Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18379 del 09/07/2019

Cassazione civile sez. trib., 09/07/2019, (ud. 22/05/2019, dep. 09/07/2019), n.18379

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Presidente –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. BOTTA Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 17061/2015 R.G. proposto da:

Comune di Garbagnate Milanese, in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma via Cicerone 44, presso l’avv.

Giovanni Corbyons, rappresentato e difeso dall’avv. Mario Viviani

giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

C.F., M.M., Mi.Ma., in proprio e in

qualità di eredi di M.A., elettivamente domiciliati in

Roma, via Boezio 16, presso l’avv. Dario Imparato, che, unitamente

all’avv. Michele Milani, li rappresenta e difende giusta delega in

calce al controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Lombardia (Milano), Sez. 14, n. 7227/14/14 del 4 dicembre 2014,

depositata il 24 dicembre 2014, non notificata.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 22 maggio

2019 dal Consigliere Raffaele Botta.

Fatto

FATTO E DIRITTO

1. Ritenuto che la controversia concerne l’impugnazione di avvisi di accertamento ai fini ICI per le annualità 2005, 2006 e 2007 in relazione ad un’area di proprietà dei contribuenti qualificata come area edificabile a norma di Piano regolatore generale, in relazione alla quale i contribuenti avevano corrisposto un’imposta parametrata al valore di terreno agricolo. Il ricorso era respinto in primo grado, ma l’appello era accolto dalla CTR con la sentenza in epigrafe, la quale – pur riconoscendo l’edificabilità dell’area, in quanto inserita nel PRG – ha tuttavia ritenuto “invalido il valore venale determinato dal Comune”.

2. Ritenuto che i contribuenti resistono con controricorso al ricorso per cassazione proposto dall’ente locale e illustrato anche con memoria.

3. Preso atto che il P.G. non ha depositato conclusioni scritte.

4. Considerato che con il primo motivo ricorso, l’ente locale denuncia la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57 e dell’art. 112 c.p.c., deducendo che i contribuenti avrebbero in appello proposto una domanda nuova eccependo in particolare “l’arbitrarietà dell’amministrazione comunale nell’assegnazione del valore venale dell’area” in questione.

5. Considerato che il motivo è inammissibile in quanto difetta di autosufficienza, non essendo riportati nel ricorso elementi utili ad individuare la pretesa novità della censura sollevata in grado di appello dai contribuenti. D’altro canto è difficile pensare ad una novità di tale censura, potendo ben essere quella relativa alla concreta determinazione del valore dell’area una critica intrinseca alla contestazione della edificabilità dell’area stessa.

6. Considerato che in ogni caso sembra decisamente prevalente, ed assorbente, il secondo motivo di ricorso con il quale il Comune denuncia la violazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. b), come interpretato dal D.L. n. 203 del 2005, art. 11 quaterdecies, comma 16 e poi dal D.L. n. 223 del 2006, art. 36, comma 2, per aver il giudice d’appello affermato che “il prelievo fiscale di un terreno edificabile che non ha ancora ultimato tutta la procedura di approvazione per diventare effettivamente tale, non può essere paragonato ad un terreno edificabile che ha già ultimato tutto l’iter procedimentale di approvazione”, concludendone che “la mancanza del piano attuativo per l’edificazione dell’area in argomento ne rende invalido il valore venale determinato dal Comune”.

