Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18377 del 06/08/2010

Cassazione civile sez. III, 06/08/2010, (ud. 09/07/2010, dep. 06/08/2010), n.18377

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MORELLI Mario Rosario – Presidente –

Dott. PETTI Giovanni Battista – Consigliere –

Dott. UCCELLA Fulvio – Consigliere –

Dott. URBAN Giancarlo – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA VITTORIA COLONNA 32, presso lo studio dell’avvocato GAVA

GABRIELE, che lo rappresenta e difende giusta delega in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

GESTIONE LIQUIDATORIA EX USL/(OMISSIS) NAPOLI in persona del

Commissario

Liquidatore pro tempore Prof. Dott. T.M. Direttore Generale

dell’ASL NAPOLI (OMISSIS), considerata domiciliata “ex lege” in

ROMA,

presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato MAZZEO LORENZO, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 387/2005 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

SEZIONE TERZA CIVILE, emessa il 3/2/2005, depositata il 11/02/2005,

R.G.N. 5289/2002;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/07/2010 dal Consigliere Dott. ADELAIDE AMENDOLA;

udito l’Avvocato MARIO BRANCADORO per delega dell’Avvocato GABRIELE

GAVA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino che ha concluso per il rigetto.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione notificata il 4 e il 5 maggio 1994 C. G., a mezzo della procuratrice speciale Credifarma s.p.a., premesso di essere titolare di farmacia convenzionata con la USL (OMISSIS); di avere erogato medicinali agli assistiti del servizio sanitario nazionale, in esecuzione della convenzione approvata con D.P.R. 19 febbraio 1989 e di essere stato ingiustificatamente pagato in ritardo, conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Napoli la USL (OMISSIS) e la Usl (OMISSIS) (tenuta in solido con la prima all’adempimento delle obbligazioni pecuniarie, in virtu’ della L.R. n. 3 del 1992), chiedendone la condanna al pagamento in suo favore della somma di L. 113.358.407, di cui L. 43.195.013 a titolo di interessi legali, e L. 70.163.394, a titolo di risarcimento del maggior danno, oltre interessi anche anatocistici dalla domanda.

Resisteva la sola USL (OMISSIS) che contestava la domanda, chiedendone il rigetto.

Con sentenza del 29 ottobre 2001 il giudice adito condannava la USL (OMISSIS) al pagamento degli interessi moratori sugli importi riportati nelle distinte riepilogative indicate in citazione, riconoscendo altresi’ gli interessi legali e gli interessi anatocistici dalla domanda.

Proposto appello principale dalla Gestione Liquidatoria della ex Usl (OMISSIS) e incidentale dal C., la Corte d’appello di Napoli, con sentenza depositata l’11 febbraio 2005, in riforma della decisione impugnata, rigettava la domanda di C.G., compensando integralmente tra le parti le spese del doppio grado.

Avverso detta pronuncia propone ricorso per cassazione, illustrato anche da memoria, C.G. articolando quattro motivi.

Resiste con controricorso la Gestione Liquidatoria della ex USL (OMISSIS).

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1 Col primo motivo l’impugnante denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1182, 1183, 1218, 1219, 1224 cod. civ., L.R. Campania n. 63 del 1980, artt. 37, 38 e 39 nonche’ insufficienza della motivazione, in relazione ai principi che governano i pagamenti della Pubblica Amministrazione.

La censura ha ad oggetto l’affermazione della Curia territoriale secondo cui, effettuandosi il pagamento dei debiti dello Stato e degli enti pubblici non economici presso l’ufficio di tesoreria competente alla specifica spesa, deve ritenersi inapplicabile il regime della mora ex re. Sostiene invece il ricorrente che le disposizioni della L.R. Campania n. 63 del 1980, degli artt. 38 e 39 correttamente interpretate, non escluderebbero affatto lo spostamento del forum destinatae solutionis nel domicilio del creditore, atteso che tali norme prevedono l’indicazione, sui mandati di pagamento, degli estremi dei conti correnti o bancari nei casi consentiti dalla legge, nonche’ del luogo dove devono eseguirsi i pagamenti. E allora, considerato che l’emissione del mandato di pagamento non ha efficacia liberatoria e che l’estinzione della obbligazione avviene solo con l’accreditamento delle somme sul conto corrente bancario, il locus solutionis non sarebbe piu’ l’ufficio di tesoreria, ma quello indicato dal creditore medesimo.

