Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18373 del 09/07/2019

Cassazione civile sez. trib., 09/07/2019, (ud. 14/05/2019, dep. 09/07/2019), n.18373

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

Dott. MAISANO Giulio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28157-2013 proposto da:

M.S., M.M., ME.MA., ME.SI.,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA AURELIA 353, presso lo studio

dell’avvocato MARIO GIRARDI, che li rappresenta e difende, giusta

procura a margine;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE (OMISSIS), in persona del

Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 153/2013 della COMM. TRIB. REG. di NAPOLI,

depositata il 19/04/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/05/2019 dal Consigliere Dott. GIULIO MAISANO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

KATE TASSONE che ha concluso per la inammissibilità del ricorso, in

subordine fondati il secondo e terzo motivo di ricorso, assorbito il

primo; udito per il controricorrente l’Avvocato CASELLI che ha

chiesto l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 153/50/13 pubblicata il 19 aprile 2013 la Commissione Tributaria Regionale della Campania ha rigettato l’appello proposto da Ma.Ma., Ma.Si., M.M. e M.S. nella qualità di eredi di M.N. avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Napoli n. 289/3/11 pubblicata il 18 settembre 2011 con la quale era stato accolto solo parzialmente il ricorso proposto dai medesimi Malese avverso l’avviso di accertamento n. (OMISSIS) emesso nei loro confronti dall’Agenzia delle Entrate e relativo ad IRES ed IRPEF per l’anno 2006 in relazione all’attività di impresa di onoranze funebri già esercitata dal defunto genitore dei ricorrenti. L’ufficio aveva proceduto alla determinazione induttiva del reddito ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. c) e d), rilevando l’omessa fatturazione di tre servizi funebri e la sottofatturazione di altri ad Euro 1.768,00 a fronte di Euro 2.200,00 mediamente praticato, mentre la Commissione Tributaria di primo grado aveva ridotto l’importo da imputarsi a ciascun servizio funebre prestato dall’impresa in questione ad Euro 2.000,00. La Commissione Tributaria Regionale, nel confermare la sentenza di primo grado ha considerato che il primo giudice aveva adottato una soluzione equitativa che teneva conto della regolarità della contabilità e della vetustà dei mezzi adoperati dall’impresa nell’esercizio della propria attività come dedotto dai ricorrenti, e della mancata prova della richiesta del servizio aggiuntivo di addobbi floreali e di necrologi considerati dall’Ufficio.

Gli eredi M. hanno proposto ricorso per cassazione avverso detta sentenza articolato su tre motivi.

L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo si lamenta omessa, insufficiente, carente e contraddittoria motivazione della sentenza ex art. 360 c.p.c., nn. 4 e 5, il motivo è infondato in quanto con la sentenza impugnata viene dato conto sinteticamente dei motivi della decisione che non si limita ad un mero rinvio alla sentenza di primo grado di cui viene richiamata l’equità, ma opera riferimenti alla fondatezza dei rilievi dell’Ufficio ed alla regolarità della contabilità, e ciò è sufficiente ad escludere l’omessa motivazione che richiede, invece, l’assoluta mancanza di elementi che consentano di individuare l’iter logico compiuto dal giudicante per pervenire alla decisione al fine di individuarne la ratio decidendi nonchè di valutarne l’eventuale impugnazione.

Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione di norma di diritto, nullità della sentenza o del procedimento ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 132 c.p.c., e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36. Il motivo è infondato per le medesime ragioni di cui al motivo precedente: il giudice dell’appello ha infatti indicato molto sinteticamente le ragioni per cui l’accertamento contestato è solo parzialmente illegittimo facendo riferimento a circostanze di fatto comunque considerate, per cui non sussiste nemmeno la denunciata omessa pronuncia sui motivi di ricorso come dedotto dai ricorrenti.

Con il terzo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), artt. 2729 e 2697 c.c., artt. 53 e 111 Cost., artt. 112,115e 116 c.p.c.. In particolare si deduce che, a fronte della lamentata illegittimità dell’accertamento in questione, il giudice di merito si è limitato ad una riduzione equitativa del reddito accertato senza pervenire alla logica conseguenza dell’illegittimità dell’accertamento stesso con la dichiarazione di nullità dello stesso.

Il motivo è fondato. Il giudice del merito, accertata l’illegittimità parziale dell’accertamento del reddito è tenuto a determinarne conseguentemente l’ammontare senza ricorrere ad una soluzione intermedia equitativa. Va premesso che, dalla natura del processo tributario – il quale non è annoverabile tra quelli di impugnazione-annullamento, ma tra i processi di impugnazione-merito, in quanto non è diretto alla sola eliminazione giuridica dell’atto impugnato, ma alla pronuncia di una decisione di merito sostitutiva sia della dichiarazione resa dal contribuente che dell’accertamento dell’Ufficio discende che ove il giudice tributario ritenga invalido l’avviso di accertamento per motivi non formali, ma di carattere sostanziale, non può limitarsi ad annullare o a modificare l’atto impositivo, ma deve esaminare nel merito la pretesa tributaria e, operando una motivata valutazione sostitutiva, eventualmente ricondurla alla corretta misura, entro i limiti posti dalle domande di parte (Cass. 15825/06, 17127/07, 19079/09). Nel caso di specie il giudice tributario, riconosciuta l’incongruenza dell’accertamento dell’Ufficio, non offre tuttavia alcuna verificabile motivazione riguardo ai criteri ed alle ragioni che lo inducono a ridurre ad Euro 2.000,00 il ricavo presunto di ciascun servizio funebre facendo mero ricorso all’equità, ed in tali limiti – dovendosi escludere la sussistenza di qualsivoglia potere equitativo (da ultimo Cass. 10656/09) – il ricorso va accolto e la sentenza impugnata cassata con rinvio, anche per il regolamento delle spese del giudizio di legittimità, alla stessa Commissione Tributaria Regionale della Campania in diversa composizione che terrà conto del suddetto principio.

P.Q.M.

La Corte di Cassazione rigetta i primi due motivi di ricorso e accoglie il terzo;

Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Commissione Tributaria Regionale della Campania in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 14 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 luglio 2019

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