7. Considerato che il motivo è fondato. La sentenza impugnata, infatti, per come è argomentata si palesa in evidente contrasto con l’orientamento espresso costantemente da questa Corte fin dalla pronuncia a Sezioni unite n. 25506 del 2006 che così ebbe a statuire: “In tema di ICI, a seguito dell’entrata in vigore del D.L. 30 settembre 2005, n. 203, art. 11 quaterdecies, comma 16, convertito con modificazioni dalla L. 2 dicembre 2005, n. 248 e del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 36, comma 2, convertito con modificazioni dalla L. 4 agosto 2006, n. 248, che hanno fornito l’interpretazione autentica del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2, comma 1, lett. b), l’edificabilità di un’area, ai fini dell’applicabilità del criterio di determinazione della base imponibile fondato sul valore venale, dev’essere desunta dalla qualificazione ad essa attribuita nel piano regolatore generale adottato dal Comune, indipendentemente dalla approvazione dello stesso da parte della Regione e dall’adozione di strumenti urbanistici attuativi. L’inizio del procedimento di trasformazione urbanistica è infatti sufficiente a far lievitare il valore venale dell’immobile, le cui eventuali oscillazioni, in dipendenza dell’andamento del mercato, dello stato di attuazione delle procedure incidenti sullo ius aedificandi o di modifiche del piano regolatore che si traducano in una diversa classificazione del suolo, possono giustificare soltanto una variazione del prelievo nel periodo d’imposta, conformemente alla natura periodica del tributo in questione, senza che ciò comporti il diritto al rimborso per gli anni pregressi, a meno che il Comune non ritenga di riconoscerlo, ai sensi del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 59, comma 1, lett. f).

L’inapplicabilità del criterio fondato sul valore catastale dell’immobile impone peraltro di tener conto, nella determinazione della base imponibile, della maggiore o minore attualità delle sue potenzialità edificatorie, nonchè della possibile incidenza degli ulteriori oneri di urbanizzazione sul valore dello stesso in comune commercio” (nello stesso senso Cass. n. 16714 del 2007, Cass. n. 20137 del 2012 e Cass. n. 5161 del 2014). Tanto è stato ribadito più di recente da Cass. n. 4592 del 2018, la quale ha anche “evidenziato che il D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, prevedendo che un terreno sia considerato edificatorio quando la edificabilità risulti dagli strumenti urbanistici generali o attuativi, oppure quando, per lo stesso terreno, esistano possibilità effettive di costruzione, delinea una nozione, a fini fiscali, di area edificabile ampia ed ispirata alla mera potenzialità edificatoria”.

Orbene la sentenza impugnata, in aperta contraddizione con tale orientamento, mentre da un lato afferma, in apparente conformità all’insegnamento di questa Corte, che “un’area è da considerare comunque fabbricabile se è utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento generale indipendentemente dalla approvazione della regione o dall’approvazione di strumenti attuativi”, dall’altro attribuisce allo stesso tempo rilevanza alla mancata approvazione del “piano attuativo per l’edificazione dell’area” a tal punto decisiva da addirittura invalidare il valore venale determinato dal Comune (senza che il giudice si periti, come pur sarebbe suo precipuo compito, di indicare quale potesse essere il valore venale concreto attribuibile – perchè un valore venale deve pur sempre esservi – in modo da suggerire che detto valore sarebbe completamente inesistente negando così di fatto quell’edificabilità dell’area che è stato poco prima dichiarata sussistere).

8. Considerato che tutto ciò non può che essere frutto di una errata esegesi, o di un fraintendimento, della posizione assunta da questa Corte quando ha affermato che occorre far “conto, nella determinazione della base imponibile, della maggiore o minore attualità delle… potenzialità edificatorie” dell’area in esame. La Corte non si riferiva – come invece sembra aver inteso il giudicante nel caso di specie – alla mancata approvazione del “piano attuativo” o al tempo più o meno lungo necessario per tale approvazione, bensì all’esistenza di vincoli che condizionino in concreto la potenzialità edificatoria: in modo più esplicito Cass. n. 5161 del 2014 parla della necessità di “tener conto, nella determinazione della base imponibile, della maggiore o minore attualità delle sue potenzialità edificatorie e, pertanto, la presenza di vincoli o destinazioni urbanistiche che condizionino, in concreto, l’edificabilità del suolo, pur non sottraendo l’area su cui insistono al regime fiscale proprio dei suoli edificabili, incide sulla valutazione del relativo valore venale e, conseguentemente, sulla base imponibile”. Di vincoli del genere nella fattispecie non vi è traccia.

9. Ritenuto pertanto che il ricorso deve essere accolto, nei sensi di cui in motivazione, e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio della causa alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alle spese della presente fase del giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, nei sensi di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 22 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 luglio 2019

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