Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18368 del 31/07/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 18368 Anno 2013
Presidente: MIANI CANEVARI FABRIZIO
Relatore: CURZIO PIETRO

SENTENZA
sul ricorso 14818-2012 proposto da:
S.A.T.A.

SOCIETA’

AUTOMOBILISTICA

TECNOLOGIE

AVANZATE S.P.A. 01063750762, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata
in ROMA, PIAZZA CAVOUR, 19, presso lo studio
dell’avvocato DE LUCA TAMAJO RAFFAELE, che la
2013
2139

rappresenta e difende unitamente agli avvocati ROPOLO
LUCA, AMENDOLITO BRUNO, DI BIASE MARIA, AMENDOLITO
FRANCESCO, SALIMBENI MARIA TERESA, DIRUTIGLIANO
DIEGO, giusta delega in atti;
– ricorrente –

Data pubblicazione: 31/07/2013

contro

FIOM – CGL DI POTENZA, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA TACITO 50, presso lo studio
dell’avvocato COSSU BRUNO, che la rappresenta e

FOCARETA FRANCO, PICCININI ALBERTO, giusta delega in
atti;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 170/2012 della CORTE D’APPELLO
di POTENZA, depositata il 23/03/2012 R.G.N. 740/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 13/06/2013 dal Consigliere Dott. PIETRO
CURZIO;
udito l’Avvocato DE LUCA TAMAJO RAFFAELE;
udito l’Avvocato COSSU BRUNO e AVV.

PICCININI

ALBERTO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIUSEPPE CORASANITI che ha concluso
per l’inammissibilità, in subordine rigetto del
ricorso.

difende unitamente agli avvocati ALLEVA PIERGIOVANNI,

1. Con ricorso del 21 luglio 2010 il sindacato FIOM-CGIL di Potenza chiese al
giudice del lavoro del Tribunale di Melfi di accertare e dichiarare il carattere
antisindacale della condotta posta in essere dalla S.A.T.A. spa, consistente nel
licenziamento dei dipendenti Antonio Lamorte, Giovanni Barozzino e Marco
Pignatelli e di rimuoverne gli effetti.
2. Il Tribunale accolse il ricorso e, con decreto del 9 agosto 2010, dichiarò che i
tre licenziamenti costituivano condotta antisindacale ai sensi dell’art. 28 st.
lav., disponendo la rimozione degli effetti e quindi la reintegrazione dei tre
lavoratori nel posto di lavoro.
3. La S.A.T.A. propose opposizione. Espletata ulteriore attività istruttoria, il
Tribunale, la accolse e revocò il decreto.
4. Il sindacato propose appello.
5. La Corte d’appello di Potenza, con sentenza pubblicata il 23 marzo 2012, ha
accolto l’appello: in riforma della sentenza di primo grado, ha rigettato
l’opposizione ed ha quindi confermato il contenuto del decreto emesso ai sensi
dell’art. 28 dello Statuto dei lavoratori.
6. La S.A.T.A. spa, con atto notificato il 6 giugno 2012, ha proposto ricorso per
cassazione chiedendo l’annullamento della sentenza della Corte di Potenza.
7. Il ricorso è articolato in sette motivi.
8. Il sindacato FIOM-CGIL si è difeso con controricorso.
9. Entrambe le parti hanno depositato una memoria per l’udienza.
10.In allegato alla sua memoria, la società ha depositato un documento: copia di
un decreto di citazione diretta del Pm di Melfi.
11.La difesa dei controricorrenti ha eccepito l’inammissibilità della produzione.
12.L’eccezione è fondata.
13.Dinanzi alla Corte di cassazione, in base al disposto dell’art. 372 c.p.c., “non è
ammesso il deposito di atti e documenti non prodotti nei precedenti gradi del
processo, tranne di quelli che riguardano la nullità della sentenza impugnata e
l’ammissibilità del ricorso e del controricorso”. Il secondo comma aggiunge:
“il deposito dei documenti relativi alla ammissibilità può avvenire
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Udienza 13 giugno 2013

