Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1837 del 28/01/2021

Cassazione civile sez. VI, 28/01/2021, (ud. 11/11/2020, dep. 28/01/2021), n.1837

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. COSENTINO Antonello – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5489-2018 proposto da:

S.S., rappresentato e

– ricorrente –

contro

PREFETTURA – U.T.G. DI NUORO;

– intimato –

avverso la SENTENZA n. 416/2017 del TRIBUNALE DI NUORO, depositata il

25/7/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’11/11/2020 dal Consigliere DONGIACOMO GIUSEPPE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il tribunale di Nuoro, con la pronuncia in epigrafe, dichiaratamente non notificata, ha rigettato l’appello che S.S. aveva proposto avverso la sentenza con la quale il giudice di pace aveva, a sua volta, respinto l’opposizione che lo stesso aveva presentato nei confronti del processo verbale di contestazione della violazione prevista dall’art. 148 C.d.S., commi 10 e 16, per aver superato altro veicolo in prossimità del tratto ascendente di un dosso.

Il tribunale, in particolare, ha rigettato la censura con la quale l’appellante aveva lamentato che il giudice di prime cure avesse erroneamente ritenuto che la condotta contestata era stata dimostrata con il relativo verbale sul rilievo che non potesse rilevare di per sè quanto riportato dagli agenti accertatori posto che l’indicazione contenuta nel verbale opposto “in prossimità del tratto ascendente d’uno dosso” rappresenta un giudizio personale dei verbalizzanti, al quale non può essere attribuita, come invece affermato dal giudice di pace, l’efficacia probatoria privilegiata prevista dall’art. 2700 c.c..

Il tribunale, sul punto, ha osservato che il concetto di prossimità indicato nel codice della strada indica una distanza ravvicinata rispetto a qualcosa o qualcuno, nel tempo e nello spazio: l’indicazione data dai verbalizzanti, che tra l’altro si trovavano sulla vettura sorpassata dall’appellante, non rappresenta in alcun modo l’oggetto di un giudizio o una valutazione ma la rappresentazione di un fatto avvenuto in presenza degli stessi, i quali stavano percorrendo il medesimo tratto di strada ed hanno preso atto di essere stati sorpassati dall’automobile proprio nelle vicinanze di un dosso. Tale constatazione, ha aggiunto il tribunale, è stata verbalizzata sicchè, trattandosi della “narrazione di una circostanza di fatto, percepita dagli agenti mentre era posta in essere dall’appellante”, trova applicazione, come correttamente affermato dal giudice di pace, il principio secondo cui quanto indicato nel verbale dagli agenti è dotato, a norma dell’art. 2700 c.c., di fede privilegiata fino a querela di falso. Il tribunale, quindi, ha ritenuto che la prefettura avesse assolto al proprio onere di provare la fondatezza della pretesa sanzionatoria, spettando piuttosto all’appellante la contestazione di quanto verbalizzato dagli agenti mediante l’apposito della querela di falso.

S.S., con ricorso notificato il 13/2/2018 ed, a seguito di ordinanza che ne aveva disposto la rinnovazione, 19/3/2019, ha chiesto, per un motivo, la cassazione della sentenza.

La Prefettura – U.T.G di Nuoro è rimasta intimata. RAGIONI DELLA

Diritto

DECISIONE

1.1. Con l’unico motivo che ha articolato, il ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione del D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 148, commi 10 e 16, , degli artt. 2697 e 2700 c.c., degli artt. 115 e 116c.p.c. e dell’art. 111 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui il tribunale ha ritenuto che l’indicazione data dai verbalizzanti circa la prossimità del sorpasso operato dall’appellante al tratto ascendente di un dosso, costituiva non l’oggetto di un giudizio o di una valutazione quanto la rappresentazione di un fatto avvenuto in presenza degli stessi, i quali stavano percorrendo il medesimo tratto di strada ed hanno preso atto di essere stati sorpassati dall’automobile proprio nelle vicinanze di un dosso, e che, trattandosi della “narrazione di una circostanza di fatto, percepita dagli agenti mentre era posta in essere dall’appellante”, trovava applicazione il principio per cui quanto indicato nel verbale dagli agenti è dotato, a norma dell’art. 2700 c.c., di fede privilegiata fino a querela di falso.