1.2 Le critiche sono destituite di fondamento.

A ben vedere, il nucleo intorno al quale esse ruotano e’ l’inapplicabilita’ alle USL, quanto alle obbligazioni di pagamento assunte con i terzi, delle norme sulla contabilita’ di Stato, e l’applicabilita’, invece, di quelle di diritto comune, con conseguente natura portable, piuttosto che querable, dei relativi crediti e sussistenza della mora ex re.

Il collegio ritiene invece corretta e condivisibile l’affermazione del giudice di merito secondo cui, anche quando la riscossione dei crediti vantati verso le USL avviene mediante accreditamento su conto corrente, ovvero mandato di pagamento commutato in vaglia cambiario o assegno circolare, per accordi intercorsi tra l’ufficio pagatore e il creditore, luogo di adempimento della obbligazione in questione resta pur sempre la sede dell’ufficio di tesoreria della Usi (Cass. civ., 20 dicembre 1999, n. 14311), di talche’, in caso di inadempimento, gli interessi decorreranno dal primo atto di messa in mora.

Valga in proposito considerare che i principi del codice civile sono richiamati nel D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, art. 3, comma 1 bis, e art. 5, comma 5, nel testo risultante dalle interpolazioni e dalle modifiche rispettivamente apportate dal D.Lgs. n. 229 del 1999 e D.Lgs. n. 254 del 2000, come criteri informatori dell’atto aziendale di diritto privato col quale le unita’ sanitarie locali sono state chiamate ad autoregolamentare la propria organizzazione e il proprio funzionamento (art. 3, comma 1 bis), nonche’ delle norme con le quali le regioni andranno a disciplinare la gestione economico finanziaria e patrimoniale dei predetti enti e delle aziende ospedaliere (art. 5, comma 5), ferma la perdurante natura di persone giuridiche pubbliche delle stesse (art. 3, comma 1 bis innanzi cit.).

In sostanza, in un contesto che continua a essere presidiato, oltre che dalla personalita’ pubblica degli enti in questione (D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, art. 3, comma 1 bis), altresi’ dal principio per cui le USL affidano il proprio servizio di tesoreria ad una delle aziende di credito di cui al R.D.L. 12 marzo 1936, n. 375, art. 5 e successive modificazioni e integrazioni (L. 30 marzo 1981, n. 119, art. 35), non si vede come possa ragionevolmente negarsi l’attualita’ della vigenza delle norme in base alle quali il pagamento dei debiti delle USL deve essere effettuato tramite mandati tratti sulle tesorerie, con conseguente natura querable delle relative obbligazioni e necessita’ della intimazione scritta perche’ maturino gli interessi di mora. Nessuna norma autorizza per vero ad affermare la natura portable del credito e la conseguente applicazione del principio dies interpellat pro homine, sancito dall’art. 1219 c.c., comma 2, n. 3.

Questa Corte ha del resto gia’ avuto modo di precisare che l’evoluzione normativa successiva alla legislazione degli anni ‘80 non ha modificato la natura delle obbligazioni delle USL, in quanto queste, “dapprima escluse dal sistema di tesoreria unica per enti ed organismi pubblici (D.L. 24 maggio 1984, n. 153, art. 2, comma 2)”, vi sono poi state inserite, in virtu’ del disposto del D.L. 25 novembre 1989, n. 382, art. 5, comma 1 conv. nella L. 25 gennaio 1990, n. 8. In tale prospettiva e’ stato segnatamente precisato che siffatta innovazione, determinando “l’insorgere a carico delle aziende di credito, cui ciascuna unita’ ha affidato il proprio servizio di tesoreria, dell’obbligo di effettuare le operazioni di incasso e di pagamento a valere sulle contabilita’ speciali aperte presso le sezioni di tesoreria provinciale dello Stato”, ha inciso “sui rapporti tra le tesorerie delle singole unita’ e la tesoreria provinciale dello Stato, ma non anche sulla regola generale per la quale il pagamento deve avvenire per il tramite del tesoriere delegato dall’ente debitore” (Cass. civ. 12 aprile 2007, n. 8823).