Ragioni della decisione

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Pietro Curzio, e.stc ore
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indipendentemente da quello del ricorso e del controricorso, ma deve essere
notificato, mediante elenco, alle altre parti”.
14.1n questo caso il documento non può essere ammesso, tanto ai sensi del primo
comma che del secondo comma della norma del codice.
15.Non può essere ammesso perché il documento in questione non riguarda né la
nullità della sentenza, né l’ammissibilità del ricorso o del controricorso. In ogni
caso, la società ricorrente, che ha prodotto il documento, ha omesso di
provvedere alla notificazione alle altre parti del giudizio, come il codice
impone, sempre a pena di inammissibilità.
16.Prima di procedere all’esame analitico dei motivi di ricorso, deve rilevarsi che i
sette motivi sono stati formulati ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c.. (solo il terzo
contiene anche la denunzia di un vizio di violazione di legge, ai sensi del n. 3
dell’art. 360 c.p.c.).
17.A parte questa circoscritta eccezione, la società ricorrente non denunzia
violazioni o false applicazioni di norme di diritto o dei contratti e accordi
collettivi nazionali di lavoro (art. 360, n. 3, c.p.c.) da parte della sentenza
impugnata.
18.11 tipo di vizio denunziato in tutti e sette i motivi è quello del vizio di
motivazione, ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c.
19.Nella struttura del codice di procedura civile questo tipo di vizio della sentenza
non concerne la motivazione in diritto, che, se errata, deve essere corretta dalla
Corte, senza procedere alla cassazione (art. 384, ult. comma, c.p.c.).
20.11 vizio di motivazione concerne solo la motivazione in fatto, in quanto, la
norma che lo regola, il punto n. 5 dell’art. 360 c.p.c., consente il ricorso per
cassazione solo per “omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa
un fatto controverso e decisivo per il giudizio”.
21.Questa formula è stata introdotta dalla riforma del giudizio di cassazione
operata con la legge n. 40 del 2009, che ha sostituito il concetto di ‘punto
decisivo della controversia” con quello di ‘fatto controverso e decisivo’.
22.Delimitando in tal modo l’ammissibilità del ricorso per vizio di motivazione, il
legislatore ha mirato ad evitare che il giudizio di cassazione, che è giudizio di
legittimità, venga impropriamente trasformato in un terzo grado di merito.
23.Prendendo atto di tale volontà legislativa questa S.C. ha affermato, con
orientamento da tempo consolidato, il seguente principio di diritto: “Il motivo
di ricorso con il quale – ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c. così come modificato

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dall’art. 2 del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 – si denuncia omessa, insufficiente o
contraddittoria motivazione, deve specificamente indicare il ‘fatto’ controverso
o decisivo in relazione al quale la motivazione si assume carente, dovendosi
intendere per ‘fatto’ non una ‘questione’ o un ‘punto’ della sentenza, ma un
fatto vero e proprio e, quindi, un fatto principale, ex art. 2697 c.c., (cioè un
fatto costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo) od anche un fatto
secondario (cioè un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto principale),
purché controverso e decisivo. (In applicazione del principio, la S.C. ha
dichiarato inammissibile il ricorso con cui ci si era limitati a denunciare la
mancata motivazione da parte del giudice in ordine alle argomentazioni esposte
dal ricorrente nel giudizio di appello, senza, però, individuare i fatti specifici,
controversi e decisivi in relazione ai quali si assumeva fosse carente la
motivazione medesima)” (ex plurimis, Cass. 29 luglio 2011, n. 16655; Cass.
(ord.) 5 febbraio 2011, n. 2805).
24.1 sette motivi del ricorso per cassazione non tengono adeguatamente conto di
tali prescrizioni legislative e dei relativi principi di diritto affermati da questa
S.C.; sin dalla rubrica fanno riferimento a dei ‘punti’ della controversia,
mostrando di voler allargare il sindacato della Corte di cassazione al di là dei
limiti fissati dalla legge, per investire le valutazioni di merito che non possono
essere riformulate in sede di giudizio di legittimità.
25.Un’altra premessa necessaria, per poter comprendere e vagliare le censure
proposte con il ricorso, è la schematizzazione dei fatti accertati dalla Corte di
merito e posti a fondamento delle sue valutazioni giuridiche.
26.La Corte d’appello ha accertato quanto segue.
27.11 giorno 7 luglio 2010 venne proclamato dalla Rappresentanza unitaria
aziendale dello stabilimento SATA di Melfi uno sciopero sulle UTE del
reparto montaggio dalle 1.45 sino alle 3.00 di notte. Scioperarono in 51
lavoratori su 159 complessivamente presenti sulle linee.
28.Le linee di produzione vennero bloccate dall’azienda. Accanto alle linee
transitano i carrellini AGV che servono al rifornimento della linea e si fermano
automaticamente in presenza di ostacoli.
29.La produzione venne riorganizzata in base agli operai non aderenti allo
sciopero e alle 2.00 le linee vennero riavviate.
30.Alle 2.05 i capi UTE Forte e Restaino si resero conto però che i carrellini non
erano in movimento. Percorsero la linea di produzione e trovarono circa 40-50

