Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18373 del 06/08/2010

Cassazione civile sez. III, 06/08/2010, (ud. 06/07/2010, dep. 06/08/2010), n.18373

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. FILADORO Camillo – Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – rel. Consigliere –

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Consigliere –

Dott. D’AMICO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

IMMOBILIARE DUE D SRL che ha incorporato per fusione la Soc. MIX

POINT a r.l., in persona del suo legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, LARGO BRINDISI 18, presso lo

studio dell’avvocato FUBELLI ALESSANDRO, che la rappresenta e difende

giusta delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

S.L., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA RUGGERO FAURO 43, presso lo studio dell’avvocato SERAFINI

ATTILIO, che lo rappresenta e difende giusta delega in calce al

controricorso;

– controricorrente –

e contro

FALL RSD NECTAR A RL (OMISSIS);

– intimato-

avverso la sentenza n. 1566/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

Sezione Terza Civile, emessa il 6/04/2005, depositata il 03/05/2005;

R.G.N. 3810/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/07/2010 dal Consigliere Dott. BRUNO SPAGNA MUSSO;

udito l’Avvocato Attilio SERAFINI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SCARDACCIONE Eduardo Vittorio che ha concluso per il rigetto.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso, depositato in data 23 giugno 1999, la Due D Immobiliare s.r.l, che aveva incorporato per fusione la Mix Point s.r.l., chiedeva ed otteneva dal Giudice dei Tribunale di Roma il decreto ingiuntivo n. 12717, ritualmente notificato in data 17 e 18 novembre 1999, con il pedissequo atto di precetto, alla BSD Nectar s.r.l. ed a S.L., mediante il quale veniva ingiunto a costoro di pagare in solido alla ricorrente la somma di L. 39.193.600, oltre corrispettivo per canoni ed oneri accessori.

Faceva presente che, a seguito dell’intimazione esecutiva di rilascio in data 30 luglio 1999, la BSD Nectar s.r.l. non aveva riconsegnato l’immobile, sito in (OMISSIS), avuto in locazione dalla societa’ appellante e che per le relative obbligazioni aveva prestato fideiussione il legale rappresentante S.L..

Con atto di citazione in opposizione, notificato in data 20 dicembre 1999, la BSD Nectar S.r.L. ed il S.L. convenivano in giudizio la Mix Point s.r.l incorporata, poi per fusione della Due D immobiliare s.r.l, avanti al Tribunale di Roma, assumendo la mancanza della legittimazione passiva del S.L. in proprio e la nullita’ dell’opposto decreto ingiuntivo, di cui domandavano la revoca.

Costituitosi il contraddicono, la Mix Point s.r.l chiedeva il rigetto dell’avversa pretesa, di cui assumeva l’infondatezza in fatto ed in diritto.

Il Giudice Unico del Tribunale adito con la sentenza n. 122228, emessa in data 8 aprile 2003, revocava l’opposto decreto ingiuntivo e condannava la ESD Nectar s.r.l. a pagare alla Mix Point s.r.l. la minor somma di Euro 15.368,52, con gli interessi legali dalla scadenza al saldo e rigettava nel resto la domanda, dichiarando le spese processuali interamente compensate fra le parti.

Proponevano appello sia la Due D Immobiliare che il Fallimento e la Corte di Appello di Roma, con la decisione in esame n. 1566/2005, rigettava entrambi i gravami, confermando quanto statuito in primo grado.

Ricorre per cassazione la Immobiliare Due D con quattro motivi;

resiste con controricorso il S..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione dell’art. 1366 c.c., e relativo difetto di motivazione, in relazione al punto in cui la Corte d’Appello ha ritenuto non valida la fidejussione prestata dal S. ritenendo che “le due firme sono state apposte e, a S.L. nella sua qualita’ di amministratore della B.S.D..

Con il secondo motivo si deduce violazione degli artt. 2702 e 2697 c.c. e relativo a difetto di motivazione, riguardo al punto in cui la Corte di Appello ha ordinato all’Immobiliare Due D di depositare specifici e circostanzianti conteggi in ordine alle somme reclamare (spese condominiali e consumo di energia elettrica).

Con il terzo motivo si deduce ancora violazione dell’art. 1366 c.c., e relativo difetto di motivazione, in ordine alle somme ingiunte.

Con il quarto motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 96 c.p.c., e relativo difetto di motivazione, in ordine alla grave e scorretta condotta del S..

Il ricorso non merita accoglimento in relazione a tutte le suesposte censure.

Preliminarmente deve rilevarsi che, sulla base di un compiuto esame delle risultanze processuali (in particolare quelle documentali), la Corte territoriale ha ampiamente e logicamente motivato in ordine alla conferma di quanto statuito in primo grado; in particolare affermando che “l’esame del prodotto contratto di locazione evidenza che le due firme sono state apposte dal S.L. nella sua qualita’ di amministratore della B&D s.r.l., atteso che le stesse sono state vergate sopra la timbratura della societa’, e, pertanto deve essere escluso che costui avesse sottoscritto il contratto in proprio riguardo all’art. 15, il quale stabilisce che tutte le obbligazioni assunte col presente atto dalla conduttrice, vengano garantite in proprio dal signor S.L. con specifico obbligo dello stesso di pagare tutti i canoni pattuiti per l’intera durata della locazione”.

Cio’ posto, deve rilevarsi che con i quattro motivi di ricorso la societa’ ricorrente prospetta questioni dr “merito”, in quanto o deduce violazione di norme in tema di ermeneutica, senza specificare i canoni interpretativi violati (primo e terzo motivo) oppure censura valutazioni di merito rientranti nel potere discrezionale del giudice del merito (secondo e quarto motivo).

In particolare, con riferimento al secondo e quarto motivo, per quanto gia’ statuito da questa Corte (tra le altre, Cass. n. 10203/2008), l’interpretazione dei contratti e’ censurabile in sede di legittimita’ solo per vizi di motivazione e violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale; le censure basate sullo suddette violazioni devono essere specifiche, con indicazione dei singoli canoni ermeneutici violati e delle ragioni, dell’asserita violazione, mentre le censure riguardanti la motivazione devono riguardare l’obiettiva insufficienza di essa o la contraddittorieta’ del ragionamento su cui si fonda l’interpretazione accolta, non potendosi percio’ ritenere idonea ad integrare valido motivo di ricorso per cassazione una critica del risultato interpretativo raggiunto dal giudice di merito che si risolva solamente nella contrapposizione di una diversa interpretazione ritenuta corretta dalla parte. Tra l’altro, del tutto generica e’ la doglianza della violazione dell’art. 1366 c.c..

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo, in favore del solo S., non avendo il Fallimento della societa’ intimata svolto attivita’ difensiva.

PQM

LA CORTE rigetta il ricorso e condanna la societa’ ricorrente al pagamento delle spese della presente fase, che liquida in favore del solo S. in complessivi Euro 2.200,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi), oltre spese generali ed accessorie.

Così deciso in Roma, il 6 luglio 2010.

Depositato in Cancelleria il 6 agosto 2010

 

 

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