Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18373 del 31/07/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 18373 Anno 2013
Presidente: LA TERZA MAURA
Relatore: BLASUTTO DANIELA

ORDINANZA
sul ricorso 27570-2011 proposto da:
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE 80078750587 in persona del Presidente e legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA CENTRALE
DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati CORETTI
ANTONIETTA, TRIOLO VINCENZO, DE ROSE EMANUELE,
STUMPO VINCENZO, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente contro
COPPOLA ARMANDO;
– intimato avverso la sentenza n. 5590/2010 della CORTE D’APPELLO di
BARI del 2.11.2010, depositata•

11/2010;

Data pubblicazione: 31/07/2013

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
14/06/2013 dal Consigliere Relatore Dott. DANIELA BLASUTTO;
udito per il ricorrente l’Avvocato Emanuele De Rose che si riporta ai
motivi del ricorso.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. GIULIO

FATTO E DIRITTO
Con ricorso al Tribunale di Lucera, Coppola Armando,
operaio agricolo a tempo determinato, aveva convenuto in giudizio
l’Inps, chiedendo venisse accertato il suo diritto alla differenza
dell’indennità di disoccupazione per l’anno 2002; il ricorrente premesso che il trattamento di disoccupazione gli era stato
corrisposto dall’Istituto sulla base del salario medio convenzionale
congelato all’anno 1995 – sosteneva che il medesimo trattamento
doveva essere invece calcolato, ai sensi del D. Lgs. n. 146 del 1997,
art. 4, sui minimi retributivi previsti dalla contrattazione collettiva
provinciale, ivi compreso l’elemento denominato t.f.r., con
conseguente diritto alle differenze tra quanto spettante e quanto
percepito.
La domanda è stata respinta dal giudice di primo grado, la cui
decisione è stata riformata dalla Corte d’appello di Bari, con
sentenza depositata il 23 novembre 2010.
Avverso detta sentenza l’Inps propone ricorso per cassazione
notificato il novembre 2011 – con tre motivi.
La parte intimata non si è costituita in questa sede.
Il Collegio ha condiviso e fatto proprie le considerazioni
svolte nella relazione e ha ritenuto la sussistenza dei presupposti per la
definizione del giudizio in camera di consiglio.

Ric. 2011 n. 27570 sez. ML – ud. 14-06-2013
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ROMANO che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

Col primo motivo, l’Istituto denuncia la violazione
dell’art. 47 D.P.R. 30 aprile 1970 n. 639 e successive
modificazioni.
Col secondo e col terzo motivo l’Istituto ricorrente,
lamentando la violazione dell’art. 18, comma 18° del D.L. n.

artt. 46, 51 e 55 del CCNL per gli operai agricoli e florovivaisti del
2002 in relazione all’art. 6, comma 4°, lettera a) del d.lgs. n. 314/97
nonché in relazione agli artt. 1362 e ss., 2120 cod. civ. ed all’ artt. 4
commi 10° e 11 0 legge 297/82, censura, in via logicamente
subordinata, la sentenza unicamente per avere incluso nella
retribuzione da prendere a base per la liquidazione dell’indennità di
disoccupazione anche la voce denominata “quota di TFR”, la quale
invece non dovrebbe esserlo, per avere essa — contrariamente a
quanto affermato la Corte territoriale — effettiva natura di
retribuzione differita.
Il ricorso è manifestamente infondato nel primo motivo
e manifestamente fondato nel secondo e nel terzo, qui trattati
unitariamente.
Le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 12720 del
29 maggio 2009, componendo un contrasto di giurisprudenza
insorto nell’ambito della sezione lavoro, avevano affermato che ‘1..a
decadenza di cui al D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, art. 47- come interpretato
dal D.L 29 marzo 1991, n. 103, art. 6, convertito, con modificazioni, nella
L 1 giugno 1991, n. 166 – non può trovare applicazione in tuffi quei casi in
cui la domanda giudiziale sia rivolta ad ottenere non già il riconoscimento del
diritto alla prestazione previdenziale in sé considerata, ma solo l’adeguamento di
detta prestazione già riconosciuta in un importo inferiore a quello dovuto, come
avviene nei casi in cui l’Istituto previdenziale sia incorso in errori di calcolo o in
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98/2011, convertito in L. n. 111/2011 e, in via subordinata, degli

errate interpretazioni della normativa legale o ne abbia disconosciuto una
componente, nei quali casi la pretesa non soggiace ad altro limite che non sia
quello della ordinaria prescrizione decennale”.
Successivamente, l’art. 38, primo comma, lett. d) del D.L. 6
luglio 2011 n. 98, convertito in legge n. 111 del medesimo anno, ha

decadenze previste dai commi che precedono si applicano anche alle azioni
giudiziarie aventi ad oggetto l’adempimento di prestazioni riconosciute solo in
parte o il pagamento di accessori del credito. In tal caso il termine di decadenza
decorre dal riconoscimento parziale della prestazione ovvero dal pagamento della
sorte”, precisando al quarto comma che “Le disposizioni di cui al comma
1, lett. c) e d) si applicano anche ai giudizi pendenti in primo grado alla data di
entrata in vigore de/presente decreto”.
Sulla questione questa Corte è da ultimo intervenuta con
la sentenza n. 6959 dell’8 maggio 2012, che ha affermato il
seguente principio di diritto:
“In tema di decadenza delle azioni giudiziarie volte ad ottenere
la riliquidazione di una prestazione parzialmente riconosciuta, la
novella dell’art. 38 lett. d) del d.l. 6 luglio 2011, n. 98, conv. in 1. 111
del 2011 – che prevede l’applicazione del termine decadenziale di cui
all’art. 47 del d.P.R. 30 aprile 1970 n. 639, anche alle azioni aventi ad
oggetto l’adempimento di prestazioni riconosciute solo in parte o il
pagamento di accessori del credito -, detta una disciplina innovativa
con efficacia retroattiva limitata ai giudizi pendenti in primo grado
alla data di entrata in vigore delle nuove disposizioni, con la
conseguenza che, ove la nuova disciplina non trovi applicazione,
come nel caso di giudizi pendenti in appello, o in cassazione alla data
predetta, vale il generale principio dell’inapplicabilità del termine
decadenziale” (successive conformi, Cass. sent. nn. 6960, 6962, 6963,
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aggiunto al citato art. 47 un ultimo comma, del seguente tenore: `Le