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lavoratori aderenti allo sciopero, compresi i rappresentanti di varie
organizzazioni sindacali, che stazionavano sul tragitto dei carrellini. Li
invitarono a spostarsi da tale collocazione, ma gli operai non lo fecero; uno di
essi, il Lamorte rispose che erano in assemblea.
31.Alle 2.20 il Restaino, permanendo la situazione su descritta, telefonò a
responsabile del settore operativo Tartaglia. Questi ricevuta la telefonata,
unitamente al responsabile del personale Tribuzio, si recò sul posto, dove trovò
i 40-50 lavoratori in sciopero, compresi i dirigenti di varie associazioni
sindacali, che ancora stazionavano nella zona di transito dei carrellini.
32.11 Tribuzio e poi il Tartaglia si rivolsero al Lamorte ed al Barozzino,
rappresentanti di una delle associazioni sindacali in sciopero, la FIOM,
invitandoli a far spostare gli operai da quella collocazione. Ne nacque una
discussione tra i quattro, in cui venne coinvolto anche il Pignatelli, avvicinatosi
ai delegati della sua organizzazione.
33.La Corte ha accertato che la discussione, svoltasi nel luogo in cui gli operai si
trovavano non fu pacata ‘da entrambe le parti’ e si innalzò nei toni quando il
Tartaglia minacciò di licenziamento il Pignatelli e i due sindacalisti
affermarono che il Tartaglia non aveva alcuna autorità a tal fine e
minacciarono l’estensione dello sciopero all’intero reparto montaggio (così la
contestazione degli addebiti nei confronti del Lamorte e del Barozzino, non
anche del Pignatelli).
34.La discussione durò 5-6 minuti, secondo quanto accertato dalla Corte (la
SATA sostiene che sia durata 7-10 minuti).
35.L’episodio si chiuse alle 2.30.
36.1 tre dipendenti iscritti alla FIOM vennero licenziati senza preavviso, ai sensi
della ipotesi di licenziamento più grave prevista dal ceni di categoria. Non
furono applicate sanzioni disciplinari, neanche di minore entità, nei confronti
di altri operai.
37.Si può ora procedere all’esame analitico delle censure mosse dalla società
ricorrente per cassazione con i sette motivi di ricorso.
38.Con il primo motivo la società denunzia “omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione circa un ‘punto’ decisivo della controversia (art.
360, n. 5, c.p.c.) in ordine al contenuto della contestazione disciplinare
effettuata nei confronti dei lavoratori Lamorte, Barozzino e Pignatelli e
rilevante ai fini del licenziamento” (ricorso, pag. 34).