2.1 Col secondo mezzo il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 1219, 1324 e 1362 cod. civ., dell’accordo nazionale per la disciplina dei rapporti con le farmacie, approvato con D.P.R. 21 febbraio 1989, nonche’ vizi motivazionali, perche’ il giudice di merito, pur dopo aver riconosciuto che l’atto di costituzione in mora non richiede l’uso di formule sacramentali, aveva ritenuto privi del carattere di intimazione gli atti prodotti dall’attore, in ragione della frase: gli interessi da ritardato pagamento inizieranno a decorrere dalla data di scadenza del termine della distinta in essi contenuta, in quanto relativa a un evento futuro. Non aveva il giudice di merito considerato che gli atti in discorso, oltre a recare nella intestazione la specifica dicitura “atto di costituzione in mora”, risultavano datati e spediti in epoca successiva a quella della scadenza dell’obbligo della USL di pagare la distinta contabile mensile.

2.2 Anche tali critiche non hanno pregio.

E’ ben vero che l’atto di costituzione in mora di cui all’art. 1219 cod. civ. non e’ soggetto a rigore di forme, all’infuori della scrittura, e quindi non richiede l’uso di formule solenni ne’ l’osservanza di particolari adempimenti, essendo necessario e sufficiente che il creditore manifesti chiaramente, con un qualsiasi scritto diretto al debitore e portato comunque a sua conoscenza, la volonta’ di ottenere il soddisfacimento del proprio diritto.

Sta tuttavia di fatto che la Curia territoriale ha escluso l’idoneita’ a costituire in mora il debitore, ex art. 1219 cod. civ., non solo delle distinte riepilogative, per essere il loro invio funzionale alla sola procedura di riscossione, ma altresi’ delle comunicazioni con le quali Credifarma ricordava alla controparte che dalla data di scadenza del termine della distinta sarebbero decorsi gli interessi da ritardato pagamento. Ha segnatamente rilevato, in proposito, che esse facevano riferimento a un evento futuro, di talche’ nessuna rilevanza poteva avere, in tale prospettiva, la circostanza che, in concreto, le predette note erano poi state inoltrate a obbligazione di pagamento ormai scaduta.

Cio’ vuoi dire che la natura giuridica degli atti di cui si discute e’ stata oggetto di una specifica valutazione da parte del giudice di merito, che ha altresi’ adeguatamente motivato, con argomentazioni logicamente corrette, il suo convincimento in ordine al carattere meramente interlocutorio del loro contenuto.

Ne deriva che il relativo accertamento, in quanto indagine di fatto, e’ incensurabile in sede di legittimita’ (confr. Cass. civ., 4 maggio 2006, n. 10270; Cass. civ., 5 febbraio 2007, n. 2481).

3.1 Col terzo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L.R. Campania n. 63 del 1980, artt. 37, 38 e 39 nonche’ degli artt. 1282 e 1224 cod. civ., per non avere il giudice di merito accolto la domanda subordinata di pagamento degli interessi legali ai sensi dell’art. 1282 cod. civ. L’assunto secondo cui gli interessi corrispettivi decorrerebbero dal momento della emissione dei mandati di pagamento, R.D. n. 827 del 1924, ex at. 270 sarebbe sbagliato a sol considerare che la Corte costituzionale, nelle sentenze n. 71 del 1981 e n. 75 del 1987, aveva affermato la natura regolamentare di tale disposizione la quale, in quanto contrastante con il disposto della norma codicistica innanzi menzionata, andava disapplicata dal giudice ordinario. Del resto la giurisprudenza ordinaria e amministrativa si sarebbe uniformata a tale indirizzo (confr. Cass. sez. un. 8 giugno 1985, n. 3451; Cons. di Stato Ad.

Plen. 1 marzo 1984, n. 4; Cass. civ. 20 maggio 1994 n. 4952 ecc. pag.

