Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1838 del 20/01/2022
Cassazione civile sez. I, 20/01/2022, (ud. 27/10/2021, dep. 20/01/2022), n.1838
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –
Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –
Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –
Dott. FRAULINI Paolo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 21742/2020 proposto da:
O.A., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria
Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso
dall’avvocato Galimberti Anna Maria, giusta procura speciale
allegata al ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’interno, in persona del Ministro pro tempore,
elettivamente domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi 12, presso
l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope
legis;
– resistente –
Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione
Internazionale di Bologna;
– intimato –
avverso il decreto del TRIBUNALE di BOLOGNA, deposita il 29/06/2020;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
27/10/2021 dal Cons. Dott. Paola Vella.
Fatto
RILEVATO
Che:
1. Con ricorso D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35-bis, del 12/02/2018, il cittadino nigeriano O.A., nato ad (OMISSIS), ha impugnato dinanzi al Tribunale di Bologna – Sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini UE – il provvedimento, notificatogli il 12/01/2018, con cui la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale ha negato il riconoscimento dello status di rifugiato, ovvero della protezione sussidiaria o in subordine di quella umanitaria, che egli aveva invocato allegando di essere fuggito dal proprio Paese il 30/10/2015, in quanto lo zio, in seguito ad un litigio, aveva ucciso suo padre, dal quale non voleva che il ricorrente ereditasse un terreno con giacimenti petroliferi; dopo la denuncia sporta dalla madre, lo zio, un uomo molto potente, aveva minacciato di ucciderlo se non gli avesse consegnato i documenti relativi a quel terreno e poi, insieme ad altri tre uomini, lo aveva rapito e portato in un bosco, lasciandolo con un guardiano che però gli aveva consentito di fuggire.
1.1. All’esito dell’audizione personale del ricorrente, il tribunale ha rigettato il ricorso, ritenendo non credibili le sue dichiarazioni ed insussistenti i presupposti sia della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), sia del riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari.
1.2. Il ricorrente ha impugnato il predetto decreto con quattro motivi di ricorso per cassazione. Gli intimati non hanno svolto difese.
2. Il Ministero dell’Interno si è costituito con memoria del 03/09/2020 al fine di poter eventualmente partecipare alla discussione orale.
Diritto
CONSIDERATO
Che:
2.1. Con il primo motivo si deduce la “violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8”, avuto riguardo alla ritenuta mancanza di credibilità delle dichiarazioni del ricorrente.
2.2. Il secondo mezzo denuncia “violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 8, in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 7”, con riguardo al concetto di “persecuzione”.
2.3. Il terzo lamenta “violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, lett. g), in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14”, con riguardo alla situazione di insicurezza generalizzata che caratterizza la Nigeria.
2.4. Con il quarto ci si duole infine (testualmente) della “falsa applicazione dell’art. 5, comma 6, T.U.”, sull’assunto che “la zona di provenienza dell’odierno ricorrente sia altamente a rischio e caratterizzata da diffusa insicurezza” e che questi “e’ ormai da svariati anni in Italia, si è inserito nel tessuto sociale del nostro paese, si è adoperato per reperire un’occupazione”.
3. In via preliminare si rileva che la procura speciale in calce al ricorso reca l’autentica del difensore riferita solo alla sottoscrizione del conferente, non anche alla certificazione della data di rilascio.
3.1. Al riguardo le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato: i) che del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 13 – nella parte in cui prevede che “la procura alle liti per la proposizione del ricorso per cassazione deve essere conferita, a pena di inammissibilità del ricorso, in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato;
a tal fine il difensore certifica la data di rilascio in suo favore della procura medesima” – richiede, quale elemento di specialità rispetto alle ordinarie ipotesi di rilascio della procura speciale regolate dagli artt. 83 e 365 c.p.c., il requisito della posteriorità della data rispetto alla comunicazione del provvedimento impugnato, sanzionando con una speciale ipotesi di “inammissibilità del ricorso” la mancata certificazione della data di rilascio della procura in suo favore da parte del difensore; ii) che tale interpretazione della portata precettiva della norma risulta compatibile con il quadro del diritto dell’Unione Europea e con i principi di diritto costituzionale nonché della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo (Cass. Sez. U., 01/06/2021, n. 15177).
3.2. Ne consegue che il difensore è tenuto non solo ad indicare la data di rilascio della procura ma anche a certificarne espressamente la posteriorità rispetto alla comunicazione del provvedimento impugnato, eventualmente anche con la stessa sottoscrizione riferita all’autenticità della firma del ricorrente; in mancanza, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
4. Ne’ rileva, allo stato, la successiva rimessione alla Corte costituzionale della questione di legittimità costituzionale del citato art. 35-bis, comma 13, come interpretato dalle Sezioni unite, “per contrarietà agli artt. 3,10,24,111 Cost.; per contrasto con l’art. 117 Cost. in relazione alla direttiva 2013/32/UE, con riferimento agli artt. 28 e 46 p. 11, e con gli artt. 47 della Carta dei diritti UE, 18 e 19, p. 2 della medesima Carta, nonché 6, 7, 13 e 14 della CEDU” (Cass. civ., Sez. 3, ord. n. 17970 del 23/06/2021) questione che peraltro il Giudice delle Leggi risulta aver già deciso ritenendo “non fondate le questioni, considerata l’ampia discrezionalità del legislatore in materia processuale, con il solo limite della manifesta irragionevolezza o arbitrarietà delle scelte adottate” (come da comunicato ufficiale dell’Ufficio stampa della Corte costituzionale in data 2 dicembre 2021) – poiché il ricorso in esame appare comunque inammissibile anche nel suo contenuto, con totale equivalenza dell’epilogo decisorio.
5. Invero, i motivi di ricorso veicolano censure prettamente meritali e del tutto generiche, specie a fronte di una pertinente e puntuale motivazione dei giudici di merito su tutte le questioni in disamina, con particolare riguardo alla ritenuta non credibilità delle dichiarazioni – in ragione delle riscontrate genericità e contraddizioni intrinseche del racconto, oltre che del difetto di sua coerenza estrinseca con le informazioni disponibili sulla disciplina della proprietà e dell’uso della terra vigente in Nigeria – ed alla insussistenza dei presupposti tanto della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c) – alla luce di C.O.I. qualificate e aggiornate al 2018 – quanto del riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari, in difetto di profili di vulnerabilità personale del richiedente e della realizzazione di un compiuto percorso di integrazione in Italia, avendo altresì il tribunale dato atto espressamente che la sua condizione nel Paese d’origine “non risulta avere mai assunto, secondo la stessa descrizione dei fatti fornita dal ricorrente, caratteristiche tali da far ritenere che in caso di rientro in Patria egli potrebbe affrontare seri pericoli per la sua stessa sopravvivenza ovvero condizioni di vita inumane o degradanti”.
6. Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile senza statuizione sulle spese, in assenza di difese degli intimati.
7. Sussistono i presupposti processuali per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (cfr. Cass. Sez. U., 23535/2019 e 4315/2020).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 27 ottobre 2021.
Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2022