Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18373 del 26/07/2017


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Cassazione civile, sez. III, 26/07/2017, (ud. 02/03/2017, dep.26/07/2017),  n. 18373

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 8765/2015 R.G. proposto da:

V.R., (cod. fisc. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato in

Roma, Via Mar Rosso 61 – Ostia, presso lo studio dell’avvocato

Roberto Ferranti che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

L.G., (cod. fisc. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato in

Roma Viale delle Milizie 96, presso lo studio dell’avvocato Flora De

Caro che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma depositata il 22

settembre 2014;

Udita la relazione svolta in camera di consiglio dal Consigliere

Cosimo D’Arrigo;

letta la sentenza impugnata, che ha rigettato l’appello proposto dal

V. nei confronti della sentenza del Tribunale di Roma n.

14314/2011 che aveva dichiarato inammissibile, perchè tardiva,

l’opposizione proposta dal conduttore avverso la convalida di

sfratto per morosità intimato dal locatore L.G.;

letto il ricorso e il controricorso;

Fatto

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che la motivazione del presente provvedimento può essere redatta in forma semplificata;

ritenuto di dover esaminare – in ordine logico – dapprima il secondo motivo di ricorso relativo alla pretesa violazione delle norme in tema di caso fortuito e forza maggiore, ai fini dell’applicazione dell’art. 668 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che con tale motivo, in realtà, “si impugna la parte della sentenza di appello relativa alla ricostruzione dei fatti, in quanto minimizzati e non ritenuti costituire gravi cause di forza maggiore e si chiede a codesta Ecc.ma Corte di riesaminarli a Sez. Unite”, peraltro nell’inesistente composizione “mista” civile e penale insieme, “in quanto si ritiene che le Sez. penali possano utilmente illuminare la disciplina civile”;

che il motivo è quindi manifestamente inammissibile, in quanto esplicitamente volto a sollecitare un riesame dei fatti, compresi eventuali risvolti penali della vicenda, non consentito nell’ambito del giudizio di legittimità;

che l’inammissibilità di tale censura comporta l’assorbimento del primo motivo di ricorso, relativo alla decorrenza del termine per l’opposizione tardiva alla convalida dello sfratto per morosità, difettando comunque i presupposti di cui all’art. 668 c.p.c., a prescindere dall’individuazione del dies a quo;

che, in conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e che le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico del ricorrente, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1, nella misura indicata nel dispositivo.

che sussistono i presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, sicchè va disposto il versamento, da parte dell’impugnante soccombente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione da lui proposta, senza spazio per valutazioni discrezionali (Sez. 3, Sentenza n. 5955 del 14/03/2014, Rv. 630550);

che sussistono altresì i presupposti perchè il ricorrente sia condannato d’ufficio al pagamento in favore della controparte – ai sensi dell’art. 96 c.p.c., comma 3, – di una somma, equitativamente determinata nella misura indicata in dispositivo in base al valore della controversia, in quanto egli ha agito in giudizio senza adoperare la normale diligenza e comunque senza compiere alcun serio sforzo interpretativo, deduttivo o argomentativo per sostenere l’impugnazione proposta;

che, risultando soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere stata ammessa al Patrocinio a spese dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater.

PQM

 

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori di legge, nonchè al pagamento – ai sensi dell’art. 96 c.p.c., comma 3, in favore della controparte, della somma di Euro 2.000,00.

Così deciso in Roma, il 2 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2017

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