20 ricorso), segnatamente statuendo, con riguardo alle somme che le unita’ sanitarie locali devono rimborsare ai farmacisti per l’assistenza farmaceutica nell’ambito del servizio Sanitario Nazionale, che, poiche’ l’art. 10 dell’accordo nazionale Usl Farmacisti approvato con D.P.R. 15 settembre 1979 prevede che “l’ente erogatore, entro il giorno 25 di ciascun mese, provvede all’effettivo pagamento alla farmacia dell’importo a saldo delle ricette spedite nel mese precedente”, il credito e’ liquido ed esigibile alla scadenza di tale termine dal quale decorrono, ai sensi dell’art. 1282 cod. civ., gli interessi corrispettivi (confr. Cass. civ. 22 ottobre 1999, n. 11871). Ne’ all’accoglimento della domanda osterebbe la mancata qualificazione degli interessi, dovendo la generica richiesta di questi essere intesa come volta al conseguimento degli interessi corrispettivi (Cass. n. 3110 del 1990).

3.2 Anche tali critiche sono prive di pregio.

Esse, a ben vedere, si fondano esclusivamente sul principio affermato da questa Corte nella sentenza n. 11871 del 1999, senza considerare che tale pronuncia e’ rimasta isolata a fronte di un consolidato orientamento di legittimita’, precedente e successivo, (cfr. Cass. civ. sez. un. n. 1330 del 1978, n. 2065 del 1980, n. 3451 del 1985, nonche’ Cass. civ. n. 690 del 1987, n. 2071 del 2000 e n. 13859 del 2002), integralmente condiviso dal Collegio, in base al quale i debiti dello Stato, e in genere degli enti pubblici, diventano liquidi ad esigibili, e percio’ produttivi di interessi corrispettivi, soltanto quando la relativa spesa sia stata ordinata con l’emissione del mandato di pagamento ai sensi del R.D. n. 827 del 1924, art. 270 (confr. Cass. civ., 4 settembre 2004, n. 17909, proprio con riguardo alle somme che le U.S.L. devono rimborsare ai farmacisti per la somministrazione di specialita’ medicinali).

4.1 Col quarto mezzo l’impugnante lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e dell’art. 1224 cod. civ., nonche’ insufficienza della motivazione per avere la Corte territoriale rigettato la domanda di risarcimento del maggior danno, in quanto priva di riscontri probatori, senza considerare che era stata allegata agli atti di causa la documentazione dimostrativa degli importi corrisposti a Credifarma s.p.a. per il finanziamento delle distinte contabili rappresentative del credito vantato nei confronti della USL. 4.2 Anche tali critiche sono destituite di ogni fondamento.

Il giudice di merito ha rigettato la domanda di risarcimento del maggior danno riproposta dal C. con l’appello incidentale rilevando che non solo mancava l’atto di costituzione in mora, indispensabile a questi fini, ma che l’assunto dell’attore di aver dovuto fare ricorso al mercato creditizio con regolarita’ e metodicita’ era rimasto privo di riscontro.

A fronte di tale percorso motivazionale, basato su due distinte ed autonome rationes decidendi, ognuna delle quali sufficiente, da sola, a giustificare sul piano logico e giuridico la scelta operata in dispositivo, il ricorrente ha contestato soltanto la ritenuta mancanza di prova del maggior danno. Vale allora il principio per cui l’omessa impugnazione di tutte e di ciascuna delle ragioni giustificative della decisione rende inammissibili le censure relative a quelle esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime, quand’anche fondate, non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitivita’ delle altre non impugnate e la formazione del giudicato interno sulla relativa questione, all’annullamento della decisione stessa (confr. Cass. civ., 11 gennaio 2007, n. 389; Cass. civ. 11 marzo 1988, n. 2399;

Cass. civ. 10 gennaio 1995, n. 237).

In definitiva il ricorso deve essere rigettato. Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, liquidate in complessivi Euro 5.700,00 (di cui Euro 200,00 per spese), oltre IVA e CPA, come per legge.

Così deciso in Roma, il 9 luglio 2010.

Depositato in Cancelleria il 6 agosto 2010

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