Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1838 del 28/01/2010

Cassazione civile sez. trib., 28/01/2010, (ud. 09/12/2009, dep. 28/01/2010), n.1838

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio – Consigliere –

Dott. BERNARDI Sergio – rel. Consigliere –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. MARIGLIANO Eugenia – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 18992/2005 proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrenti –

contro

LA PERLA SRL;

– intimato –

avverso la sentenza n. 26/2004 della COMM.TRIB.REG. di ANCONA,

depositata il 28/05/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/12/2009 dal Consigliere Dott. SERGIO BERNARDI;

udito per il ricorrente l’Avvocato DIEGO GIORDANO, che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAMBARDELLA Vincenzo, che ha concluso per l’accoglimento del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Ufficio delle Entrate di Jesi, con istanza 9.06.2002, chiese al Presidente della Commissione Tributaria Provinciale di Ancona di autorizzare il sequestro conservativo dei beni della s.r.l. La Perla, ai sensi del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 22. A sostegno della richiesta espose che aveva notificato alla società undici avvisi di accertamento per violazioni relative a costi indebitamente dedotti per operazioni inesistenti in relazione ad irpeg, ilor, iva, irap, ritenuta alla fonte e sanzioni, e che il pregresso comportamento della contribuente faceva temere la dispersione della garanzia del credito, pari a Euro 848.752.000. Costituendosi la società sostenne che l’istanza era inammissibile in quanto la cautela era richiesta anche in relazione ai debiti di imposta ed interessi, e non solo a garanzia della riscossione delle sanzioni, come previsto dalla disposizione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 22. La CTP autorizzò il sequestro, e la società propose appello. La CTR ha accolto l’impugnazione della contribuente, revocando l’autorizzazione a procedere a sequestro integralmente, anche nei limiti di somma corrispondenti all’importo delle sanzioni. L’Amministrazione finanziaria ricorre con un motivo. La società intimata non si è difesa.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

La CTR ha motivato l’accoglimento del gravame osservando che a favore della tesi della contribuente militavano argomenti formali e sostanziali. Quanto ai primi, ha rilevato che la titolazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, fa esclusivo riferimento alla materia sanzionatoria, e che la L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 133, lett. i), (di delega “in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie”) collega le misure cautelari da emanare al soddisfacimento dei crediti che hanno titolo nella sanzione amministrativa pecuniaria. Sul piano sostanziale, ha osservato che la interpretazione della disposizione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 22, proposta dall’Ufficio attribuirebbe ad essa un significato in contrasto con il chiaro tenore della Legge Delega n. 662 del 1996, sicchè andrebbe respinta in base alla regola che impone di attribuire alle norme un significato compartibile col dettato costituzionale piuttosto che uno illegittimo.

Il ricorso deduce violazione di legge in relazione al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 22, nonchè violazione dell’art. 112 c.p.c., e motivazione contraddittoria quanto alla revoca del sequestro concernente le sanzioni.

Col primo motivo si osserva che le considerazioni svolte sul tenore letterale delle disposizioni richiamate sono prive di pregio perchè esclusivamente formali, e conducono ad una interpretazione che prescinde dalla considerazione complessiva del sistema normativo in cui le disposizioni sono inserite, quale deve essere ricostruito in base al principio costituzionale di ragionevolezza.

Il motivo è fondato.

Non è in primo luogo condivisibile l’affermazione della CTR secondo la quale il tenore della legge delega imporrebbe di considerare come unica lettura costituzionalmente orientata del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 22, quella restrittiva proposta dalla contribuente. La L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 133, nel delegare il Governo ad emanare “disposizioni per la revisione organica e il completamento della disciplina delle sanzioni tributarie non penali”, fissava fra i principi e criteri direttivi, accanto alla “previsione di un sistema di misure cautelari volte ad assicurare il soddisfacimento dei crediti che hanno titolo nella sanzione amministrativa pecuniaria” (lettera i), anche la opportunità di procedere alla “revisione della disciplina e, ove possibile, unificazione dei procedimenti di adozione delle misure cautelari” (lett. o). La materia delle misure cautelari rientrava pertanto nella sua interezza nell’oggetto della delega, purchè il potere delegato fosse esercitato in vista della semplificazione e possibilmente della unificazione dei procedimenti di adozione delle misure cautelari.

Contrariamente a quanto ha osservato la CTR, non v’è dunque ragione di ritenere che costituisca “una norma mal coordinata quella dell’art. 22, comma 1, del Decreto in questione”, che prevede la possibilità, per l’ufficio creditore, di richiedere il sequestro conservativo (oltrechè in base al provvedimento di irrogazione della sanzione o all’atto di contestazione) “in base al processo verbale di constatazione”, che precede il momento sanzionatorio. Nella logica della disposizione normativa la possibilità di autorizzare il sequestro prescinde invero dalla previsione di un “atto irrogativo di sanzioni”, richiedendo soltanto l’esistenza del “periculum in mora” e del “fumus” di un credito comunque fondato sulla normativa tributaria, sia a titolo di tributo che di sanzione.

Può notarsi che la norma qui esaminata (del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 22) ha sostituito nel sistema quella della L. 7 gennaio 1929, n. 4, art. 26, espressamente abrogato dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 29, comma 1. La disposizione ora abrogata prevedeva che l’intendente di finanza potesse chiedere al Presidente del Tribunale competente l’iscrizione di ipoteca legale o l’autorizzazione a procedere al sequestro conservativo sui beni del trasgressore “in base al processo verbale di constatazione di una contravvenzione… o della violazione di una norma per la quale sia stabilita una pena pecuniaria”. Nella interpretazione di quella disposizione peraltro, a fronte di contestazione analoga a quella mossa nel presente processo dalla società contribuente, questa corte osservò che “quando il credito sorge quale diretta conseguenza della violazione della legge finanziaria, non c’è ragione di distinguere quello relativo alla pena pecuniaria dalle (altre) obbligazioni derivanti (come l’imposta evasa) dalla stessa violazione, per limitare alla prima la operatività della misura cautelare” (Cass. 5872/1998). La considerazione resta valida anche per il D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 22, e chiarisce che sarebbe la lettura propostane dalla CTR a legittimarne il sospetto di illegittimità costituzionale, per violazione del principio di ragionevolezza.

Il primo motivo di ricorso va dunque accolto. Il secondo resta assorbito.

Poichè non sono necessari altri accertamenti di fatto, la causa può decidersi nel merito rigettando l’opposizione proposta dalla società contribuente con l’introduzione della lite. Ma è giustificata la compensazione delle spese di tutto il processo.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originaria opposizione della società contribuente. Compensa fra le parti le spese di tutto il processo.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 28 gennaio 2010

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