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39.Secondo la società la lettura delle tre lettere di contestazione consente di
affermare che “l’operazione ermeneutica” compiuta dalla Corte di merito,
consistente nella interpretazione del contenuto rilevante delle tre lettere di
contestazione, è “erronea”.
40.11 motivo è inammissibile, per le ragioni di fondo già indicate in premessa ed,
in particolare, perché denunzia un preteso vizio di motivazione ai sensi
dell’art. 360, n. 5, c.p.c., ponendo in realtà un problema di erronea
interpretazione di un atto giuridico, quali sono le contestazioni degli addebiti.
41.Si è fuori dall’ambito del sindacato di legittimità ex art. 360, n. 5, c.p.c.; si
pone una questione di diritto che avrebbe dovuto essere proposta ai sensi
dell’art. 360, n. 3, c.p.c. seguendo le regole di tale norma e cioè indicando
quali, tra le diverse disposizioni in materia di interpretazione degli atti
negoziali dettate dal codice civile agli artt. 1362 — 1371, sarebbero state
violate, gli specifici criteri ermeneutici che sarebbero stati violati e le ragioni
per le quali sarebbero stati violati.
42.Con il secondo motivo (pag. 43 ss.) la società denunzia “omessa, insufficiente
e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia (art.
360, n. 5, c.p.c.) in ordine alla ‘volontarietà’ del comportamento addebitato ai
lavoratori licenziati” (ricorso, pag. 43).
43.La società assume che “la Corte di Potenza ha confuso la pacifica (ed
accertata) esistenza e rilevanza della coscienza e volontà dell’agire dei tre
lavoratori nell’attuare l’ostacolo al transito dei carrelli e nel perpetuarlo
nonostante l’intervento della gerarchia aziendale, con la premeditazione
dell’atto, la quale ultima pur se mancante (e nel caso di specie è stata esclusa)
non esclude affatto la volontarietà e quindi il dolo costituendone soltanto
un’ipotesi aggravata”.
44.11 motivo è infondato, in quanto la Corte non confonde premeditazione (esclusa
da tutti, anche dagli scritti difensivi dell’azienda) con volontarietà (coscienza e
volontà) del comportamento, ma segue un ragionamento diverso, avendo
accertato e motivato che il permanere dei tre per 5-6 minuti in più rispetto agli
altri aderenti allo sciopero nella zona di passaggio dei carrelli, oltre a non
essere stato un fatto premeditato, non fu neanche determinato dalla “volontà
diretta deliberatamente ad impedire l’attività produttiva” (sentenza, pag. 33)
perché fu cagionato dalla discussione sviluppatasi con il Tartaglia ed il
Tribuzio che avevano assunto i sindacalisti della FIOM come interlocutori,

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mentre l’occupazione della zona era stata operata da un ben più nutrito gruppo
di lavoratori, composto da decine di persone aderenti a varie organizzazioni
sindacali (cfr. sentenza a pag. 53 e ss. e, in particolare, a pag. 55, dove la Corte
conclude, al termine della disamina della sequenza dei fatti, che questa
discussione “è stata la sola ed esclusiva ragione che, in un arco temporale come
sopra delimitato, ha indotto a non allontanarsi i lavoratori poi licenziati,
trattenutisi appunto sul posto per rispondere alle contestazioni che (solo) a loro
venivano rivolte e che percepivano come ingiuste”).
45.Sulla base di questa ricostruzione dei fatti, congruamente motivata, la Corte
d’appello non ha escluso la rilevanza disciplinare della condotta, ma ha
riscontrato la necessità di “un sicuro ridimensionamento” dell’addebito, tanto
sul piano dell’elemento psicologico, che su quello della sua componente
oggettiva (sentenza, pag. 52-53, ma v. anche 62-65) e la mancanza di “specifici
e, quanto a gravità, significativi addebiti a carico del Barozzino, del Lamorte e
del Pignatelli, rispetto agli altri manifestanti”. Di qui la valutazione di
antisindacalità dell’applicazione di una sanzione disciplinare solo ai tre
esponenti della FIOM, coniugata alla scelta di applicare loro la sanzione
estrema del “licenziamento senza preavviso”.
46.Con il terzo motivo la società denunzia “contraddittoria ed illogica
motivazione circa un punto decisivo della controversia (art. 360 , n. 5, c.p.c.),
nonché violazione e/o falsa applicazione di legge (art. 40 Cost., limiti esterni al
diritto di sciopero) (art. 360, n. 3, c.p.c.)” (ricorso, pag. 56).
47.Secondo la ricorrente questo vizio consisterebbe nella violazione da parte della
Corte di Potenza delle norme di legge e dei principi affermati dalla Corte di
cassazione in materia di limiti esterni del diritto di sciopero.
48.Nel ricorso per cassazione la società dà atto alla Corte di Potenza di aver
ricostruito compiutamente la giurisprudenza di legittimità sui limiti esterni del
diritto di sciopero, ma sostiene che la Corte avrebbe poi illogicamente e
contraddittoriamente escluso nel caso in esame il superamento di tali limiti,
violando i principi fissati da tale giurisprudenza. I principi sono corretti, ma
sarebbero stati applicati male nel caso concreto.
49.11 motivo concerne la valutazione di merito del caso concreto. La Corte di
Potenza ha compiutamente ricostruito i principi di diritto a decorrere dalla
fondamentale giurisprudenza delle Sezioni unite che individua i limiti esterni
del diritto di sciopero sulla base della distinzione tra danno alla produzione e

