Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18384 del 06/08/2010

Cassazione civile sez. III, 06/08/2010, (ud. 12/07/2010, dep. 06/08/2010), n.18384

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VARRONE Michele – Presidente –

Dott. URBAN Giancarlo – Consigliere –

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – rel. Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.L. (OMISSIS), B.M.L.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE GIULIO

CESARE 14, presso lo studio dell’avvocato PAFUNDI GABRIELE, che li

rappresenta e difende unitamente all’avvocato RANABOLDO CARLO giusta

delega in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

ICAS S.A.S. IN LIQ. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, Ing. A.N., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA BISSOLATI 76, presso lo studio dell’avvocato

SPINELLI TOMMASO, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato GRIGNOLIO PIERO giusta delega a margine del

controricorso;

COMUNE CASALE MONFERRATO (OMISSIS), in persona del Sindaco pro

tempore Dott. M.P., elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI DUE MACELLI 60, presso lo studio dell’avvocato CRAPOLICCHIO

SILVIO, rappresentato e difeso dall’avvocato DAGNA ENRICO giusta

delega a margine del controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 577/2005 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

SEZIONE SECONDA CIVILE, emessa il 03/12/2004, depositata il

11/04/2005 R.G.N. 226/03;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/07/2010 dal Consigliere Dott. ANGELO SPIRITO;

udito .L’Avvocato GABRIELE PAFUNDI;

udito l’Avvocato ENRICA FASOLA (per delega dell’Avv. TOMMASO

SPINELLI);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Genera,e Dott.

DESTRO Carlo che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il C. cito’ in giudizio il Comune di Casale M.to (ente appaltante) e la ICAS sas (ditta appaltatrice) per il risarcimento dei danni che sosteneva essere stati subiti da un immobile di sua proprieta’ in occasione delle opere di rifacimento della sede stradale e della fognatura, svolte nella primavera del 1990 dalla menzionata societa’ su commissione del citato ente pubblico.

La Corte d’appello di Torino, riformando la prima sentenza, ha respinto la domanda del C.. Gli eredi di questo propongono ricorso per cassazione a mezzo di nove motivi. Resistono con controricorso il Comune e la ICAS. Quest’ultima ha depositato memoria per l’udienza.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

I primi quattro motivi di ricorso – attraverso i quali il ricorrente denunzia l’omessa pronunzia – sono inammissibili in quanto, benche’ tendenti a far valere il giudicato endoprocessuale, concernono l’interpretazione di atti processuali (in particolare, gli atti di appello, la transazione, ecc.) che e’ stata resa in sentenza in maniera congrua, logica ed immune da vizi giuridici.

Altrettanto va affermato quanto al quinto motivo, che concerne l’interpretazione dell’atto di quietanza del risarcimento pagato dal Comune. Anche in questo caso il giudice ha fatto corretto uso del suo potere interpretativo, mentre il ricorrente neppure enuncia i canoni ermeneutici legali che sarebbero stati violati.

Infondati sono il sesto ed il settimo motivo che censurano il punto in cui la sentenza ha assolto dei responsabilita’ l’impresa appaltatrice. A tal riguardo la sentenza compiutamente motiva in ordine alla mancata prova dell’estensione degli scavi aperti nei diversi momenti d’esecuzione dei lavori, del verificarsi nell’occasione di precipitazioni tali da determinare accumuli consistenti di acqua, della condotta negligente dell’impresa. Il ricorrente introduce una serie di questioni di fatto tendenti ad una nuova valutazione del merito della controversia.

Infondati sono l’ottavo ed il nono motivo che censurano i punti della sentenza che hanno escluso l’applicabilita’ della disposizione degli artt. 2050 e 2051 c.c.. A riguardo il giudice d’appello ha fatto corretto riferimento alla consolidata giurisprudenza che nega siffatta applicabilita’ alle ipotesi in cui il committente ha affidato l’attivita’ all’appaltatore; ha, altresi’, correttamente motivato in ordine al fatto che le opere commissionate all’impresa non assumevano il carattere della pericolosita’.

In conclusione, il ricorso deve essere respinto.

Il contrastante esito dei giudizi di merito consiglia l’intera compensazione tra le parti delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e compensa interamente tra le parti le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 12 luglio 2010.

Depositato in Cancelleria il 6 agosto 2010

 

 

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