Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18379 del 06/08/2010

Cassazione civile sez. III, 06/08/2010, (ud. 09/07/2010, dep. 06/08/2010), n.18379

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MORELLI Mario Rosario – Presidente –

Dott. PETTI Giovanni Battista – Consigliere –

Dott. UCCELLA Fulvio – Consigliere –

Dott. URBAN Giancarlo – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

EURASS ASSICURAZIONI S.P.A. IN LIQUIDAZIONE COATTA AMMINISTRATIVA

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SAVASTANO 20,

presso lo studio dell’avvocato DE STEFANO MAURIZIO, rappresentato e

difeso dagli avvocati CELONA SALVATORE, FORINA VINCENZO giusta delega

a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

ASSESSORATO INDUSTRIA DELLA REGIONE SICILIANA (OMISSIS) in

persona dell’Assessore in carica pro tempore, REGIONE SICILIA

(OMISSIS) in persona del Presidente in carica pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, da cui sono difesi per legge.

D’EASS S.P.A. IN LIQUIDAZIONE COATTA AMMINISTRATIVA (OMISSIS) in

persona del Commissario Liquidatore Dott. A.D.V.

G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONTE ASOLONE 8,

presso lo studio dell’avvocato GALELLA PIERLUIGI, che lo rappresenta

e difende unitamente all’avvocato FORTUNATO CIRO giusta delega a

margine del controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 245/2005 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

SEZIONE PRIMA CIVILE, emessa il 2/2/2005, depositata il 07/03/2005,

R.G.N. 670/2002;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/07/2010 dal Consigliere Dott. ADELAIDE AMENDOLA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino che ha concluso per il rigetto.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza depositata il 19 gennaio 2002 il Tribunale di Palermo, pronunciando in sede di riassunzione dopo l’affermazione della giurisdizione del giudice ordinario, da parte di questa Corte, rigettava la domanda con la quale EURASS Assicurazioni s.p.a., in liquidazione coatta amministrativa, aveva chiesto la condanna della Presidenza della Regione Siciliana e dell’Assessorato Regionale all’Industria al risarcimento del danno, pari a circa L. 14 miliardi, per averla autorizzata, pur non avendone il potere, all’esercizio dell’assicurazione per la responsabilita’ civile automobilistica, e per averla inutilmente indotta a creare un’organizzazione imprenditoriale di notevoli dimensioni. Con la medesima decisione il Tribunale disponeva l’estromissione dal giudizio di D’EASS s.p.a., in quanto, tra l’altro, evocata solo in fase di riassunzione.

Il gravame proposto avverso tale pronuncia da EURASS Assicurazioni s.p.a. in liquidazione coatta amministrativa e’ stato rigettato dalla Corte territoriale in data 7 marzo 2005.

Propone ricorso per cassazione EURASS affidato a due motivi.

Resistono con due distinti controricorsi la Regione Siciliana insieme all’Assessorato all’Industria, e D’EASS Assicurazioni s.p.a. in liquidazione coatta amministrativa. Quest’ultima ha altresi’ depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1 Si premette che l’impugnante, dopo avere enunciato di proporre ricorso per cassazione: a) per difetto assoluto di motivazione e falsa applicazione dell’art. 2043 cod. civ., con riferimento alle argomentazioni svolte per motivare la scelta decisoria adottata sulla allegata responsabilita’ extracontrattuale della Regione Siciliana;

b) per violazione degli artt. 101 e 102 cod. proc. civ. relativamente alla estromissione di D’EASS in liquidazione coatta amministrativa dal giudizio, non ha formulato specifici e distinti motivi di ricorso, ma ha cumulativamente esplicitato varie argomentazioni critiche al provvedimento impugnato.

In particolare la ricorrente ha nuovamente ribadito che i fatti che hanno originato la presente controversia integrano un’ipotesi di responsabilita’ extracontrattuale, pacifico essendo che l’Amministrazione regionale ebbe a suo tempo ad autorizzare l’attivita’ assicurativa di EURASS, pur non avendone il potere.