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danno alla produttività (Cass., Sez. un., 30 gennaio 1980, n. 711); la Corte ha
poi valutato il caso concreto alla luce di quei principi ed ha motivato in modo
adeguato perché lo sciopero in esame non ha determinato un danno alla
produttività, ma un eventuale danno solo alla produzione e quindi non ha
travalicato i limiti del diritto di sciopero. Non può ragionevolmente sostenersi
che la motivazione sul punto sia stata omessa o sia insufficiente.
50.Ma il motivo di ricorso è infondato anche sotto un altro profilo: è distonico
rispetto al tema della decisione.
51.11 tema della controversia non è la legittimità o illegittimità, per superamento
dei limiti esterni, dello sciopero. L’astensione dal lavoro, indetta dalla
Rappresentanza sindacale unitaria (RSU), ha comportato il blocco della
produzione per un certo periodo di tempo, che si è poi prolungato perché i
lavoratori in sciopero, aderenti a tutte le organizzazioni e compresi i dirigenti
sindacali aziendali di altre organizzazioni, stazionavano in una zona del reparto
di transito dei carrellini. Non si è posto un problema di superamento dei limiti
esterni a causa di tale prolungato blocco della produzione da parte di tutti i
lavoratori e tutte le sigle sindacali in sciopero. Nessuna contestazione è stata
mossa, nessuna sanzione disciplinare è stata applicata. Il problema oggetto
della causa è un altro: riguarda il protrarsi della situazione per 5-6 minuti a
causa dell’episodio specificamente contestato ai tre lavoratori poi licenziati. La
censura della decisione, sul punto relativo al superamento dei limiti esterni del
diritto di sciopero, avrebbe dovuto affrontare specificamente questo profilo e
spiegare perché quel prolungamento della stasi della produzione avrebbe
comportato una danno alla produttività aziendale che il precedente ben più
esteso blocco della produzione non aveva comportato.
52.Con il quarto motivo la società denunzia “omessa e insufficiente motivazione
circa un punto decisivo della controversia costituito dalle risultanze istruttorie
determinanti ai fini del giudizio (sul punto della consapevolezza dell’illecito
stazionamento sulla banda magnetica dell’AGV) (art. 360, n. 5, c.p.c.)”
(ricorso, pag. 63).
53.Secondo la società ricorrente, la Corte non avrebbe tenuto conto delle
deposizioni di “numerosi altri testi che danno atto della piena consapevolezza
da parte dei manifestanti dell’illegittimità del loro stazionamento in una zona
interdetta ai pedoni”.

