Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18386 del 20/09/2016
Cassazione civile sez. VI, 20/09/2016, (ud. 24/06/2016, dep. 20/09/2016), n.18386
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETITTI Stefano – Presidente –
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – rel. Consigliere –
Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –
Dott. ABETE Luigi – Consigliere –
Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 12321-2015 proposto da:
L.P., elettivamente domiciliato presso la CORTE DI
CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentato e difeso
dall’Avvocato FELICE DOMENICO RETEZ, giusta procura in calce al
ricorso;
– ricorrente –
contro
ISTITUTO DIOCESANO PER IL SOSTENTAMENTO DEL CLERO DI REGGIO CALABRIA
– BOVA, in persona del Presidente, legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PAOLO EMILIO 57,
presso lo studio dell’avvocato MARCO SERRA, rappresentato e difeso
dall’avvocato PATRIZIA MALARA, giusta procura in calce al
controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 6/2014 del TRIBUNALE di REGGIO CALABRIA del
19/12/2013, depositata il 07/01/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
24/06/2016 dal Consigliere Relatore Dott. LUIGI GIOVANNI LOMBARDO;
udito l’Avvocato FELICE DOMENICO RETEZ, difensore del ricorrente, che
chiede la trattazione in Pubblica Udienza;
udito l’Avvocato PATRIZIA MALARA, difensore del controricorrente, che
chiede l’inammissibilità del ricorso.
Fatto
FATTO E DIRITTO
Considerato che:
il Consigliere designato ha depositato la seguente relazione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.;
“Ritenuto che:
– L.P. convenne in giudizio l’Istituto per il sostentamento del clero di Reggio Calabria, chiedendo lo stesso fosse condannato a reintegrarlo nel possesso del fondo di sua proprietà dal quale l’Istituito lo aveva spogliato;
– l’Istituto convenuto resistette alla domanda, chiedendone il rigetto;
– il Tribunale di Reggio Calabria rigettò la domanda attorea, ritenendo non provato il fatto che l’attore fosse in possesso del fondo al momento del lamentato spoglio;
– sul gravame proposto dal L., la Corte di Appello di Reggio Calabria dichiarò inammissibile l’appello ai sensi dell’art. 348-bis c.p.c.;
– per la cassazione della sentenza di primo grado ricorre ai sensi dell’art. 348-ter c.p.c. L.P. sulla base di tre motivi;
– resiste con controricorso l’Istituto per il sostentamento del clero di Reggio Calabria;
Atteso che:
– tutti e tre i motivi di ricorso (con i quali si deduce la violazione e la falsa applicazione dell’art. 1140 c.c., commi 1 e 2 – artt. 115, 116 e 167 c.p.c., per avere il Tribunale ritenuto non provato il fatto che l’attore fosse in possesso del fondo al momento del lamentato spoglio) appaiono inammissibili, in quanto si risolvono in censure in fatto e sottopongono alla Corte – nella sostanza – profili relativi al merito della valutazione delle prove, che sono insindacabili in sede di legittimità, quando – come nel caso di specie – risulta che i giudici di merito hanno esposto in modo ordinato e coerente le ragioni che giustificano la loro decisione, sicchè deve escludersi tanto la “mancanza assoluta della motivazione sotto l’aspetto materiale e grafico”, quanto la “motivazione apparente”, o il “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili”, figure – queste – che circoscrivono l’ambito del motivo di ricorso di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134 (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830 e 629831);
Ritenuto che il ricorso può essere avviato alla trattazione camerale, per essere ivi dichiarato inammissibile”;
Considerato che:
– la memoria depositata dal difensore del resistente è adesiva alla proposta del Relatore, mentre la memoria depositata dal difensore del ricorrente non offre argomenti nuovi che consentano di dissentire dalla detta proposta, in quanto i motivi di ricorso sono volti a censurare il giudizio di fatto relativo alla sussistenza del possesso del fondo per cui è causa da parte del L., giudizio che non è sindacabile nel presente giudizio di legittimità, per le ragioni evidenziate nella relazione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.;
– il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile;
– le spese del presente giudizio di legittimità vanno poste a carico della parte soccombente;
– ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), ricorrono i presupposti per il raddoppio del versamento del contributo unificato da parte del ricorrente, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
PQM
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 2.700,00 (duemilasettecento), di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 2, il 24 giugno 2016.
Depositato in Cancelleria il 20 settembre 2016