Evidenzia che la controparte aveva in sostanza riconosciuto le anomalie della propria condotta, arrivando a suggerire, per limitare i danni, di far confluire il portafoglio clienti della societa’ attrice in quello di altra societa’, D’EASS, autorizzata a operare in campo assicurativo nel territorio nazionale.

2 Ritiene il collegio che i motivi di ricorso, cosi’ formulati, siano inammissibili sotto plurimi profili.

Anzitutto essi, all’evidenza, non rispettano il paradigma normativo di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4.

Non par dubbio infatti che i motivi per i quali si chiede la cassazione della sentenza, con l’indicazione delle norme di diritto su cui si fondano, secondo la locuzione usata nella norma innanzi richiamata, nel testo antecedente alle modifiche introdotte, in parte qua, dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, devono, comunque, avere il carattere di specificita’, completezza e riferibilita’ alla decisione impugnata, con esatta individuazione, anzitutto, del capo della pronunzia oggetto di ricorso.

In particolare, in conformita’ a una giurisprudenza piu’ che consolidata di questa Corte regolatrice, la denuncia di ciascuna violazione o falsa applicazione di norme o principi di diritto deve essere accompagnata dalla esatta enucleazione della disposizione pretesamente inosservata, nonche’ dalla esposizione delle argomentazioni che la sorreggono, non reputandosi al riguardo sufficiente una censura meramente assertiva, non seguita da alcuna dimostrazione. Ne deriva che, quando nel ricorso per cassazione venga denunciata genericamente e astrattamente violazione e falsa applicazione della legge, senza il richiamo a specifiche disposizioni normative, ne’ vengano indicate con precisione le affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata che si assumono in contrasto con le disposizioni indicate – o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimita’ o dalla prevalente dottrina – il motivo inammissibile, poiche’ non consente alla Corte di cassazione di adempiere il proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione, al fine di assicurare l’esatta osservanza e l’uni forme interpretazione della legge, nonche’ l’unita’ del diritto oggettivo nazionale (R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, art. 65; confr. Cass. 20 gennaio 2006, n. 1108;

Cass., 29 novembre 2005, n. 26048).

E parimente le critiche formulate all’apparato argomentativo devono illustrare le allegate carenze motivazionali, tenendo conto che il vizio di mancanza o insufficienza della motivazione sussiste solo quando nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile un vuoto argomentativo o una obiettiva deficienza del criterio logico che lo ha condotto alla formazione del proprio convincimento, mentre il vizio di contraddittorieta’ della motivazione presuppone che le ragioni poste a fondamento della decisione risultino sostanzialmente contrastanti in guisa da elidersi a vicenda e da non consentire l’individuazione della ratio decidendi, e cioe’ l’identificazione del procedimento logico giuridico posto a base della decisione adottata. (confr. Cass. civ., 5, 3 agosto 2007, n. 17125).

3 Pacifico quanto precede, la tecnica espositiva del ricorso non consente la sicura enucleazione delle ragioni addotte a sostegno di ciascun motivo, essendo esse, come detto innanzi, cumulativamente e confusamente esposte, con chiara violazione del disposto dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4.

4 Sotto altro, concorrente profilo, va poi osservato che le critiche si risolvono nella sollecitazione a una nuova valutazione, in chiave di illiceita’, dei fatti di causa gia’ scrutinati dal giudice di merito, tendono cioe’ a introdurre una revisione del convincimento della Corte d’appello, preclusa in sede di legittimita’.

Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.

Segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese di giudizio.

P.Q.M.

LA CORTE dichiara l’inammissibilita’ del ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, liquidate per ciascuna parte in Euro 6.200,00 (di cui Euro 200,00 per spese), IVA e CPA, come per legge.

Così deciso in Roma, il 9 luglio 2010.

Depositato in Cancelleria il 6 agosto 2010

 

 

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