporis: < I principi di cui all'art. 195 n. 2
d.lgs. n. 58/1998 relativi alla esigenza di contraddittorio, di
verbalizzazione e di conoscenza degli atti istruttori devono o meno
essere intesi nel senso della loro effettività e della loro realtà, ovvero nel senso della potenzialità e della conoscibilità degli atti? La verbalizzazione richiesta dalla citata disposizione deve o meno
riferirsi al procedimento sanzionatorio globalmente considerato, nella specie del tutto carente, nonché il rispetto del contraddittorio, comprendendo gli atti istruttori compiuti quale espressione concreta di
conoscenza degli stessi e di garanzia del contraddittorio, anche ai
sensi dell'art. 24 L. n. 262/2005? Donde la violazione di uno o più di
detti principi comporta o meno l'illegittimità dell'accertamento
compiuto dalla P.A. competente per violazione di legge ?>.
6. – La censura è inammissibile per un duplice ordine di ragioni.
6.1. Anzitutto, come chiarito da questa Corte, è inammissibile, ai
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(1,
sensi dell’art. 366-bis cod.proc.civ., il quesito formulato in termini
tali da richiedere una previa attività interpretativa della Corte, come
accade nell’ipotesi in cui sia proposto un quesito multiplo, la cui
formulazione imponga alla Corte di sostituirsi al ricorrente mediante
risposte che potrebbero essere tra loro diversificate (v., tra le
altre, Cass., sent. n. 1906 del 2008).
Questa Corte ha altresì precisato che è ammissibile il ricorso per
cassazione nel quale si denunzino con un unico articolato motivo di
impugnazione vizi diversi, qualora lo stesso si concluda con una
pluralità di quesiti, ciascuno dei quali si riferisca al singolo
profilo dedotto, e sintetizzi le ragioni illustrate nel motivo in modo
da consentire alla Corte di rispondere con l’enunciazione di una regula
iuris
idonea a trovare applicazioni ulteriori al di là del caso
sottoposto all’esame del giudice che ha emesso la pronuncia impugnata
(v. Cass., sent. n. 15242 del 2012).
6.2. – L’ulteriore profilo di inammissibilità della censura concerne la
mancanza di autosufficienza della stessa.
Il ricorso per cassazione deve contenere in sè tutti gli elementi
necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della
sentenza di merito ed altresì a permettere la valutazione della
fondatezza di tali ragioni. Ne consegue che è necessario, per il
principio di autosufficienza del ricorso, e quindi per non incorrere
nel vizio di genericità della doglianza, che siano indicati con
precisione gli elementi di fatto che consentano di controllare la
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una preventiva opera di semplificazione, per poi procedere alle singole
decisività dei vizi dedotti.
Nella specie, alla denuncia di incomprensibile contestazione degli
addebiti non si accompagna la riproduzione delle parti del relativo
provvedimento che sarebbero affette dal vizio dedotto.
legge n. 689 del 1981 per la mancata notifica agli interessati nel
termine di novanta giorni della lettera di contestazione. Ciò in quanto
l’atto di contestazione sarebbe tale solo formalmente e non
sostanzialmente, non contenendo l’esposizione chiara e precisa degli
addebiti.
La illustrazione della censura si conclude con la formulazione del
seguente quesito di diritto:
8. – La censura, che, nella sostanza, è riconducibile alla prima,
risulta inammissibile per le medesime ragioni illustrate
sub
6.1. e
6.2.
9. – Con il terzo motivo si deduce violazione dell’art. 190 del d.lgs.
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7. – Con il secondo motivo si deduce violazione dell’art. 14 della
n. 58 del 1998 e degli artt. l e 3 della legge n. 689 del 1981. Si
contesta la impossibilità di stabilire il concreto comportamento
addebitato ai ricorrenti né se gli addebiti siano intesi come attivi o
cagionati in via omissiva mediante l’imputazione del mancato
principio di tipicità dell’illecito amministrativo e del requisito
dell’elemento soggettivo dell’illecito amministrativo.
La illustrazione della doglianza si conclude con la formulazione del
seguente quesito di diritto:
14. – La doglianza è priva di fondamento.
Posto che sono le stesse norme primarie invocate dai ricorrenti a
stabilire il principio della distinzione fra funzioni istruttorie e
decisorie, sicché alle Autorità competenti sono rimesse le sole
modalità di attuazione del principio stesso, in tale quadro,
correttamente il Regolamento della Banca d’Italia del 2006 affida ad
organi diversi le diverse funzioni di cui si tratta: la terzietà ed
indipendenza dell’organo decisorio è, del resto, assicurata, oltre che
dalla legge n. 262 del 2005, dallo statuto della Banca d’Italia (d.p.r.
12 dicembre 2006), attraverso la disciplina della sua composizione e
del suo funzionamento.
15.
Con il sesto motivo si denuncia la illegittimità del
provvedimento BI 14 giugno 2006, n. 682855 in ordine alla durata del
procedimento sanzionatorio, la violazione degli artt. 3 e 97 Cost. e
del dovere di imparzialità per contrasto con il provvedimento Consob
12697/2000. La Banca d’Italia, con il citato provvedimento, avrebbe
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composizione degli uffici con regolamenti controllabili dal destinatari
modificato i termini della procedura sanzionatoria, attribuendo solo a
se stessa la possibilità di estenderne la durata sino a 360 giorni,
decorrenti dalla scadenza del termine per le controdeduzioni degli
interessati, pur in presenza di un termine unico di durata del
d’Italia dai rispettivi provvedimenti del 2000 e del 2003.
t
La illustrazione della censura si conclude con la formulazione del
seguente quesito di diritto: < E' o meno illegittimo per disparità di
trattamento e violazione dell'imparzialità ex artt. 3 e 97 Cost. il
provvedimento BI n. 682855 del 14 giugno 2006 - rispetto al diverso
provvedimento Consob n. 12697/2000 - in relazione al termine di durata
del procedimento sanzionatorio amministrativo ex art. 185 d.lgs. n. 58/1999? Ed in caso di illegittimità, esso deve o meno essere
disapplicato dal giudice procedente?>.
16. – La censura è inammissibile in quanto introdotta solo nel presente
giudizio di legittimità.
17. – Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato. Le spese del
presente giudizio,
che,
in applicazione del principio della
soccombenza, devono essere poste a carico dei ricorrenti in solido,
vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il
ricorso. Condanna i ricorrenti in solido al
pagamento delle spese del giudizio, che liquida in complessivi euro
5200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre agli accessori di
legge.
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procedimento, fissato in 180 giorni sia per la Consob sia per la Banca
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione
civile, il 27 settembre 2013.