7068, 7069, 7070 7073, 7075, 7076, 7078, 7079, 7080, 7088, 7127,
7128, 7129, 7130, 7132, 7133, 7236, 7240, 7244, 7244, 7245, 7246,
7247, 7248, 7476, 7478, 7479, 7480, 7482 del 2012 ed altre ancora).
Con tale sentenza, questa Corte ha osservato quanto segue:”
non può non rilevarsi che la nuova disciplina, esprimendo il

efficacia retroattiva, la regola preesistente, quale consolidatasi per
effetto delle recente pronuncia delle sezioni unite del 2009, conferma
indirettamente la corrispondenza di quest’ultima all’originario
contenuto dell’art. 47, nel testo vigente fino alla novella del 2011.
L’autorità del precedente arresto interpretativo delle sezioni unite
della Corte e l’indiretta conferma della sua correttezza proveniente
dallo stesso legislatore convincono in definitiva il collegio della
inapplicabilità del D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, art. 47 prima delle
integrazioni apportate del D.L. n. 98 del 2011, art. 38 al caso di
richiesta di riliquidazione di prestazioni previdenziali solo
parzialmente riconosciute e liquidate dall’ente previdenziale.
Pertanto, la modifica di cui al d.l. n. 38 del 2011, da ultimo
introdotta, prevede l’applicabilità della nuova norma anche ai giudizi
pendenti in primo grado alla data di entrata in vigore del decreto, così
implicitamente escludendola riguardo ai giudizi, come il presente,
pendenti in fase di impugnazione”.
Dunque, il primo motivo di ricorso deve essere respinto.
Sono invece manifestamente fondati il secondo e il terzo
motivo.
In proposito, si ricorda che questa Corte ha ripetutamente
enunciato, ad es. con la sentenza n. 202/2011, con riferimento a
fattispecie analoghe a quella in esame, il seguente principio:

“Confermandosi quanto già ritenuto dalla precedente sentenza di questa Corte n.
Ric. 2011 n. 27570 sez. ML – ud. 14-06-2013
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proposito del legislatore di modificare in materia, con una limitata

10546 / 2007 per cui ai fini della liquidazione delle prestazioni temporanee in
agricoltura, la nozione di retribuzione – definita dalla contrattazione collettiva
provinciale, da porre a confronto con il salario medio convenzionale ex art. 4 del
D.lgs. 16 aprile 1997 n. 146 – non è comprensiva del trattamento di fine
rapporto, va ulteriormente affermato che, sulla base del suddetto principio, la

quello del 27.11.1991, va esclusa dal computo della indennità di
disoccupazione, in considerazione della volontà espressa dalle parti stipulanti, che
è vietato disattendere in foga della disposizione di cui all’art. 3 D.L 14 giugno
1996 n. 318 convertito in legge 29 luglio 1996 n. 402, a norma del quale, agli
effetti previdenziali, la retribuzione dovuta in base agli accordi collettivi, non può
essere individuata in difformità rispetto a quanto definito negli accordi stessi.
Dovendo escludersi che detta voce abbia natura diversa rispetto a quella indicata
dalle parti stipulanti, non è ravvisabile alcuna illegittima alterazione degli istituti
legali da parte dell’autonomia collettiva.”
Si rileva altresì, in proposito, che recentemente il significato
della norma di cui all’art. 4 del D. Lgs. n. 146 del 1997 individuato
dalla giurisprudenza sopra citata è stato esplicitato anche dal
legislatore, che all’art. 18, comma 18° del D.L. n. 98 del 2011,
convertito nella legge n. 111 dello stesso anno, ha specificato che

“L’art. 4 del D. Lgs. 16 aprile 1997 n. 146 e l’art. 1, comma 5° del D.L 10
gennaio 2006 n. 2, convertito con modificazioni dalla legge 11 marzo 2006 n.
81, si interpretano nel senso che la retribuzione utile per il calcolo delle prestazioni
temporanee in favore degli operai agricoli a tempo determinato non è comprensiva
della voce del trattamento di fine rapporto comunque denominato dalla
contrattazione collettiva”.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, ai sensi dell’art.
384, secondo comma, c.p.c. può provvedersi nel merito e rigettarsi la
domanda.
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voce denominata “quota di “11-iR” dai contratti collettivi vigenti a partire da

Tenuto conto dei dubbi interpretativi che hanno riguardato
entrambe le questioni oggetto del presente giudizio, è giustificata la
compensazione delle spese dell’intero giudizio.
P.Q.M.
La Corte rigetta il primo motivo e accoglie il secondo e il terzo; cassa la

l’originaria domanda quanto all’inclusione del TFR nella base di calcolo
dell’indennità di disoccupazione; compensa le spese dell’intero
processo.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 14 giugno 2013
Il Presidente

sentenza in relazione ai motivi accolti e, decidendo nel merito, rigetta

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