Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1837 del 20/01/2022

Cassazione civile sez. I, 20/01/2022, (ud. 27/10/2021, dep. 20/01/2022), n.1837

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. FRAULINI Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21475/2020 proposto da:

I.M.S., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la

Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’avvocato Di Nardo F. Christian, giusta procura speciale in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’interno, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– resistente –

Procura della Repubblica presso il Tribunale Bologna;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BOLOGNA, depositata il

20/06/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

27/10/2021 dal Cons. Dott. Paola Vella.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. Con ricorso D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35-bis, del 20/06/2018, il cittadino bangladese I.M.S., nato a (OMISSIS), ha impugnato dinanzi al Tribunale di Bologna – Sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini UE – il provvedimento, notificatogli il 22/05/2018, con cui la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale ha negato il riconoscimento dello status di rifugiato, ovvero della protezione sussidiaria o in subordine di quella umanitaria, che egli aveva invocato allegando di essere fuggito dal proprio Paese il 15/08/2015, per sottrarsi alle ritorsioni della famiglia del ragazzo che egli aveva ferito con un coltello per vendicarsi dello stupro inflitto alla sorella di (OMISSIS) anni il (OMISSIS), trattandosi di una potente famiglia locale appartenente al partito di governo (OMISSIS) che, non trovandolo a casa, aveva fatto distruggere l’abitazione e picchiare suo padre.

1.1. All’esito dell’audizione personale del ricorrente, il tribunale ha rigettato il ricorso, ritenendo non credibili le sue dichiarazioni ed insussistenti i presupposti sia della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), sia del riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari.

2. Il ricorrente ha impugnato il predetto decreto con tre motivi di ricorso per cassazione. Gli intimati non hanno svolto difese; il Ministero dell’Interno si è costituito con memoria del 03/09/2020 al fine di poter eventualmente partecipare alla discussione orale.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

2.1. Con il primo motivo – rubricato “violazione e falsa rappresentazione dell’art. 3 (esame di fatto e circostanze), comma 5 (parametri per la veridicità delle dichiarazioni del richiedente) e conseguentemente del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 7 e violazione dell’art. 117 c.p.c. e art. 183 c.p.c., comma 4, in merito allo status di rifugiato” – il ricorrente si duole “della valutazione erronea delle summenzionate norme e perciò del mancato riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria (…) in aggiunta alla constatazione che il Pubblico ministero fosse intervenuto in giudizio non formulando osservazioni ostative all’accoglimento della domanda”, osservando tra l’altro – testualmente – che “sarebbe stato estremamente mefistofelico ritenere che il ricorrente avesse prodotto una denuncia falsa a suo carico. Tanto più che la presente denuncia risultava contraddittoria rispetto ai fatti da lui narrati: la denuncia si riferiva a fatti avvenuti il (OMISSIS) e il ricorrente menzionava fatti avvenuti il (OMISSIS); nella denuncia il reato presunto era quello di tentato omicidio e, inoltre, il denunciante (proprietario del bazar) riferiva che il ricorrente fosse stato fermato dagli altri clienti del bazar come successivamente specificato, mentre il ricorrente affermava do essere fuggito immediatamente per paura delle ripercussioni”.

2.2. Il secondo mezzo denuncia “violazione e falsa rappresentazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b) e lett. c), in merito alla protezione sussidiaria”.

2.3. Il terzo lamenta “Violazioni della D.Lgs. n. 286 del 1998 e della L. n. 110 del 2017, art. 3, che ha introdotto il comma 1.1. dopo il comma 1 del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19; della direttiva comunitaria nr. 115/2008 in merito alla protezione umanitaria”, sul rilievo che, sebbene “il paramento dell’inserimento sociale e lavorativo dello straniero in Italia può essere valorizzato come presupposto della protezione umanitaria non come fattore esclusivo, bensì come circostanza che può concorrere a determinare una situazione di vulnerabilità personale”, l’art. 8 della Convenzione EDU impone di proteggere il ricorrente “dal rischio di essere immesso nuovamente, in conseguenza del rimpatrio, in un contesto sociale, politico o ambientale, quale quello eventualmente presente nel paese d’origine, idoneo a costituire una significativa ed effettiva compressione dei suoi diritti fondamentali inviolabili”.