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54.Sulla stessa linea si pone il quinto motivo, con il quale la società denunzia
“omessa e insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia,
omessa e/o insufficiente motivazione delle ragioni del dissenso dal
convincimento espresso dal primo giudice (art. 360, n. 5, c.p.c.) — gli strumenti
di prova valorizzati dalla Corte d’appello di Potenza malgrado il giudizio di
inattendibilità del giudice di primo grado: le testimonianze dei sig.ri
Santarsiero, Minitullo, Barbano e Parisi e il documento sottoscritto dalla RSU”
(ricorso, pag. 67).
55.1 due motivi sono inammissibili, perché, con gli stessi, ancora una volta ed in
maniera ancora più evidente, si chiede un terzo giudizio di merito, consistente
nella diversa valutazione delle testimonianze da parte della Corte di cassazione,
senza peraltro indicare specifiche violazioni di legge ed in particolare dell’art.
116 c.p.c., ma affermando che la motivazione sul ‘punto’ sarebbe stata omessa
(il che con evidenza non è vero) o sarebbe insufficiente (il che parimenti non è
sostenibile e comunque non può costituire tramite per una diversa valutazione
del merito della causa, per le ragioni viste in premessa).
56.11 quarto motivo peraltro è ulteriormente inammissibile in base a ciò che si è
detto con riferimento al secondo motivo, in quanto la Corte non afferma che lo
stazionamento dei tre nella zona di passaggio dei carrelli fu inconsapevole, ma
afferma che in quell’area stazionò a lungo un gruppo di alcune decine di
lavoratori in sciopero e che il permanere dei tre, per alcuni minuti aggiuntivi,
fu determinato dalla discussione sviluppatasi con alcuni esponenti della
gerarchia aziendale (si rinvia a quanto detto, più ampiamente, ai punti 44 e 45).
57.Con il sesto motivo la società denunzia “contraddittoria ed illogica
motivazione circa un punto decisivo della controversia (art. 360, n. 5, c.p.c.) —
la collocazione temporale della vicenda” (ricorso, pag. 86).
58.11 problema posto con questo motivo è di stabilire se l’episodio è durato
“cinque — sei minuti” come afferma la sentenza della Corte d’appello o “sette —
dieci minuti” come sostiene la società a pag. 92 del ricorso.
59.11 motivo è infondato per due ragioni.
60.1n primo luogo, perché la Corte non ha apoditticamente indicato la durata del
fatto, ma ha motivato la sua conclusione sulla base di una puntuale ed
argomentata ricostruzione della sequenza degli eventi alla luce dei dati
documentali e delle testimonianze. Se si leggono i numerosi passaggi dedicati
al tema, all’interno della analisi dei fatti svolta da pag. 33 a pag. 53 della

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sentenza, si deve escludere che la Corte d’appello abbia omesso di motivare o
abbia motivato in modo insufficiente o contraddittorio. Quella che la società
ricorrente propone non è altro che una diversa valutazione, basata sulla
affermazione di qualcuno, dei ben più numerosi testimoni escussi che si sono
espressi nel senso indicato dalla Corte, il quale si spinse ad affermare che la
discussione durò dai 7 ai 10 minuti.
61.Ma vi è una seconda ragione di infondatezza del motivo. Anche ammesso che
la discussione non sia durata 5-6 minuti (come ritiene con ampia motivazione
la sentenza), ma sia durata dai 7 ai 10 minuti (come assume la società),
rimarrebbe comunque il problema di stabilire se questo diverso accertamento
del fatto sia “decisivo”, come richiede il n. 5 dell’art. 360 c.p.c, che considera
sussistente il vizio di motivazione della sentenza solo in caso di “omessa,
insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo
per il giudizio”.
62.La giurisprudenza di questa S.C. sul problema della decisività del fatto,
afferma che possono “considerarsi tali solo i fatti la cui (differente)
considerazione avrebbe comportato con certezza una decisione diversa”.
63.11 requisito della decisività sicuramente manca nel caso in esame. Il fatto
controverso è la durata della discussione e quindi dello stazionamento dei tre
nella zona di passaggio dei carrelli, mentre gli altri aderenti allo sciopero si
allontanavano dalla stessa. La Corte ha accertato 5-6 minuti, la società
ricorrente sostiene che furono 7-10 minuti.
64.Una durata del fatto maggiorata di un tempo da un minuto a quattro minuti in
più, ammesso e non concesso che vi sia stata, non è sicuramente idonea a
modificare l’esito del giudizio determinando una decisione diversa. E
comunque sul punto non viene formulata una argomentazione specifica a
dimostrazione della decisività.
65.Con il settimo motivo la società denunzia “carente, contraddittoria e omessa
motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360, n. 5, c.p.c.) — la
asserita sostanziale equivalenza dei comportamenti di tutti gli scioperanti
compresi i tre lavoratori licenziati” (ricorso, pag. 94).
66.La società censura un passaggio specifico della sentenza, in cui la Corte di
merito valuta che i fatti accertati non evidenziano specifici e, quanto a gravità,
significativi addebiti a carico del Barozzino, del Lamorte e del Pignatelli,
rispetto agli altri manifestanti”, il quali, contrariamente ai tre, non solo non