1.2. Il tribunale, però, ha osservato il ricorrente, così facendo, non ha considerato che, al contrario, la dicitura che si legge nel verbale di contestazione, secondo cui lo stesso “sorpassava altro veicolo (autovettura d’istituto dell’arma CC) in prossimità del tratto ascendente di un dosso”, non è dotata di efficacia probatoria privilegiata a norma dell’art. 2700 c.c. poichè la stessa, contrariamente a quanto è stato illogicamente e contraddittoriamente affermato in sentenza, non si configura come la rappresentazione di un fatto storico costituendo, piuttosto, l’espressione di un giudizio soggettivo dei verbalizzanti in quanto frutto delle personali valutazioni svolte dagli stessi in ordine all’esecuzione del sorpasso da parte del ricorrente e alla posizione dei relativi veicoli sulla strada rispetto al dosso.

2.1. Il motivo è infondato. Nel giudizio di opposizione ad ordinanza ingiunzione relativo al pagamento di una sanzione amministrativa, infatti, è ammessa la contestazione e la prova unicamente delle circostanze di fatto della violazione che non sono attestate nel verbale di accertamento come avvenute alla presenza del pubblico ufficiale o rispetto alle quali l’atto non è suscettibile di fede privilegiata per una sua irrisolvibile contraddittorietà oggettiva, mentre è riservata al giudizio di querela di falso, nel quale non sussistono limiti di prova e che è diretto anche a verificare la correttezza dell’operato del pubblico ufficiale, la proposizione e l’esame di ogni questione concernente l’alterazione nel verbale, pur se involontaria o dovuta a cause accidentali, della realtà degli accadimenti e dell’effettivo svolgersi dei fatti (Cass. SU n. 17355 del 2009), pur quando si deducano errori od omissioni di natura percettiva da parte dello stesso pubblico ufficiale (Cass. n. 3705 del 2013).

2.2. In effetti, l’efficacia probatoria del verbale deriva

dall’art. 2700 c.c., che attribuisce all’atto pubblico l’efficacia di piena prova, fino a querela di falso, della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato, nonchè delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti. Tale efficacia concerne tutti gli accadimenti e le circostanze pertinenti alla violazione menzionati nell’atto indipendentemente dalle modalità statica o dinamica della loro percezione, fermo l’obbligo del pubblico ufficiale di descrivere le particolari condizioni soggettive ed oggettive dell’accertamento, giacchè egli deve dare conto nell’atto pubblico non soltanto della sua presenza ai fatti attestati, ma anche delle ragioni per le quale detta presenza ne ha consentito l’attestazione. La questione relativa all’ammissibilità della contestazione e della prova nel giudizio di opposizione all’ordinanza-ingiunzione non va, conseguentemente, esaminata con riferimento alle circostanze di fatto della violazione attestate nel verbale come percepite direttamente ed immediatamente dal pubblico ufficiale ed alla possibilità o probabilità di un errore nella loro percezione, ma esclusivamente in relazione a circostanze che esulano dall’accertamento, quali l’identificazione dell’autore della violazione e la sua capacità o la sussistenza dell’elemento soggettivo o di cause di esclusione della responsabilità, ovvero rispetto alle quali l’atto non è suscettibile la fede privilegiata per una sua irrisolvibile oggettiva contraddittorietà (ad esempio, tra numero di targa e tipo di veicolo al quale questa è attribuita). Ogni diversa contestazione, ivi comprese quelle relative alla mancata particolareggiata esposizione delle circostanze dell’accertamento od alla non idoneità di essa a conferire certezza ai fatti attestati nel verbale, dev’essere, invece, svolta nel procedimento di querela di falso, che consente di accertare senza preclusione di alcun mezzo di prova qualsiasi alterazione nell’atto pubblico, pur se involontaria o dovuta a cause accidentali, della realtà degli accadimenti o del loro effettivo svolgersi ed il cui esercizio è imposto, oltre che dalla già menzionata tutela della certezza dell’attività amministrativa, anche dall’interesse pubblico alla verifica in sede giurisdizionale della correttezza dell’operato del pubblico ufficiale che ha redatto.

2.3. La sentenza impugnata, pertanto, lì dove ha ritenuto

che la censura relativa alla contestata esecuzione del sorpasso in prossimità del tratto ascendente di un dosso, così come rappresentata nel verbale di contestazione della corrispondente violazione del codice della strada, non fosse ammissibile nel giudizio di opposizione proposto avverso tale verbale se non a seguito della proposizione di querela di falso, trattandosi della “narrazione di una circostanza di fatto, percepita dagli agenti mentre era posta in essere dall’appellante”, si è, in sostanza, adeguata al predetto principio e si sottrae, in definitiva, alle censure svolte dal ricorrente.

3. Il ricorso dev’essere, quindi, rigettato.

4. Nulla per le spese di lite in difetto di attività difensiva da parte dell’intimato.

5. La Corte dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte così provvede: rigetta il ricorso; dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile – 2, il 11 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 28 gennaio 2021

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