3. In via preliminare si rileva che la procura speciale in calce al ricorso reca solo l’autentica del difensore riferita alla sottoscrizione del conferente, non anche la data né tantomeno la sua certificazione.

3.1. Al riguardo le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato: i) che del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 13 – nella parte in cui prevede che “la procura alle liti per la proposizione del ricorso per cassazione deve essere conferita, a pena di inammissibilità del ricorso, in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato; a tal fine il difensore certifica la data di rilascio in suo favore della procura medesima” – richiede, quale elemento di specialità rispetto alle ordinarie ipotesi di rilascio della procura speciale regolate dagli artt. 83 e 365 c.p.c., il requisito della posteriorità della data rispetto alla comunicazione del provvedimento impugnato, sanzionando con una speciale ipotesi di “inammissibilità del ricorso” la mancata certificazione della data di rilascio della procura in suo favore da parte del difensore; ii) che tale interpretazione della portata precettiva della norma risulta compatibile con il quadro del diritto dell’Unione Europea e con i principi di diritto costituzionale nonché della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo (Cass. Sez. U., 01/06/2021, n. 15177).

3.2. Ne consegue che il difensore è tenuto ad indicare la data di rilascio della procura e certificarne espressamente la posteriorità rispetto alla comunicazione del provvedimento impugnato, eventualmente anche con la stessa sottoscrizione riferita all’autenticità della firma del ricorrente; in mancanza, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

4. Ne’ rileva, allo stato, la successiva rimessione alla Corte costituzionale della questione di legittimità costituzionale del citato art. 35-bis, comma 13, come interpretato dalle Sezioni unite, “per contrarietà agli artt. 3,10,24,111 Cost.; per contrasto con l’art. 117 Cost., in relazione alla direttiva 2013/32/UE, con riferimento agli artt. 28 e 46 p. 11, e con gli artt. 47 della Carta dei diritti UE, 18 e 19, p. 2 della medesima Carta, nonché 6, 7, 13 e 14 della CEDU” (Cass. civ., Sez. 3, ord. n. 17970 del 23/06/2021) questione che peraltro il Giudice delle Leggi risulta aver già deciso ritenendo “non fondate le questioni, considerata l’ampia discrezionalità del legislatore in materia processuale, con il solo limite della manifesta irragionevolezza o arbitrarietà delle scelte adottate” (come da comunicato ufficiale dell’Ufficio stampa della Corte costituzionale in data 2 dicembre 2021) – poiché il ricorso in esame appare comunque inammissibile anche nel suo contenuto, con totale equivalenza dell’epilogo decisorio.

5. Invero, i motivi di ricorso veicolano censure prettamente meritali, a fronte di un’ampia, puntuale e pertinente motivazione dei giudici di merito su tutte le questioni in disamina, segnatamente sulla ritenuta non credibilità delle dichiarazioni – in ragione della loro genericità su aspetti fondamentali del racconto, dell’esistenza di plurimi profili di incoerenza intrinseca e non plausibilità della narrazione, nonché dei riscontri estrinseci sulla genuinità del documento prodotto (copia della denuncia sporta contro il ricorrente), alla luce delle specifiche informazioni raccolte sulla pratica, diffusa in Bangladesh, di formazione di false certificazioni a pagamento – e sulla insussistenza dei presupposti tanto della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c) – alla luce di C.O.I. qualificate e aggiornate al 2019 – quanto del riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari, in difetto di profili di vulnerabilità personale del richiedente ed anche all’esito di una valutazione comparativa tra le condizioni di vita in Italia e in Bangladesh, avendo il tribunale espressamente dato atto che la condizione del ricorrente nel Paese d’origine “non risulta avere mai assunto, secondo la stessa descrizione dei fatti fornita dal ricorrente, caratteristiche tali da far ritenere che in caso di rientro in Patria egli potrebbe affrontare seri pericoli per la sua stessa sopravvivenza ovvero condizioni di vita inumane o degradanti”.

5. Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile senza statuizione sulle spese, in assenza di difese degli intimati. Sussistono i presupposti processuali per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (cfr. Cass. Sez. U., 23535/2019 e 4315/2020).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 27 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2022

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