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sono stati licenziati per giusta causa, ma non sono stati sottoposti neanche a
sanzioni disciplinari più lievi.
67.Secondo la società ricorrente tale affermazione sarebbe “la più stravagante,
illogica, incongrua e incomprensibile dell’intero ‘iter’ decisionale della
sentenza” (così testualmente pag. 94 del ricorso) e ciò perché “tutti gli atti di
causa depongono per la differenziazione radicale dei comportamenti tra il
gruppo degli scioperanti e i tre licenziati e ciò quanto meno, a seguito
dell’intervento del Tartaglia, allorquando tutti gli astanti hanno sgomberato
l’area di transito dei carrellini AGV ad eccezione dei tre licenziati” (così il
ricorso per cassazione a pag. 95).
68.La censura è infondata per le ragioni generali già più volte indicate e cioè
perché si denunzia un preteso vizio di motivazione non con riferimento alla
motivazione circa l’accertamento dei fatti, ma con riferimento alla valutazione
degli stessi, che attiene al merito della causa e non può essere riformulata in
sede di legittimità.
69.In ogni caso, la motivazione della Corte certo non può dirsi insufficiente,
illogica o contraddittoria, perché anche la società riconosce (come del resto è
stato acclarato dall’istruttoria), che tutti gli scioperanti (alcune decine di
persone) durante l’astensione avevano stazionato a lungo nell’area di transito
dei carrellini AGV e che i tre erano rimasti in quella zona solo 5-6 minuti in
più, per una ragione specifica, esaminata e ritenuta idonea dalla Corte (v.
supra, in particolare sub motivo n. 2 e n. 4) a spiegare quel comportamento e
comunque inidonea a giustificare il loro licenziamento in tronco.
70.Se questo è il quadro comparativo, le considerazioni della Corte sulla
differenza di trattamento dei tre licenziati rispetto a tutti gli altri lavoratori, che
avevano scioperato stazionando in quella medesima zona e non sono stati
destinatari di una sia pur lieve sanzione disciplinare, non possono essere
ritenute illogiche ed immotivate, e quindi tali da giustificare l’accoglimento del
motivo di ricorso.
71.11 ricorso, pertanto, deve essere rigettato.
72.Le spese del giudizio di legittimità devono essere poste a carico della parte
soccombente e vengono liquidate secondo i parametri previsti dal D.M.
Giustizia, 20 luglio 2012, n. 140 (cfr. Cass., Sez. un., nn. 17405 e 17406 del
2012).

La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese
del giudizio di legittimità, che liquida in 6.000,00 (seimila) euro per compensi
professionali, 50,00 euro per esborsi, oltre accessori, con distrazione in favore dei
procuratori dell’associazione contro-ricorrente, dichiaratisi anticipatari, avv.ti Bruno
Cossu, Piergiovanni Alleva, Franco Focareta e Alberto Piccinini.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 13 giugno 2013.

PQM

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