Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18377 del 07/09/2011

Cassazione civile sez. I, 07/09/2011, (ud. 02/03/2011, dep. 07/09/2011), n.18377

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – rel. Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura

generale dello Stato, che lo rappresenta e difende per legge;

– ricorrente –

contro

P.B., P.P., P.V., P.

R. e PE.BE., in proprio e quali eredi di V.

G.;

– intimati –

sul ricorso proposto da

P.B., P.P., P.V., P.

R. e PE.BE., in proprio e quali eredi di V.

G., elettivamente domiciliati in Roma, via Laura Mantegazza 24

presso il cav. Luigi Gardin, rappresentati e difesi dall’avv. Paolo

Perrero, del Foro di Venezia, per procura in atti;

– ricorrenti incidentali –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso il decreto della Corte di appello di Trento in data 27

febbraio 2008, nel procedimento n. 543/2007 R.G. C.C.;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio in

data 2 marzo 2011 dal relatore, Cons. Dott. Stefano Schirò;

alla presenza del Pubblico Ministero, in persona del sostituto

procuratore generale, Dott. PRATIS Pierfelice, che nulla ha

osservato.

La Corte:

Fatto

FATTO E DIRITTO

A) rilevato che è stata depositata in cancelleria, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., la seguente relazione comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai difensori delle parti:

“il Consigliere relatore, letti gli atti depositati;

ritenuto che:

1. il Ministero della Giustizia ha proposto nei confronti di Pe.Be., P.P., P.V., P.R. e P.B., tutti in proprio e nella qualità di eredi di V.G., ricorso per cassazione, sulla base di quattro motivi, avverso il decreto della Corte di appello di Trento in data 27 febbraio 2008 in materia di equa riparazione della L. n. 89 del 2001, ex art. 2;

1.1. gli intimati hanno resistito con controricorso, proponendo anche ricorso incidentale condizionato con un motivo;

Osserva:

2. quanto al ricorso principale, il primo motivo, con il quale il ricorrente si duole che sia stata respinta l’eccezione di prescrizione quinquennale avendo la Corte d’appello ritenuto applicabile la prescrizione decennale, appare manifestamente infondato, in quanto in tema di equa riparazione per violazione del termine di ragionevole durata del processo, la L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 4, nella parte in cui prevede la facoltà di agire per l’indennizzo in pendenza del processo presupposto, non consente di far decorrere il relativo termine di prescrizione prima della scadenza del termine decadenziale previsto dal medesimo art. 4 per la proposizione della domanda, in tal senso deponendo, oltre all’incompatibilità tra la prescrizione e la decadenza, se riferite al medesimo atto da compiere, la difficoltà pratica di accertare la data di maturazione del diritto, avuto riguardo alla variabilità della ragionevole durata del processo in rapporto ai criteri previsti per la sua determinazione, nonchè il frazionamento della pretesa indennitaria e la proliferazione di iniziative processuali che l’operatività della prescrizione in corso di causa imporrebbe alla parte, in caso di ritardo ultradecennale nella definizione del processo (Cass. 2009/27719);

– il secondo e il terzo motivo, con i quali si deducono vizi di motivazione sul termine ragionevole di durata stabilito dal giudice di merito e sull’omessa valutazione della circostanza che il ritardo nella definizione della procedura fallimentare presupposta era dipeso dalla notevole durata di in un giudizio tributario connesso definito con istanza di condono, che ha comportato un netto ridimensionamento dei crediti erariali e quindi in un vantaggio anche per i soci coinvolti nel fallimento, appaiono inammissibili, in quanto il ricorrente non ha illustrato i motivi di censura con la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione, attraverso un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità e da evitare che all’individuazione di detto fatto controverso possa pervenirsi solo attraverso la completa lettura della complessiva illustrazione del motivo e all’esito di un’attività di interpretazione svolta dal lettore (Cass. S.U. 2007/20603; Cass. 2007/16002; 2008/8897);

– il quarto motivo, con cui si deduce che al contenzioso tributario non è applicabile la disciplina dell’equa riparazione, appare manifestamente infondato, in quanto nella specie è stata dedotta la violazione del termine ragionevole di durata della procedura fallimentare;

– in conseguenza del complessivo rigetto del ricorso principale, resta assorbito il ricorso incidentale condizionato;

3. alla stregua delle considerazioni che precedono e qualora il collegio condivida i rilevi formulati, si ritiene che il ricorso possa essere trattato in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c.”;

B) osservato che il ricorso principale e quello incidentale vanno riuniti in quanto riguardano l’impugnazione del medesimo decreto e che il Ministero della Giustizia ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.; che, a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella Camera di consiglio, il collegio ha condiviso le considerazioni esposte nella relazione in atti, non inficiate dalle argomentazioni difensive svolte nella memoria del ricorrente principale, che non forniscono elementi di giudizio che non siano stati già valutati nella relazione in atti o che comunque inducano a differenti conclusioni; ritenuto, in particolare, che non può essere condivisa la tesi del Ministero, secondo cui, essendosi formato il giudicato interno sull’applicazione, nel caso di specie, del termine di prescrizione al credito da quo indennizzo ex lege n. 89 del 2001, resterebbe da stabilire se si applichi la prescrizione decennale, come ritenuto dal giudice del merito, o la prescrizione quinquennale, come invece sostenuto dal Ministero medesimo; considerato, a tale riguardo, che l’applicabilità del termine di prescrizione decennale, ravvisata nel caso di specie dalla Corte di appello di Trento, non impedisce di rilevare l’infondatezza, alla stregua del principio enunciato, con riferimento al primo motivo del ricorso principale, al punto 2, della relazione che precede, della pretesa del Ministero della giustizia di applicare il termine di prescrizione quinquennale, non essendosi su tale questione di diritto formato alcun giudicato;

ritenuto che, in base alle considerazioni che precedono, il ricorso principale deve essere rigettato, con conseguente assorbimento del ricorso incidentale condizionato, e che le spese processuali, da liquidarsi come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi. Rigetta il ricorso principale, assorbito quello incidentale. Condanna il Ministero della giustizia al pagamento in favore dei ricorrenti delle spese del giudizio di cassazione, che si liquidano in Euro 2.100,00, di cui Euro 2.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 2 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 7 settembre 2011

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